Notizie tratte da: Silvia Ronchey # Vite più che vere di personaggi illustri # Nottetempo Edizioni 2009 # pp. 221, 15,50 euro., 14 settembre 2009
Notizie tratte da: Silvia Ronchey, Vite più che vere di personaggi illustri, Nottetempo Edizioni 2009, pp
Notizie tratte da: Silvia Ronchey, Vite più che vere di personaggi illustri, Nottetempo Edizioni 2009, pp. 221, 15,50 euro.
AGOSTINO
Secondo Agostino Giobbe era più grande di Catone, perché Giobbe, contrariamente a Catone, non si uccise.
***
AVEMPACE
Il suo vero nome era Abu Bakr Muhammad Ibn Yahya Ibn al-Sai’gh Ibn Tujibi Ibn Bajjah.
Era anche un musicista appassionato di melodie al punto da mettersi a seguire un pastore per i campi se lo sentiva cantare un motivo ignoto.
***
BALZAC
Balzac era sdentato, sporco, basso, gonfio. Aveva la testa infossata tra le spalle, la schiena precocemente curva, le braccia ridicolmente corte. Il torso sproporzionato posava sulle cosce pesanti e le gambe da bassotto saltellavano più che camminare. Portava abiti vistosi e un bastone dal gigantesco pomo intarsiato di turchesi. Eppure, le donne della migliore società europea si innamoravano di lui.
Sulla tovaglia verde del tavolo da lavoro erano sempre accese due candele e posata su uno scaldino la caffettiera di porcellana bianca e blu. Il caffè di Balzac era una miscela di tre qualità diverse. Ne beveva litri e litri e questo gli provocava terribili crampi allo stomaco.
***
BAUDELEIRE
Secondo Baudeleire la donna è l’opposto del dandy: è naturale, cioè abominevole. Secondo Baudelaire amare le donne intelligenti è un piacere da pederasta.
Secondo Baudelaire il malinteso manda avanti il mondo. Per via del generale malinteso tutti si accordano. Se, disgraziatamente, ci si capisse, non ci si potrebbe mai accordare.
***
BORGES
Secondo Borges occorre leggere molto, scrivere molto, ma non pubblicare, oppure pubblicare molto tardi: leggere, scrivere, e poi stracciare ciò che si è scritto.
Secondo Borges il più grande pericolo per la letteratura è la politica e secondo lui nessuno scrittore può appartenere a un partito politico. I comunisti lo consideravano un fascista, i fascisti un comunista.
Borges si separò da una delle sue mogli perché non voleva ascoltare il racconto dei suoi sogni la mattina.
***
CATULLO
Lo chiamavano cucciolo. Era un enfant prodige.
Una volta sorprese un adolescente a deflorare una ragazza. In un lampo d’ispirazione se lo ingroppò all’istante. Poi si divertì a raccontarlo in versi e li spedì a un amico comune per fare sì che arrivassero fino a Lesbia, sperando di stupirla.
***
DICKENS
Charles Dickens a dodici anni lavorò in una fabbrica di lucido da scarpe.
Imparò a leggere a quindici anni.
***
EMPEDOCLE
Per Empedocle ai poeti doveva essere lecito il suicidio. Il poeta non vuole essere salvato e chi lo fa vivere è come se lo uccidesse. Non deve invecchiare, contare i giorni, avere paura, soffrire malattia. Empedocle si congedò non visto. Nessuna mano umana lo seppellì, nessun occhio vide le sue ceneri. Si gettò, freddo, nell’Etna bollente.
***
FITZGERALD
A dodici anni passava le ore di lezione a istoriare di racconti i margini dei manuali di geografia e di latino, i bordi dei temi, degli esercizi di grammatica, dei problemi di matematica. Pubblicitario a New York per novanta dollari al mese, inventò lo slogan da dipingere sui tram di provincia.
I giorni peggiori, diceva Fitzgerald, non sono quelli in cui si crede di non riuscire a scrivere: sono quelli in cui ci si chiede se scrivere vale la pena.
***
FLAUBERT
Flaubert conservava reliquie: amuleti egiziani, piccoli coccodrilli disseccati, due piedi di mummia lucidati di nero dal lustrascarpe. Il suo dio era un Buddha dorato. Il suo protettore era sant’Antonio tentato nel deserto. La sua regola era sacrificare tutto all’arte. Il suo inginocchiatoio era un divano alla turca, su cui meditava fumando la pipa. Lo Spirito Santo era un pappagallo con le ali di porpora e il corpo di smeraldo.
Flaubert non credeva al successo: ”Io miro più in alto, a piacermi. Fantasma per fantasma, preferisco quello che ha una statura più elevata”.
***
FOYAN
Secondo Foyan cercare di cogliere la realtà nella sua vera essenza è come guardare un cavallo al galoppo attraverso una finestra: passa in un batter d’occhio.
***
FREUD
A Vienna, Freud e i diciassette adepti della sua setta si riunivano ogni mercoledì. A riceverli, all’ingresso dello studio, c’era un ritratto di Sarah Bernhardt. Quando aveva ventott’anni, Freud l’aveva vista recitare a Parigi la Teodora di Sardou.
Una volta una gatta entrò dalla finestra dello studio di Vienna, si sdraiò sul divano destinato ai pazienti, poi si mise ad annusare la collezione di reperti antichi. Freud ebbe timore che li rompesse. Ma la gatta ispezionò statuine, anfore e ciotole facendo le fusa e scivolando tra di loro senza farle cadere. Da allora venne a sdraiarsi sul lettino di Freud e a ispezionare i suoi oggetti di scavo ogni giorno.
***
GIDE
Secondo Gide, la conoscenza fortifica solo i forti. Secondo Gide, vi è troppa gente che scrive e troppa poca che legge.
Secondo Gide, gli uomini dovrebbero essere ben più infelici di quanto non siano. Per incoscienza, per leggerezza trovano sempre il mezzo di non essere così infelici come dovrebbero, ovvero di non sentirsi tanto infelici quanto sono. Questo ha come risultato la menzogna.
***
GURDJIEFF
Secondo Gurdjieff, più si conosce se stessi, più la vita diventa difficile.
Al Prieurè di Gurdjieff si imparava a fare il bucato, a stirare, a cucinare, a mungere, a preparare il burro, a coltivare gli aromi, a tagliare la legna, a raschiare e lucidare i pavimenti, a dipingere case, a riparare tetti, a rammendare, a costruire strade, a ripulire aree boschive, a coltivare e raccogliere.
Al Prieurè c’era un isola con un ponte giapponese ad arco e un padiglione esagonale e davanti all’ingresso due busti in gesso di Venere e Apollo. Al Prieurè ci si svegliava all’alba, alla sera si faceva il bagno turco. In un’ex aviorimessa disseminata di tappeti orientali di diverse misure e cuscini foderati di pelliccia si svolgevano saggi di danza, sessioni di ginnastica, seduti di ipnosi, concerti di pianoforte.
***
HOFMANNSTHAL
Amava il detto di Confucio: l’uomo superiore vive in pace con tutti, senza agire come tutti; l’uomo volgare agisce come tutti e non va d’accordo con nessuno.
***
HOLDERLIN
Soffrì di mal di testa nervosi, di coliche biliari, di ipocondria e di quella che venne considerata una dissociazione del linguaggio insediata su una persistente malinconia depressiva.
***
HUYSMANS
Era dispeptico e anoressico. Non avrebbe voluto introdurre nel suo corpo l’impurità del cibo. Non finiva i piatti. Lo terrorizzava il color ebano del brodo rigurgitante di rigaglie. Lo disgustava il rosso innaturale dell’agnello à l’anglaise.
Le sue due ultime amanti furono Berthe e Anne. La prima era una sacerdotessa di Iside, lo iniziò alla magia nera e alla cabala. Fu internata in manicomio per ”gesticulation èrotique”. Anne era una sartina e anche lei fu internata, ma per schizofrenia. Huysmans per onorarla firmò col suo nome il proprio autoritratto.
***
ILDEGARDA DI BINGEN
L’Elisir di Scolopendrio o Lingua di Cervo di santa Ildegarda di Bingen richiede: felce di scolopendrio g.20; miele g. 50, cannella g. 10; pepe lungo g. 5; vino bianco g. 500. Portare a bollore per tre volte. Filtrare in una tela. Bere dopo i pasti.
***
LARKIN
Secondo Larkin, tutti vogliamo avere qualcuno di gentile con noi, il che significa doverlo in qualche modo pagare. Per questo Larkin fu un solitario e un misantropo e non si sposò mai.
Secondo Larkin i genitori ci fottono. Magari senza volerlo, ma lo fanno. Ci riempiono di tutte le loro colpe e ne aggiungono qualcuna extra, speciale per noi. L’uomo, scriveva Larkin, passa all’uomo il suo dolore, che si approfondisce sempre di più, come un’insenatura mangiata dalla marea. Scrisse: ”Togliti dai piedi prima che puoi/ E non fare bambini tuoi”.
***
LEOPARDI
I libri di oggi, diceva Leopardi, per lo più si scrivono in meno tempo di quanto ne serve a leggerli, e poiché costano quello che valgono, durano in proporzione. Troppi libri, diceva, buoni, cattivi, mediocri, escono ogni giorno, e necessariamente fanno dimenticare quelli del giorno prima. La sorte dei libri oggi è come quella delle farfalle chiamate Effimere. Alcune specie durano poche ore, alcune una notte, altre tre o quattro giorni. Ma sempre di giorni si tratta.
***
LUCIANO
Considerava chiunque credesse in qualcosa un kakodaimon, uno sventurato. Fra i kakodaimones Luciano annoverava gli adepti di una nuova e singolare forma di iniziazione introdotta da un predicatore crocifisso in Palestina.
***
THOMAS MERTON
Morì a Bangkok per una scossa elettrica durante un incontro ecumenico di monaci buddhisti e cristiani.
***
PETRONIO
Petronio fu il primo dandy della storia. Non era un nobile né bello. Era piccolo, nero e strabico. Non rimetteva due volte una lana di Tiro.
***
PITAGORA
La parola di Pitagora era dotata di un potere rasserenante. Catturò un’orsa che sterminava la popolazione e dopo averla accarezzata a lungo le diede da mangiare focacce e frutti e le fece giurare che non avrebbe più toccare un essere umano. L’orsa tornò nei boschi e non assalì più non solo gli uomini ma neppure gli animali. Divenne vegetariana come tutti i pitagorici, per non rischiare di essere mangiata alla sua prossima incarnazione.
Pitagora e i suoi seguaci non mangiavano fave e persuadevano gli animali a non mangiarle. Sul perché di questo divieto si discute da tremila anni, senza successo.
***
PLUTARCO
Plutarco amava l’Egitto e il profumo del kyphi, composto di sedici ingredienti: miele, vino, uva passa, cipero, resina, mirra, aspalato, seseli, lentisco, bitume, stramonio, lapazio, ginepro grosso, ginepro piccolo, cardamomo e cannella.
***
RILKE
Fino a sei anni fu vestito e trattato da bambina. Il suo vero nome era Renè.
Rilke scelse in anticipo il suo epitaffio: ”Rosa, oh pura contraddizione, gioia / Di essere il sonno di nessuno sotto tante / Palpebre”.
***
SCHOPENHAUER
Una volta Schopenhauer si fece fare una tabacchiera sul cui coperchio erano riprodotte a mosaico due grandi castagne. Una foglia rivelava che erano castagne d’India. Infatti secondo Schopenhauer la maggior parte degli uomini sono come i frutti dell’ippocastano: sembrano castagne vere, ma non sono commestibili.
L’unico essere con cui Schopenhauer convisse fu un barboncino. Schopenhauer lo amava perché non si poneva domande. Solo l’uomo si meraviglia della propria esistenza.
***
SINESIO
Non volle mai studenti, né due né tre, per non farsi schiavo di norme: ”Avrei dovuto a causa loro andare sempre nello stesso posto, avrei dovuto parlare loro di argomenti prestabiliti”.
***
STEVENSON
Stevenson amò viaggiare a piedi. Nel suo sacco non c’erano né pettine, né biancheria di ricambio, né rasoio, ma solo le poesie di Charles d’Orlèans, una bottiglia di Cabernet-Sauvignon, tabacco, inchiostro, carta, penna. Portava giacche di velluto floscio senza bottoni e la camicia aperta sul collo. Spesso la polizia lo fermava per vagabondaggio. Ma l’eleganza delle sue maniere induceva invariabilmente a rilasciarlo.
***
TERENZIO
Secondo alcuni morì nell’isola di Leucade, per il profondo dolore causato dalla perdita dei bagagli che aveva spedito in precedenza via nave e che contenevano le sue nuove commedie.
***
VERLAINE
Cercò di strozzare sua moglie Mathilde e le diede fuoco ai capelli. Minacciò di morte sua madre, infierì su suo figlio. Sparò al suo amore, una ragazzo biondo di Charleville, Arthur Rimbaud. Accadde a Bruxelles. Lo ferì al polso e fu condannato dalla giustizia belga per sodomia.
Verlaine chiamava Arthur la Gattina Bionda e Mathilde la Principessa Topo.
In casa Arthur distruggeva e rubava. Sottrasse a Mathilde un Cristo d’avorio. Defecò nella bottiglia del latte.
Verlaine non si lavava mai. Era di una bruttezza intensa. Aveva fisionomia da fauno folle, con gli occhi infossati sotto un fronte enorme, il naso dilatato e la barba incolta.
Quando Verlaine e Rimbaud fuggirono insieme e vagabondarono per l’Inghilterra e il Belgio amandosi, picchiandosi e bevendo il verde assenzio, Verlaine dedicò una poesia al pene di Rimbaud: ”Même quand tu ne bandes pas / Ta queue encore fait mes délices / Qui pend, blanc d’or, entre tes cuisses, / Sur tes roustons, sombres appas”.
***
VIRGILIO
I compagni di studio lo chiamavano ”fanciullina”, perché si innamorava dei ragazzi e perché era solitario, timido e malato di tisi.
***
VOLTAIRE
Voltaire era piccolo e magro, aveva un lungo naso e occhi arguti. Portò sempre, anche quando non fu più di moda, la lunga parrucca riccioluta della Reggenza. Restò sempre, anche quando fu curvo e sdentato, un seduttore.
Secondo Voltaire, solo pochi possono leggere i suoi libri. La gente comune non è fatta per la conoscenza. Chi afferma che le verità vanno nascoste al popolo non deve preoccuparsi, diceva Voltaire, perché il popolo non legge affatto: lavora sei giorni alla settimana e il settimo va al ristorante.
***
ZENONE DI CIZIO
Aveva il collo piegato di lato, come le sante in estasi e come gli epilettici. Era alto, secco, scuro di carnagione. Per questo fu chiamato ”la clematide egizia”. Declinava quasi sempre gli inviti ai banchetti. Preferiva mangiare fichi verdi e starsene al sole.
Zenone non sopportava la ressa, tanto che sedeva alla fine della panca, per evitare, almeno da un lato, il contatto.