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 2009  settembre 11 Venerdì calendario

PER RAGGIUNGERE L’1,1% LE SCADENZE A 5 ANNI


MILANO – A gioire è il ministero dell’Economia, che riesce a finanziarsi con il minimo costo e senza dover affrontare cedimenti della domanda. Ma il risparmiatore?

Ha ancora un senso parlare di Bot-people? Ormai i privati si stanno progressivamente allontanando da questa forma di investimento, che qualche decennio fa era arrivata a offrire rendimenti reali, superiori cioè al tasso d’inflazione.

Oggi, alla luce del rendimento «negativo» della scadenza trimestrale, non c’è più alcuna differenza con il conto corrente, se non la maggiore fiducia che molti sembrano avere nello Stato piuttosto che nella propria banca. In termini di convenienza le due scelte si equivalgono. Anche i soldi in banca non sono praticamente remunerati e, in qualche caso, le spese a fine anno superano gli interessi.

Ma almeno si utilizza un servizio, potendo staccare assegni, effettuare bonifici e altro ancora.

Quali sono, allora, le alternative per chi vuole la massima sicurezza ma anche una qualche forma di remunerazione?

Nel breve termine ci sono soltanto le operazioni di «pronti contro termine», anch’esse ben poco redditizie in questo momento. Per ottenere qualcosa di più è invece inevitabile passare ai titoli di Stato con scadenze più lunghe. Per esempio i Btp (Buoni del Tesoro Poliennali). In questo caso l’offerta è ampia. Per arrivare a ottenere rendimenti superiori al punto percentuale è necessario però allungare la scadenza. Il Btp con scadenza 15 settembre 2011, per esempio, alle quotazioni di ieri sul mercato retail rendeva l’1,52% lordo (1,06% netto). Quello di quasi due anni più lungo (agosto 2013) arriva a superare i due punti (2,59% il rendimento lordo, pari al 2,07% netto). Meno appetibili i Cct (ma se si guarda soltanto al prezzo: c’è invece il vantaggio delle cedole indicizzate). Un rendimento superiore all’1% (1,2% lordo e 1,05% netto) lo offre infatti soltanto il titolo con scadenza 1 luglio 2016.