Sergio Romano, Corriere della sera 11/9/2009, 11 settembre 2009
I BOMBARDAMENTI AFGHANI E LE BOMBE DEL ”45 SU DRESDA
L’ultimo bombardamento contro i talebani ha fatto molte vittime fra civili afghani innocenti. Questo attacco mi ricorda quello degli Alleati su Dresda, splendida città priva di posizioni militari, che secondo il Dizionario Larousse fece circa 135.000 morti in maggior parte civili. Potrebbe spiegarmi la strage di Dresda nel febbraio del 1945 e perché anche oggi si ripetono tali errori madornali anche nonostante la odierna tecnologia super-sofisticata.
Alessandro Dell’Oro
alessandrodelloro@tiscali.it
Caro Dell’Oro,
Tralascio il numero delle vittime di Dresda su cui si è aperto un interminabile dibattito, spesso ispirato dal desiderio di drammatizzare o minimizzare. E passo immediatamente al confronto da lei proposto fra il bombardamento della città tedesca e quelli degli americani e della Nato in Afghanistan. Esistono alcune importanti differenze.
In primo luogo le popolazioni civili, durante la Seconda guerra mondiale, furono un deliberato obiettivo strategico. I civili non morirono perché colpiti casualmente ed erroneamente da aerei che avevano altre missioni. Morirono perché erano le vittime predestinate delle operazioni che furono condotte contro le città nemiche. Dresda fu bombardata perché era in quei giorni la città di transito delle migliaia di profughi tedeschi che stavano abbandonando i territori della Prussia orientale invasi dall’Armata Rossa. È probabile che la Gran Bretagna abbia voluto punire la Germania per i devastanti bombardamenti di Coventry e per quelli più recenti di Londra con i missili V1 e V2. Ma il suo obiettivo era quello di seminare il panico nella popolazione civile e provocare il collasso morale del fronte interno: un obiettivo, sia detto per inciso, totalmente mancato.
Nel caso dell’Afghanistan, invece, i civili non sono un bersaglio. Anzi, gli Stati Uniti e la Nato dichiarano di combattere per le popolazioni civili, per liberarle dalle angherie del fondamentalismo talebano, per creare le condizioni del loro benessere e del loro progresso. I civili muoiono in Afghanistan perché la guerra che si combatte oggi in quel Paese è l’esatto opposto di quella che durò dal 1939 al 1945. La Seconda guerra mondiale fu simmetrica, vale a dire combattuta fra potenze che disponevano, anche se in misure diverse, delle stesse armi e si affrontavano lungo fronti chiaramente visibili. La guerra afghana invece è asimmetrica perché condotta contro un nemico che non veste uniformi, non ha caserme e accampamenti, non presidia un fronte visibile. Il guerrigliero afghano è straordinariamente mobile e si nasconde spesso in città o villaggi dove può contare sulla simpatia o sull’omertà degli abitanti. Il nuovo comandante delle forze americane in Afghanistan, il generale Stanley A. McCrystal, ne è consapevole e si è più volte scusato per gli «errori» compiuti dalle sue truppe. Ma non ha mai concretamente spiegato quali misure intenda adottare per evitare la ripetizione di questi «incidenti ». Tutto cambierebbe naturalmente il giorno in cui le popolazioni afghane insorgessero contro i talebani e li cacciassero dai loro villaggi. Ma di questa indignazione popolare per i combattenti del radicalismo islamico non si vede per il momento alcun segnale. questa la ragione per cui l’esito della guerra, nonostante il nuovo impegno della presidenza Obama, rimane oscuro e incerto.