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 2009  settembre 12 Sabato calendario

«ORMAI IN ITALIA CANTA SOLO SILVIO»


Cecilia Bartoli irrompe in palcoscenico sul ritornello di «In braccio a mille furie» della Semiramide riconosciuta (e finora sconosciuta) di Nicola Porpora. Indossa un cappello piumato, giustacuore, stivali e guanti rossi. Più tardi, giusto per non farsi mancare nulla, rientrerà in scena in corazza dorata, mantello scarlatto e piume rosse, poi gettate drammaticamente in aria durante «Son qual nave», la spaventosa aria «di tempesta», summa di ogni delirio canoro, che Riccardo Broschi scrisse per suo fratello Carlo, in arte Farinelli.
 la presentazione mondiale di Sacrificium, l’ultimo album della cantante lirica italiana più famosa nel mondo e meno scritturata in patria. Tutto dedicato ai castrati, queste popstar del Barocco, con la solita raffinata scelta di rarità dimenticate (su quindici brani, undici sono «world premiere recording») che diventano subito indimenticabili se cantate da questa voce forse piccola ma certamente spericolata. Esuberanze vestamentarie a parte, santa Cecilia delle colorature fiuta la grande occasione e si butta: nella prima aria l’appiombo con il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini non è esattamente impeccabile, ma poi vengono puntualmente sciorinate tutte le bellurie belcantistiche richieste, tipo la spettacolare tripla «messa di voce» (una nota attaccata pianissimo, gradualmente rinforzata fino al forte e poi di nuovo smorzata, il tutto ovviamente senza prendere fiato) esibita in «Nobil onda». Quel che ci ha preso il cuor, però, è «Parto, ti lascio, o cara», un’aria patetica, ipnotica e disperata ancora di Porpora, tratta da un’opera che varrebbe una riesumazione solo per il titolo pazzesco: Germanico in Germania.
La Decca, maison discografica della diva, ha fatto le cose in grande, scegliendo per il lancio del cd la Reggia di Caserta, poiché i castrati erano una specialità italiana in generale e del Regno di Napoli in particolare: seratona di festa con concerto nel teatrino, cena di gala nei saloni del Vanvitelli, illuminazione notturna di cascate e giardini. Il tutto per un pubblico di discografici, giornalisti (solo dalla Francia, dove la Bartoli è una popstar, sedici inviati), dignitari locali («I casertani in Caserta»?) e qualche volto noto: Roberto De Simone con coppola in testa, Alexander Pereira, neointendente di Salisburgo, il pianista Andras Schiff.
La Bartoli intanto spiega che il Sacrificium del titolo è quello inflitto ai castrati, sopportabile (forse) per quei pochissimi che diventavano divi, crudele per la stragrande maggioranza che passava vita e carriera nell’oscurità. «I calcoli - dice - abbiamo provato a farli. Si stima che nel Settecento di ragazzini ne fossero sacrificati circa quattromila all’anno». Riccardo Muti ha paragonato la sorte di Michael Jackson a quella di Farinelli (che peraltro visse fino a tarda età e senza eccesso alcuno)... «Sì - ribatte giudiziosa Cecilia - ma Jackson ha potuto scegliere la sua sorte, Farinelli no». Poi annuncia altre novità discografiche (la Clari di Halévy, deliziosissima produzione zurighese, in dvd), poche recite d’opera (Cenerentola a Zurigo, Giulio Cesare in concerto - e poi in cd - a Parigi) e molti concerti per la tournée mondiale di Sacrificium. Conferma anche per l’estate prossima a Dortmund il debutto in Norma, che sta già scatenando curiosità e dispute preventive sui blog dei melomani. In Italia, da qui al luglio 2010, non c’è una data che sia una. Non male, per un’italiana... «Chiariamo: io non sono esterofila e qui torno sempre volentieri. Amo il mio Paese e trovo che ci vive sia intelligente, colto e creativo come nessuno». E allora? «E allora non ci sono le condizioni, si taglia di qua e di là, i budget per la cultura sono sempre più risicati, la programmazione a corto respiro». O non sarà anche la critica italiana, o almeno una parte, che dice che lei «non si sente»? «Ma mi sentono in tutto il mondo, chissà perché qui no». Insomma, è per questo che «la Bartolì» ha dichiarato a Le Monde che l’Italia è «sinistrata», tirando in ballo il solito Berlusconi? «Beh, diciamo che per la musica in Italia non vedo né un grande presente né un grande futuro. A Le Monde ho semplicemente detto che quando tutti i teatri d’opera saranno chiusi resterà sempre Berlusconi con il suo inseparabile chitarrista».
Morale: il «caso Bartoli» è sempre aperto. E ricorda quello delle regie innovative o dell’opera barocca: tutto il mondo civilizzato va in una direzione, l’Italia in quella opposta. chiaro che qualcuno sta sbagliando. Domanda facile facile: sarà l’Italia o il resto del mondo?