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 2009  settembre 12 Sabato calendario

«NIENTE SCOSSE DALLA CONSULTA»


Non sarà la pronuncia della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano a determinare la sorte del governo di Silvio Berlusconi. Ne è convinto Beniamino Caravita, docente di diritto pubblico presso la facoltà di scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma e direttore di Federalismi.it, secondo il quale la prossima tornata elettorale, quella per le regionali, da questo punto di vista sarà ben più importante. Quanto al Lodo, il costituzionalista ritiene che si debba far riferimento al precedente del 2004. E in quella sentenza, spiega, non c’è traccia della necessità che si procedesse con legge costituzionale.
«Sotto il profilo costituzionale c’è un precedente», spiega Caravita, intervenendo nel dibattito - aperto sul Riformista dagli interventi di Nicolò Zanon e Stefano Ceccanti - sulla ormai prossima decisione della Consulta sulla norma che prevede lo scudo per le alte cariche dello Stato. Caravita si riferisce alla sentenza 24 del 2004 con la quale la Corte Costituzionale bocciò il cosiddetto Lodo Schifani, ritenendo fondati alcuni profili di incostituzionalità. «E in quella sentenza - osserva Caravita - è stata affrontata una disciplina che non era poi così dissimile da quella che verrà in giudizio adesso e, nell’affrontarla, la Corte non ha toccato il tema della legge costituzionale». Se lo avesse fatto, evidentemente, ciò avrebbe avuto un effetto risolutivo anche per il futuro, «ma la Corte ha soltanto verificato singoli profili di incostituzionalità in relazione agli articoli 3 e 24».
Ma non è tutto. Il professor Caravita, infatti, non ritiene risolutiva l’obiezione opposta da Ceccanti, secondo la quale la Corte si sarebbe pronunciata soltanto su ciò su cui le era stato chiesto di pronunciarsi e che, insomma, 5 anni fa, nessuno aveva sollevato la questione di legittimità sotto il profilo dell’articolo 138. «Già - risponde il costituzionalista - ma è altrettanto vero che la Consulta avrebbe anche potuto estendere il parametro del giudizio per dare un segnale di coerenza dell’ordinamento. E invece - aggiunge - in quella sentenza non si accenna da nessuna parte alla necessità che si dovesse procedere secondo l’articolo 138. Sarebbe bastata anche una frasetta minima, un: "impregiudicata rimanendo ogni valutazione relativa alla necessità di una legge costituzionale..."».
C’è infine una ulteriore osservazione, spiega Caravita. Dal punto di vista giuridico, la questione si risolve stabilendo se il Lodo è tecnicamente una immunità o una sospensione processuale. Nel primo caso servirebbe una legge costituzionale, nel secondo sarebbe sufficiente una legge ordinaria. Anche prendendo la questione da questo verso, spiega il costituzionalista, soccorre la sentenza del 2004 con la quale «la Corte, tacendo sul 138, ha lasciato intendere che era sufficiente la legge ordinaria».
Ma il tema della sottrazione di alcuni soggetti alla giurisdizione, e degli strumenti giuridici con i quali operare, è sul tappeto. Ed è un tema anche molto delicato, dice Caravita che ricorda come «il governo Prodi è caduto su una iniziativa giudiziaria nei confronti di un ministro e che un governatore di centrosinistra è caduto su una iniziativa giudiziaria della quale un anno dopo non si sa più nulla». Sarebbe, insomma, una discussione interessante se fossimo «in un paese in cui si possa discutere di politica e giustizia senza guardare dal buco della serratura». E invece non è così e, anzi, la tensione tra i due mondi, politica e giustizia, è sempre altissima. «Ma - rileva il costituzionalista - se il Lodo si salva, ciò non significa che i problemi politici di Berlusconi siano tutti risolti. E, se invece fosse dichiarato incostituzionale, il premier continuerebbe comunque a governare». «Il tema di fondo - prosegue Caravita - rimane la capacità di governo del paese dell’esecutivo, e il consenso. Non sarà una sentenza della Corte, così come non saranno voci, boatos e gossip, che faranno cadere un governo perché, per fortuna, in democrazia l’esecutivo si regge o cade sul consenso e sulla capacità di governo».
Piuttosto, suggerisce il professore, sarebbe opportuno guardare alla prossima tornata elettorale, le regionali, che ci saranno tra 6 mesi. «Quello - dice - mi sembra un appuntamento ben più importante per il governo».