Francesco Manacorda, La Stampa 12/9/2009, 12 settembre 2009
I Bot? Ah no! Tanto non li vedevo nemmeno. Qui ormai tutto è virtuale tranne le spese...». Così, già prima che la liquefazione estiva dei rendimenti sciogliesse il rendimento netto dei Bot trimestrali sotto la fatidica quota zero (-0,08% per la precisione), la signora Maria Teresa Galloni - pensionata non sprovveduta e con qualche disponibilità economica - aveva già messo in atto la sua personale quanto drastica politica di diversificazione finanziaria
I Bot? Ah no! Tanto non li vedevo nemmeno. Qui ormai tutto è virtuale tranne le spese...». Così, già prima che la liquefazione estiva dei rendimenti sciogliesse il rendimento netto dei Bot trimestrali sotto la fatidica quota zero (-0,08% per la precisione), la signora Maria Teresa Galloni - pensionata non sprovveduta e con qualche disponibilità economica - aveva già messo in atto la sua personale quanto drastica politica di diversificazione finanziaria. «I risparmi li tengo in cassetta di sicurezza - spiega - e quando ne ho bisogno per una spesa particolare passo e li ritiro. Non è una fortuna, 40 o 50 mila euro. Ma adesso per esempio devo fare dei lavori nella casa in campagna e invece di vendere i titoli di Stato, che non ho più, aprirò la cassetta». Abbandonare l’ultima trincea della sicurezza finanziaria presidiata da generazioni di italiani, quella dei Bot per l’appunto, per ritirarsi nelle oscure retrovie di un caveau che per definizione non dà rendimenti? Ma non è una scelta illogica signora Maria Teresa? «Mica tanto. Una volta con il rendimento dei Bot potevo comprarmi qualcosa, ma da oltre un anno che non mi davano più nulla. Se dal rendimento netto levavo le spese di acquisto, quelle per la custodia titoli e poi le spese di vendita, ecco che il risultato era in negativo. Guardi, ho qui l’ultimo estratto conto e ci sono ancora spese per la vendita dei titoli di Stato: ecco, dodici euro. Poca roba, certo, ma goccia dopo goccia i rendimenti ne se andavano in fumo proprio così». Eppure signora... «Lei dice che i soldi chiusi là dentro non rendono, lo so. E’ vero, ma non mi costano nemmeno nulla, tanto la cassetta l’avevo già. E se non altro ho la soddisfazione di non pagare spese in più alla banca. Come si dice a Roma lo faccio anche un po’ per ”tigna”». Ecco, dietro la «tigna» della peraltro cortesissima signora Galloni, stanno alcuni dati concreti. Intanto una situazione in cui il costo del denaro, e di conseguenza il rendimento dei titoli di Stato, è al minimo storico in tutto il mondo perché le banche centrali devono dare ossigeno all’economia. E proprio perché l’economia si muove al rallentatore anche i prezzi sono freddissimi. Così, con un’inflazione a quota zero o addirittura negativa, come è accaduto nel recente passato - ma attenzione, già in agosto sui prezzi c’è stata una scintilla al rialzo - anche tenere i soldi chiusi a chiave è una scelta che non erode il capitale, visto che su quei risparmi non agisce la «tassa» occulta dell’inflazione. E poi la scelta della signora di dare un taglio netto alle commissioni che si pagano, anche a costo di rinunciare a una fettina di rendimento, traduce in termini concreti quel problema «reputazionale» su cui da tempo le banche si stanno affannando - con risultati incerti - per recuperare terreno. L’esperimento di qualche anno fa, che aveva introdotto i Patti Chiari allo sportello per rendere più trasparenti i rapporti con i clienti, non è andato al meglio, e non solo per il celebre caso delle obbligazioni Lehman annoverate tra i titoli «sicuri» fino al crac della banca d’affari. Così, prima dell’estate, l’Abi, l’associazione che riunisce le banche, ne ha lanciato una versione rafforzata. Ma c’entra anche la crisi dei mercati e la paura di rimanere di nuovo scottati dal mondo della finanza, dietro la decisione di trasformare la cassetta di sicurezza in uno strumento finanziario? Pare proprio di sì, a sentire la signora Galloni: «E’ vero, quello che faccio è come tornare al materasso. Ma anche il fatto di vedere i soldi conta. Mi ricordo che mio zio i Buoni del Tesoro ce li aveva davvero in mano e poi c’erano quei cedoloni da staccare... Adesso invece è tutto virtuale». Meglio una chiave e uno sportellino dietro il quale i soldi dormono - sebbene infruttiferi - al sicuro, allora, «come hanno deciso di fare anche alcune mie amiche - assicura la signora - mentre delle altre hanno scelto di mettere i soldi alla Posta, che qualcosa in termini di interesse lo dà». Ci sarebbero, per la verità, anche le banche online, che allettano i clienti con rendimenti assai interessanti sui loro conti deposito... «Ma se lei dice quei conti su Internet io non sono capace, non saprei fare. Ci vorrebbe un nipote che mi aiutasse». I signori del marketing bancario sono avvisati. Alla caduta dei tassi, insomma, escludendo lo sbarco o il ritorno in Borsa che per molti continua a restare territorio proibito, si può reagire in modi diametralmente opposti. Aprire la caccia al rendimento anche a costo di sfidare qualche rischio, ad esempio lanciandosi sulle obbligazioni emesse dalle società e dalle stesse banche, come in questi mesi hanno fatto milioni di italiani, tanto da portare i «bond» societari a diventare il secondo strumento finanziario più diffuso tra le famiglie dopo - e qui la signora Galloni non docet - i titoli di Stato. Oppure scegliere la sicurezza a tutti i costi, come la nostra protagonista, e dare un definitivo addio ai rendimenti, per quanto irrisori fossero. Tanto più se è meglio una banconota oggi che un -0,08% domani.