Roberto Burdese, La Stampa 13/9/2009, 13 settembre 2009
Cheese 2009 [Bra, CN 18-21 settembre] costituisce un’opportunità unica per analizzare le criticità del settore, a partire dal prezzo sempre più basso del latte (ai suoi minimi storici, ormai abbondantemente sotto il costo di produzione)
Cheese 2009 [Bra, CN 18-21 settembre] costituisce un’opportunità unica per analizzare le criticità del settore, a partire dal prezzo sempre più basso del latte (ai suoi minimi storici, ormai abbondantemente sotto il costo di produzione). Dieci anni fa, in occasione della seconda edizione di Cheese, Slow Food lanciò una campagna internazionale in difesa dei formaggi a latte crudo (ovvero non sottoposto a trattamenti termici, quali la pastorizzazione, che impoveriscono la flora batterica omologando il risultato finale e appiattendo il gusto). Quella battaglia, anche se non è ancora vinta del tutto, ha senza dubbio segnato dei punti a favore dei produttori che vogliono produrre formaggio di alta qualità, per i quali il latte crudo è una scelta irrinunciabile. Cheese 2009 propone una nuova sfida, ancor più impegnativa: rinunciare ai fermenti industriali. I fermenti sono quei microrganismi che permettono al latte di diventare formaggio. Se si utilizzano fermenti selezionati, moltiplicati e venduti dalle grandi industrie, i formaggi tendono ad assomigliarsi un po’ tutti; se ogni casaro produce da sé anche il proprio innesto (dal siero o dal latte) ogni formaggio assume sfumature e caratteri diversi. In questo modo il formaggio diventa un mondo affascinante, ricchissimo, mai del tutto esplorato, dove la diversità è il valore aggiunto. Se ogni formaggio ha un profumo, un sapore e una storia diversa da tutti gli altri, ci sarà sempre un buon motivo per assaggiarlo, per conoscere chi lo ha fatto, per visitare il territorio in cui nasce.