C.C., Libero 11/9/2009, 11 settembre 2009
CHI COMPRA BOT E’ SICURO… DI PERDERE
Solo governo e banche ci guadagnano
La crisi non è ancora finita (per gli ottimisti, la ripresa non ha ancora ingranato) ma la Borsa ha ripreso a correre tanto che si parla di ”Toro drogato”. I bond come quelli lanciati in questi giorni da Generali, Intesa e Enel, vanno a ruba in poche ore. Il prezzo dell’oro è decollato a quota mille dollari. Volano l’argento e quasi tutti i metalli industriali. Una grande abbuffata che, dicono i critici, va contro la logica secondo cui quando l’economia è destinata a risalire la china dovrebbero scendere i beni rifugio come l’oro. Agli stessi esperti sfugge in particolare la logica dei titoli di stato: se salgono i cosiddetti asset speculativi (ovvero le azioni) dovrebbero scendere i titoli difensivi. Come i Bot, appunto.
Invece gli investitori se li strappano di mano. Anche se non rendono più un fico secco: il rendimento «lordo» dei Bot trimestrali ieri si è fermato a 0,386 per cento. Ma una volta pagate le tasse e le commissioni bancarie non rimane nemmeno quel piccolo guadagno. E il rischio concreto è che il rendimento «lordo» si trasformi in perdita «netta». Una volta fatti i conti, considerando il prelievo fiscale del 12,5% e le commissioni applicate dalle banche, il guadagno si assottiglia fino a diventare negativo, scendendo a -0,08%. Sottozero. In pratica si paga per investire.
Il paradosso
Per un impegno di 10.000 euro, l’ipotetico guadagno lordo annuo è di 38,2 euro e si trasforma al netto in una maggiore spesa (o perdita) di 8 euro l’anno. Non scendono sotto zero, ma certo garantiscono un ritorno quasi nullo i titoli annuali. Se si applica il prelievo fiscale al rendimento lordo di 0,741% e si considera il prezzo di aggiudicazione di 99,254, il risultato netto si ferma allo 0,65%. Tolte le commissioni bancarie si scende ancora allo 0,35%, ma si rimane comunque sopra lo zero. Per 10.000 euro investiti c’è un «ritorno» lordo di 74,1 euro che si riduce ad un netto di 35 euro. Eccolo il paradosso del rendimento dei Bot. Ma se le Borse corrono, se il peggio è passato, se l’economia vede rosa, se ci aspetta un rialzo dei tassi perché il risparmiatore dovrebbe sgomitare per accaparrarsi titoli a rendimento zero? Perchè, è la risposta che danno nelle sale operative, la normale ”fisica” dei mercati è ostaggio degli effetti di una bolla speculativa alimentata dalle banche centrali e da alcuni governi. A comprimere i tassi verso il basso, dicono altri operatori, è la grande liquidità in circolazione, pompata dalle banche centrali. Sul versante della domanda le richieste sono previste stabili o in leggero aumento, con una forte presenza delle tesorerie delle banche, attirate dalle buone prospettive di guadagno sul BoT annuale. Anche la richiesta di titoli a breve termine, riflette l’eccesso di liquidità rispetto alla domanda di credito che arriva dall’economia reale dove la rischiosità dei prestiti è più alta di prima. In sostanza, sottolineano polemicamente alcuni osservatori, mentre i governi nazionali e le iniezioni di liquidità delle banche centrali fanno da cintura di sicurezza per i rischi della riduzione del credito, le banche hanno le casse piene. Ma invece di prestare i soldi (per esempio a privati o alle pmi che da mesi contestano la chiusura dei rubinetti nelle filiali) preferiscono parcheggiare la liquidità nel porto sicuro dei titoli di Stato.
Lo stesso paradosso dei Bot si riscontra per i Btp trentennali che sono andati a ruba con un rendimento lordo poco sopra il 5 per cento. Eppure fra 30 anni il rapporto fra debito e Pil italiano potrebbe aver raggiunto livelli record considerando anche i recenti rialzi di spesa pubblica e fabbisogno. Per un Btp italiano trentennale il risparmiatore dovrebbe dunque pretendere un rendimento di almeno il 10% netto. E ancora: se devo prestare i miei risparmi a qualcuno voglio che questo mi paghi il giusto interesse rispetto al rischio che corro di non vedermeli tornare indietro. Ricordiamoci che chi comprò i bond argentini prima del default si portò a casa anche un 15% d’interessi, in correlazione al maxi rischio implicito nell’investimento.
Troppi rischi
«Ma se un risparmiatore guadagna un 4,4% netto per un Btp trentennale italiano o un 3,5% per un T-bond decennale americano, non sta percependo il giusto interesse rispetto al rischio che corre anche perchè le incertezze sui debiti pubblici sono aumentati mentre paradossalmente gli interessi da pagare sono diminuiti», spiega un trader navigato. Dove sta la fregatura? «Si cerca di rendere artificiosamente basso il costo del reperimento di denaro da parte di Stati, banche, assicurazioni, aziende. E paradossalmente questo succede proprio quando i rischi aumentano, ovvero in periodi recessivi». Meglio, quindi, per i Bot-people tenersi alla larga dai titoli difensivi: non seguite a ruota i grandi investitori dalle spalle larghe (e spesso coperte). Perché quando si alzeranno i tassi di interesse, le casse dello Stato saranno più gonfie ma i portafogli dei risparmiatori privati più vuoti.