Massimo Gaggi, Corriere della Sera 12/9/2009, 12 settembre 2009
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK – A un anno dal crollo del sistema creditizio Usa cadono, dopo quelle di Wall Street, le stelle finanziarie delle grandi università americane: le più ricche, Harvard e Yale, lodate per anni per le loro politiche d’investimento estremamente redditizie, sono quelle che hanno perso di più con la crisi. Nell’anno fiscale concluso due mesi fa l’ endowment di Harvard ha perso ben 11 miliardi di dollari, riducendosi a circa 26 miliardi. Un calo del 30%, analogo a quello registrato a Yale: una situazione che ha costretto i due prestigiosi atenei a tagliare personale, stipendi e i lavori di ristrutturazione ed espansione iniziati negli anni scorsi.
E’ la rivincita delle altre università che, avendo investito in modo meno avventuroso, hanno subito comunque una decurtazione del loro patrimonio, ma con perdite limitate in media al 17%. E c’è anche chi, come la Cooper Union for the Advancement of Science and Art, un piccolo istituto universitario di New York con un fondo di «appena » 600 milioni di dollari, è riuscito addirittura ad aumentare il suo patrimonio anche nell’anno nero della finanza, grazie a una strategia d’investimento prudente e un attento dosaggio dei rischi.
La prudenza non era, invece, di casa a Harvard per ammissione della stessa responsabile della gestione del fondo, Jane Mendillo, che ora sta cercando di ridurre l’esposizione patrimoniale dell’ateneo negli investimenti più rischiosi. La Medillo, arrivata a metà 2008, poco prima dello tsunami finanziario, ha ereditato una situazione già squilibrata, ma ha comunque continuato a puntare su quattro tipi di investimento – hedge funds , società di private equity,
attività immobiliari e legname da costruzione (una commodity con un mercato molto attivo) – tutti colpiti in modo duro dalla crisi.
Ora la responsabile della Harvard Management Company sta cercando, con fatica, almeno di ridurre da 11 a 8 miliardi l’esposizione nei fondi di private equity : investimenti in forte perdita, ma soprattutto illiquidi. Tanto che l’accademia di Harvard, pur disponendo ancora di un patrimonio enorme, quest’anno si è trovata a dover fronteggiare una crisi di liquidità: per far fronte ai pagamenti correnti, è stata costretta a indebitarsi. Questa crisi rischia di far riemergere polemiche mai sopite come quella alimentata da Iris Mack, una funzionaria di Harvard che nel 2002 andò a lavorare all’ endowment . Dopo quattro mesi, in maggio, scrisse all’allora presidente dell’università, Larry Summers, una lettera riservata nella quale si diceva sorpresa dagli enormi rischi che si assumevano i gestori del fondo con i loro investimenti nel settore dei derivati. In una missiva separata la Mack avanzava il sospetto che qualche suo collega si fosse reso responsabile di episodi di insider trading . Summers (che oggi è capo dei consiglieri economici di Obama alla Casa Bianca) non le rispose mai, ma dopo un mese la Mack fu licenziata per aver avanzato accuse prive di fondamento. Il caso è stato ripreso di recente dal Boston Globe e dai giornali del campus di Harvard. Non è escluso che le nuove notizie generino un’altra ondata di accuse contro un personaggio poco amato come Summers, che negli anni di Boston ha fatto varie scelte controverse.
Quanto alla Mendillo, per riprendere il controllo della situazione finanziaria, ha deciso di riportare all’interno del fondo di Harvard decisioni d’investimento fin qui delegate a entità finanziarie esterne. Scelta forse giusta (se non altro servirà a risparmiare le salatissime provvigioni pretese da società di private equity e hedge fund ), ma che rischia ugualmente di alimentare polemiche: Harvard sarà costretta ad assumere di nuovo gestori professionali che, come accaduto in passato, pretenderanno compensi milionari, di gran lunga superiori a quelli percepiti da qualunque rettore o premio Nobel dell’ateneo. Una situazione che anni fa, in tempi di capitalismo rampante, fu mal digerita e che ora, nel bel mezzo di una crisi innescata proprio dagli eccessi della finanza, rischia di diventare esplosiva.
Massimo Gaggi