Vari 12/9/2009, 12 settembre 2009
ARTICOLI VARI SU ERMAFRODITI ED ERMAFRODITISMO PROVOCATI DALLA SCOPERTA CHE LA CAMPIONESSA DEGLI OTTOCENTO METRI (800 METRI) CASTER SEMENYA UN ERMAFRODITA. TUTTI DEL 12/9
SARA STRIPPOLI SU REPUBBLICA
Le anticipazioni sui test clinici della campionessa sudafricana Caster Semenya hanno fatto il giro del mondo e non sono state smentite: l´atleta, oro negli 800 donne agli ultimi mondiali di Berlino, sarebbe uno pseudo-ermafrodita, avrebbe, cioè, testicoli interni in un apparato genitale da donna. Questo spiegherebbe un tasso di testosterone tre volte superiore a quello di una donna, e darebbe alla Semenya un vantaggio decisivo sulle avversarie. La Federazione internazionale di atletica (Iaaf) non ha voluto confermare le indiscrezioni, rimbalzate sui giornali di tutto il mondo, ribadendo che esaminerà il caso il 20 novembre a Monaco. L´oro iridato dovrebbe essere comunque confermato: «La Semenya è fatta così, non c´è stato alcun dolo», ha commentato il portavoce Iaaf. Ma la federazione potrebbe proibirle di gareggiare ancora con le altre donne.
Le rivelazioni sui test hanno scatenato l´ira del ministro dello Sport del Sudafrica, Makhenkesi Stofile: «Siamo disgustati da queste anticipazioni fatte circolare ad arte e siamo pronti a fare la terza guerra mondiale». La Semenya, intanto, è stata ritirata da una gara di cross in programma oggi a Pretoria.
SARA STRIPPOLI
A trent´anni Giulia ha scelto il suo terzo sesso. «Ho deciso di dare valore a ciò che sono e a quella parte speciale di me. Nel mondo non c´è solo il bianco e il nero ma centinaia di sfumature di grigio, e io sono di queste», ha scritto in una lettera al medico che l´aveva conosciuta bambina. Maschile, femminile. Se nella lingua italiana i generi fossero tre, forse sarebbe più semplice riconoscere che esiste una terza ipotesi. Il tedesco davanti a Kind mette l´articolo neutro, "das"; gli inglesi possono contare sull´indefinito "the child". In Italia anche la lingua ci impone di scegliere, subito. Così, quando un figlio (una figlia?) nasce con un´anomalia che si chiama dsd, disordini della differenziazione sessuale, né uomo né donna, middlesex per citare il bestseller di Jeffrey Eugenides, per tutti comincia un doloroso percorso verso l´accettazione. Un bimbo su cinquemila nasce neutro, ermafroditi per usare un termine che la scienza non ama più, sessanta neonati all´anno, 5mila persone in vita. E il dibattito scoppiato nel mondo dell´atletica sulla sudafricana Caster Semenya, oro a Berlino negli 800, ha riacceso l´attenzione su identità sessuali non definite, non definibili. Donna, uomo, chissà. «Ha organi sessuali maschili e femminili», è l´anticipazione sui risultati del test.
Lontano dai riflettori, molte storie di vita quotidiana. Martina, ad esempio. Lei allo sport agonistico ha rinunciato, racconta Roberto Lala, endocrinologo-pediatra all´ospedale per l´infanzia Regina Margherita di Torino, dove un´équipe di medici di diverse discipline si è specializzata in dsd. Martina, ora trentenne, con la pallavolo puntava in alto, ma le analisi le avrebbero creato un imbarazzo che non si sentiva di affrontare. Ha gettato la spugna e dirottato altrove i suoi sogni di gloria. Da poco è arrivato al centro di Torino un piccolo middlesex dall´est europeo. La prima ecografia aveva detto "bimba", la seconda "bimbo". Alla nascita la scoperta di una perfetta metà: un ovaio, un testicolo. In termini scientifici si chiama chimera, una delle tante varianti di dsd, una fusione di due persone, o meglio la presenza di una persona dentro l´altra, tutti i tessuti hanno un patrimonio genetico misto. Con l´operazione è stato tolto il testicolo, è rimasto l´ovaio. Il bimbo arrivato maschio è ripartito femmina.
Ma quali sono le cause? Lo spiega un manuale per genitori americano di recente tradotto anche in italiano e distribuito nei centri dsd. A volte il bambino ha una combinazione di cromosomi diversa da xx o xy, femminile, maschile. Alcuni sono xxy, altri presentano combinazioni diverse in differenti cellule del loro corpo (a "mosaico"). In altri casi ancora il bambino non possiede un certo gene. A volte, semplicemente, la spiegazione non c´è. Silvano Bertelloni, pediatra al centro di Pisa, mette in guardia da semplificazioni e sensazionalismi. «Anni fa - dice -si sapeva pochissimo di questa patologia e si facevano errori di diagnosi. Ma sono molte le persone affette da disturbi della differenziazione sessuale che hanno conseguenze minime, che hanno una vita normale». La ricerca intanto va avanti. Un progetto dell´Unione europea, che coinvolge anche il centro di Pisa, vuole migliorare la conoscenza epidemiologica e l´accuratezza diagnostica con nuove tecniche che si stanno mettendo a punto.
Negli ultimi anni si interviene chirurgicamente nei primi mesi di vita, entro diciotto mesi dalla nascita. Prima possibile, perché soprattutto nel nostro Paese, spiega Lala «la pressione sociale, l´urgenza di definire, è ancora molto forte». Il primo intervento è spesso seguito da un secondo, terminata l´adolescenza. Ma c´è chi, come Giulia, ha deciso di non cambiare. Ora vive all´estero, è donna, ma con un patrimonio genetico che resta maschile, ha una compagna e con lei vive un rapporto sereno. Nella lettera al suo medico scrive: «Ho cominciato a dare ascolto al mio cuore e anche se le sensazioni che avevo erano "socialmente scomode" è a quelle che ho dato retta».
GABRIELE BECCARIA SULLA STAMPA
Lasciamo da parte i miti greci e dimentichiamo le provocazioni contemporanee su sesso, «gender», identità. Che cosa sa la scienza degli ermafroditi?
Roberto Lanzi, lei è responsabile dell’unità di endocrinologia dell’Istituto San Raffaele di Milano. Qual è la risposta?
«L’ermafrodito ha un tessuto gonadico di tipo maschile e femminile, testicolo e ovaio. Questi possono essere disgiunti o fusi nella struttura definita ”ovotestis” e con differenti localizzazioni, dall’inguine all’addome».
Ci sono anche gli pseudo-ermafroditi.
«Qui le caratteristiche fenotipiche, di apparizione, in particolare dei genitali esterni, sono ambigue, sebbene sia presente solo una delle gonadi».
Perché si diventa ermafroditi?
«Dipende dai cromosomi, i corpuscoli nelle cellule che portano le informazioni genetiche, cioè i caratteri ereditari. Non si conoscono tutti i particolari, ma alla base c’è il ”chimerismo”: è la presenza nello stesso individuo di linee cellulari derivanti da zigoti con diverso corredo cromosomico, maschile o femminile. E lo zigote - è noto - è l’ovocita fecondato dallo spermatozoo».
E lo pseudo-ermafroditismo?
«Le cause sono endocrine, legate all’esposizione del feto durante lo sviluppo intrauterino a livelli di ormoni inappropriati in rapporto al sesso cromosomico».
Perché gli scienziati parlano di 3 sessi?
«C’è un sesso legato all’assetto dei cromosomi. Nella donna ne esistono 46 con 2 sessuali X. Nell’uomo sempre 46, ma con uno X e uno Y. Poi c’è un sesso fenotipico, connesso alle caratteristiche dei genitali esterni: ci sono condizioni patologiche in cui sesso cromosomico e sesso fenotipico non si identificano e a un corredo cromosomico maschile (46XY) corrisponde un quadro fenotipico ambiguo o femminile e viceversa. Infine, c’è un sesso relativo a identità e preferenze».
Il caso di Semenya resta controverso.
«Potrebbe essere un ermafrodito, ma potrebbe trattarsi di pseudo-ermafroditismo, legato ad anomalie dei recettori o dell’azione degli ormoni».
Come avviene la diagnosi?
«Con test genetici, dosaggi ormonali ed esami strumentali».
Le indiscrezioni sostengono che non ha ovaie né utero, ma testicoli interni.
«Un individuo con sesso cromosomico maschile può avere testicoli ”ritenuti”, in genere mal funzionanti. In questo caso, però, i genitali esterni hanno caratteristiche maschili».
Per Semenya si è anche parlato di sindrome di Morris.
«E’ una possibilità remota. Gli individui colpiti presentano un assetto cromosomico maschile e hanno testicoli nell’addome, ma il fenotipo - l’aspetto e i genitali esterni - è femminile. Alla base c’è la mutazione del recettore del testosterone che impedisce all’ormone maschile di funzionare. Esistono peraltro forme di resistenza non completa all’azione del testosterone - la sindrome di Reifenstein - in cui l’aspetto può essere ambiguo, come in Semenya. Lo stesso vale per la sindrome di Imperato-McGinley, legata al difetto della proteina che trasforma il testosterone in deidrotestosterone, l’ormone attivo».
Che ritratto psicologico emerge?
«Chi ha la sindrome di Morris è spesso una bella ragazza e anche i soggetti con quella di Imperato-McGinley vengono cresciuti come ragazze, anche se acquisiscono caratteristiche comportamentali maschili nella pubertà. E’ a quel punto che può scoppiare il caos psicologico».
E gli ermafroditi veri?
«Dipende dall’identità sessuale nella quale si viene allevati».
L’«Intersex society» Usa parla di un caso Semenya ogni 130 mila nati: è così?
«I dati restano incerti».
GIULIA ZONCA SULLA STAMPA
Un intero stato la definisce eroina, il padre la definisce bambina, un gruppo di medici è al lavoro per definirla donna e nessuna etichetta funziona per classificare Caster Semenya, una diciottenne che scivola nella terra di nessuno.
Ermafrodita, secondo un giornale australiano, e neanche questa parola descrive la ragazza che ha vinto gli 800 metri ai Mondiali di Berlino ed è uscita dalla porta di servizio, trainata via dal segretario generale della Iaaf, la federazione atletica mondiale, prima ancora che potesse finire il giro d’onore. Nascosta alla curiosità, poi esposta come bandiera dell’orgoglio sudafricano, buttata sulla prima pagina della rivista «You» con il frisé elettrico, il tubino nero e il trucco pesante, quanto basterebbe a far sembrare chiunque un travestito.
Ora escono i primi risultati dei test chiesti con troppa insistenza per essere routine, dicono che non è un uomo però «non è una donna al cento per cento», dicono sindrome di Ais (Androgen Insensitivity Syndrome) o «caso di inter-sex» cioè qualcuno che non si sa dove mettere, cromosomi mescolati alla rinfusa perché il femminile e il maschile non hanno un preciso confine e infatti non ci sono smentite alle indiscrezioni che si moltiplicano. Si aspetta.
La Iaaf posticipa al 20 novembre il giorno del giudizio: i risultati sono noti, ma le conseguenze impossibili da calcolare. Potrebbero non esistere precedenti sportivi per questa particolare patologia, potrebbe essere impossibile sapere se quei cromosomi in più aiutano davvero a essere più grossi e veloci e una sfilza di condizionali che non portano da nessuna parte. Già oggi, senza che esista il divieto di competere, Semenya è stata costretta a mollare una corsa di 4 chilometri a Pretoria, nella lista di partenza c’è scritto «ritirata» e la parola suona definitiva. Non esiste un modo elegante di chiudere questa storia, come se essere un’adolescente al centro della morbosità collettiva non fosse abbastanza, il governo sudafricano usa il caso come manifesto antirazzista. Altra collocazione storta per una persona bombardata da definizioni approssimative. «Se Caster verrà esclusa dalle competizioni internazionali, scateneremo la terza guerra mondiale», è la delicata dichiarazione del reverendo Makhenkesi Stofile, ministro dello Sport in Sudafrica, convinto che «difendere quest’oro significa difendere tutto il Paese». L’oro resterà, altro simbolo sballato, altro oggetto che perde significato seppellito dai regolamenti. La Iaaf chiarisce che il ritiro della medaglia è previsto solo in caso di truffa, di doping o menzogne, ma Semenya sa solo di essere quello che è: una che va molto forte, quindi non ha barato. Però sarà difficile riconoscere il valore di quel primo posto.
Già al traguardo degli 800 metri mondiali i sospetti bastavano per criticare il podio. Le rivali hanno deciso di non fare polemica per rispetto, ma il 16 agosto, subito dopo la prima batteria era già chiaro cosa tutte pensassero. «Quello o quella» era il commento più gentile. Poi hanno ritrattato, pressate da un’indignazione di massa che non può cancellare il loro punto di vista. Sarà il punto di vista di chiunque si trovi in gara con Semenya, ed è umano, è il giudizio di chi sente di non lottare ad armi pari, è il motivo per cui probabilmente Semenya sarà squalificata, la realtà che la lascia senza una corsia dove correre.
Dal 1996 non esistono più test obbligatori per stabilire il sesso, devono essere richiesti e avere una motivazione, un dubbio che li renda necessari, i muscoli eccessivi, i tratti del corpo irregolari, la voce cavernosa tutto quanto il pubblico ha già visto e sentito. Poteva restare una questione privata, un’anonima atleta sudafricana estromessa dalle gare invece è Caster Semenya, una che ha dato l’idea di poter battere un record del mondo che regge da 26 anni, il più longevo della storia dell’atletica, una che è stata «spiritualmente adottata» dalla moglie di Nelson Mandela, una sudafricana nera che ha vinto per la terra ancora ossessionata dalla razza nel complicato post-apartheid. Semenya oggi è un concentrato di simboli, la faccia di troppe cause. C’erano più di 5000 persone ad aspettarla all’aeroporto di Johannesburg quando è tornata dall’Europa, un tifo nazionale e l’appoggio di ogni istituzione. Tutti giustamente schierati per difendere Caster da inutili umiliazioni e nessuno che abbia provato ad affrontare il problema nel concreto. Se i risultati delle analisi verranno confermati è impossibile pensare che Semenya possa competere di nuovo in gare ufficiali.
Il fanatismo non aiuta. Solo che il Sudafrica ha bisogno di schierarsi compatto e chi ha vissuto lo stesso problema ha bisogno di sentirsi rappresentato. Santhi Soundarajan, l’indiana bandita dall’atletica dopo aver fallito i test sulla sessualità, ha detto: «E’ troppo tardi per me, ma non per questa ragazza» e ha iniziato un movimento di liberazione per gli ermafroditi dello sport. Semenya in mezzo, strattonata, inseguita da cento etichette. E non una che la definisca.
SILVIA RONCHEY SULLA STAMPA
APalazzo Massimo, l’Ermafrodito dormiente si allunga sul suo letto di marmo, le natiche candide, il corpo atteggiato nell’abbandono che solo la consapevolezza di una condizione assoluta consente. Oggi la storia di Caster Semenya fa scandalo, ma per gli antichi l’ermafrodito era un dio.
Per questo le sue ipòstasi umane potevano essere socialmente accolte solo nell’ordine del sacro. Quando una creatura del genere nasceva, o si rivelava tale, la grande macchina della religione antica si metteva in moto, trasformando il monstrum, quello che Mircea Eliade chiama «l’ermafrodito concreto», nella figura dell’«androgino rituale», capace di riunire in sé la potenza magica e religiosa di ambedue i sessi.
Ermafroditi erano gli esseri originari secondo la fabula che Aristofane racconta nel Simposio di Platone, in base alla quale la stessa pulsione erotica degli umani sarebbe legata alla ricerca - infinita - della metà perduta. Secondo il più antico e ortodosso mito olimpico, Ermafrodito era figlio di Hermes e Afrodite. Dalle pitture pompeiane ai fotogrammi di Star Trek, da Ovidio a Freud, da Balzac a Virginia Woolf, il sigillo di questo dio ha continuato a imprimersi nella letteratura e nell’arte.
Hermes più Afrodite. Se è vero che gli dèi olimpici, secondo la frase di Jung, sono rimasti relegati nel profondo e riemergono alla psiche sotto forma di complessi, sintomi di tensioni irrisolte, epifanie di un archetipo inquieto, le due divinità da cui Ermafrodito si genera nel mito antico sono le più potenti del mondo odierno. Afrodite, come ha spiegato quel geniale ed eretico discepolo di Jung che è James Hillman, sovraintende non solo alla sfera dell’erotismo e del sesso, ma anche a quella del consumo e della pubblicità, alla «pornografia» televisiva delle immagini che seducono e producono la libido incontrollabile dell’acquisto, qualunque ne sia l’oggetto, che illudono e deludono con il fantasma del possesso, di qualsiasi natura sia. Quanto a Hermes, la divinità che sovraintende da sempre alla comunicazione tra mondi, è il dio della Rete, vola scintillante tra le residue antenne tv, corre lungo i cavi a banda larga, aleggia nelle connessioni wireless che solcano sempre più fitte i nostri quartieri, si annida nella griglia Gps e nei suoi poteri palesi o occulti.
Non è dunque un caso se l’icona eburnea di Caster Semenya, di una sacralità totemica, dinamica, quasi sciamanica, antitetica al languore e al biancore dell’Ermafrodito ellenistico, abbia pervaso giornali e tv, che le sue straordinarie performances abbiano calamitato l’attenzione globale, che se ne sia ricercato, e trovato, il nucleo profondo, biologico-genetico o, come penserebbero gli antichi, numinoso e divino. E’ figlia di dèi potenti. Che ci mandano, forse, anche un messaggio - perché, come si sa, gli dèi sono sempre vivi, ma esercitano un potere diverso e usano linguaggi diversi a seconda delle epoche e dei loro tabù.
La nostra epoca è dominata da una grande paura collettiva: la virilizzazione della donna, la sua acquisizione, nella vita privata come in quella sociale, di attributi e ruoli per tradizione maschili. Testicoli nascosti e una forza tremenda, la capacità di battere in velocità, di polverizzare ogni record. Con questi tratti altamente simbolici il mito dell’ermafrodito - non maschio svirilizzato né femmina mascolina, ma un maschio e una femmina perfettamente compiuti e efficienti riuniti in uno stesso essere autonomo - si manifesta oggi a noi in tutta la sua vitalità, adeguando alla psiche odierna quella capacità di atterrire e esaudire, che gli antichi chiamavano sacralità.
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