ARTURO ZAMPAGLIONE, la Repubblica (Affari e finanza) 14/09/2009, 14 settembre 2009
IL PERSONAGGIO/ SHEILA BAIR/
La presidente della Fdic, l’agenzia federale che assicura i risparmiatori, gioca un ruolo centrale nella gestione della crisi -
Wall Street festeggiava il record (14.164 punti), gli executive delle banche si preparavano a spendere milioni di dollari di bonus e pochissimi si rendevano conto della valanga che, partita dai mutui subprime, stava per travolgere la finanza. Era l’ottobre 2007. Adesso il premio Nobel Paul Krugman si chiede come mai tanti economisti non seppero prevedere il disastro e ironizza sulla miopia di Ben Bernanke quando era professore a Princeton. Fu una suggestione collettiva? Non tutti caddero nella trappola. Tra questi Nouriel Roubini che si è conquistato una notorietà internazionale. Ma tra le Cassandre di quel periodo figurava anche, a dispetto del suo ruolo istituzionale, Sheila C. Bair: «Dobbiamo fare molto di più, e il più presto possibile, per ristrutturare i mutui dei proprietari di case in difficoltà», disse in quell’ottobre parlando a una conferenza di investitori sui rischi dei subprime. Usò toni allarmati e sicuramente inconsueti per un esponente di punta del governo: era infatti – ed è tutt’ora presidente della Fdic (Federal deposit insurance corporation), l’agenzia federale creata da Franklin Delano Roosevelt nel 1933 per tutelare i risparmi bancari degli americani.
La crisi esplose poco dopo, raggiungendo l’apice un anno fa. Non solo il presidente della Fdic aveva ragione, ma si è trovata in prima fila nella battaglia per evitare il meltdown, l’implosione della finanza, e stabilizzare la situazione. E’ stata lei a tenere sotto controllo gli istituti di credito in difficoltà, il cui numero – secondo gli ultimi dati della Fdic – è salito a 416, il più alto degli ultimi 15 anni. E’ sempre lei, la Bair, a intervenire nelle situazioni fallimentari (25 l’anno scorso, già 89 quest’anno) per minimizzare i danni: in alcuni casi prendendo il controllo delle banche, come nel luglio del 2008 con la IndyMac Bank; in altri pilotando la cessione ad altri istituti, come la Wachovia acquistata dalla Wells Fargo e la Washington Mutual – la più grande banca mai fallita negli States – rilevata dalla JPMorganChase di James Dimon.
Ed è stata ancora la presidente della Fdic a battersi a livello politico per aumentare da 100 a 250mila dollari l’ammontare di ogni deposito bancario garantito, a gestire le assicurazioni pubbliche sui prestiti interbancari, a spingere con articoli sul New York Times e il Financial Times – per nuove regole per la finanza. Ora è stata lei stessa a lanciare l’allarme perché i fallimenti bancari, che si avvicinano ai 100 nel 2009, rischiano di far saltare i fondi dell’Fdic, ma intanto è scesa in campo per respingere la tentazione di avere un solo organismo di vigilanza su tutte le banche americane, piccole e grandi: rischierebbe di esautorare la sua agenzia, che ora ha competenza per le banche statali, e poi avrebbe difficoltà a gestire due realtà molto diverse, i colossi che sono troppo grandi per fallire senza creare rischi sistemici e le realtà locali preziose per le comunità dove operano. In questa burrasca le capacità della Bair non sono sfuggite agli osservatori. Forbes l’ha collocata al secondo posto della graduatoria delle donne più potenti del mondo dopo il cancelliere tedesco Angela Merkel. Il Wall Street Journal l’ha proiettata in testa della classifica delle "50 donne da seguire da vicino", Time l’ha inserita nelle cento persone più influenti del mondo.
Ma chi è veramente Sheila Colleen Bair? Qual è il segreto del suo successo nel mondo delle banche dominato da uomini? E come ha fatto una repubblicana doc, nominata alla Fdic da Bush, a conquistarsi l’ammirazione e il rispetto di Obama, che non ha mai smentito le voci secondo cui potrebbe essere proprio lei a diventare ministro del tesoro nel caso di dimissioni di Geithner? La risposta più convincente a questi interrogativi viene dalla biografia della Bair: a differenza di quasi tutti i suoi colleghi si è sempre tenuta alla larga dall’abbraccio generoso e ipnotizzante di Wall Street. Non è cresciuta all’interno di una banca d’affari, come l’exministro del tesoro Henry Paulson che, prima di essere arruolato da Bush, era stato presidente della Goldman Sachs (e poi a Washington ha sempre coltivato i vecchi legami). La Bair non è nata a Manhattan o a Greenwich, né ha frequentato università aristocratiche come Harvard o Yale. Viene invece dal midwest, condividendone i valori etici e lo spirito di sacrificio, e disprezzando invece gli eccessi del denaro facile e degli intrallazzi metropolitani.
Ancora adesso, nonostante le foto sulle copertine e i servizi in tv, la Bair non è molto conosciuta. Ha un look che assomiglia più a una maestrina di provincia che a un potente interlocutore del mondo bancario. Ma le apparenze ingannano. E’ una donna di ferro, volitiva, tenace, al tempo stesso pragmatica e con un lato tenero: è fiera di due libri per bambini (Rock, Brock and the Savings Shock del 2006 e Isabel’s Car Wash del 2008) in cui si descrivono le virtù del risparmio. Il primo libro racconta di un nonno che arruola i due nipoti per alcuni lavoretti: Rock mette da parte i soldi guadagnati, mentre Brock li spende tutti e si indebita ma alla fine viene convinto ad aprire un libretto di risparmio. «Ho scritto questa fiaba – ha detto la Bair – perché in America troppe famiglie non risparmiamo nulla e vivono al di sopra dei propri mezzi». Dopo un fallito tentativo di farsi eleggere al Congresso nel 1990, ha puntato a incarichi di tipo economico e all’insegnamento, diventando professore di politica finanziaria alla Università del Massachusetts. Sposata, due figli, è stata dagli anni 90 commissario della Cftc, l’organismo di controllo degli scambi sui future, poi vice presidente per i rapporti con il governo della Nyse, poi ancora sottosegretario al Tesoro negli anni di Bush, che nel 2006 le diede l’incarico di guidare la Fdic per cinque anni e la nominò nel consiglio di amministrazione dello stesso istituto dove rimarrà fino al 2013.
A dispetto della sua estrazione politica, la Bair ha sempre interpretato il suo ruolo alla Fdic in modo molto indipendente. Negli ultimi mesi dei repubblicani alla Casa Bianca criticò il piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari considerandolo limitato rispetto alla gravità dei problemi. In quelle stesse settimane presentò un programma alternativo per evitare i pignoramenti irritando il ministro Paulson. E fu lei a imporre l’aumento dei depositi garantiti dal governo attraverso la Fdic: una misura essenziale per evitare l’assalto dei risparmiatori agli sportelli delle banche in difficoltà e per rasserenare gli animi.
E’ proprio questa la funzione principale della Fdic, che fu creata dopo che la crisi del 1929 aveva fatto fallire 4mila istituti bancari e ridotto sul lastrico milioni di risparmiatori. Certo, fino all’anno scorso l’agenzia veniva considerata un inutile ferro vecchio da quanti non avevano dubbi sulla solidità del capitalismo finanziario. Gli scettici si sono dovuti ricredere: l’azione della Fdic è stata essenziale per limitare i danni dell’ultima tempesta, con interventilampo sulle banche traballanti. Quando è subentrata la squadra di Obama, la Bair ha continuato a lavorare con la stesso impegno, favorita dai rapporti che aveva costruito con Geithner e Bernanke. Un trio, questo, che privilegia l’approccio tecnocratico dimenticando le etichette politiche. E’ proprio questa impostazione che ha permesso a Bernanke, nominato alla Fed da Bush, di essere confermato nell’incarico più importante e prestigioso anche da Obama.
Ogni volta che una banca americana fallisce la Fdic è tenuta a rimborsare i correntisti. Per evitare di rimanere senza più soldi la Bair ha chiesto un aumento della dotazione e ha cercato di intervenire in modo preventivo aiutando le banche più sane a rilevare quelle malate. L’operazione più complessa (e controversa) è stata quella attorno alla Wachovia: in una prima fase la Bair era riuscita a convincere Citigroup ad acquistare per 2,2 miliardi di dollari quella banca traballante. Ma poi, scoperto l’interesse della Wells Fargo, che era molto più solida del gruppo Citi, la Bair non esitò a smontare il primo accordo e a convincere la Wachovia a cambiare acquirente: dimostrando così un pragmatismo e una rapidità di azione che hanno contribuito e al rispetto di cui gode nella comunità finanziaria e nell’entourage di Obama.
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Scheda Biografica
Congresswoman mancata
Nata nel 1954 a Wichita, la città del Kansas famosa anche per le violenze del movimento antiabortista, figlia di un chirurgo e di una infermiera, Sheila Bair ha studiato legge nell’università statale e ha cominciato subito l’attività politica lavorando negli anni ottanta con Bob Dole, che in quella fase era capogruppo repubblicano al Senato e si preparava alla sfida per la Casa Bianca (nel 1996 perse le elezioni contro Bill Clinton). Dopo un tentativo di entrare al Congresso, è stata scelta per una lunga serie di nomine governative.