Gianluca Nicoletti, La stampa 11/9/2009, 11 settembre 2009
LA MELONI-GIRL CHE FA LA FESTA AI GIOVANI DI DESTRA
Pierlugi Bersani ieri pomeriggio parlava alla meglio gioventù di destra convenuta al parco del Celio per la festa di Atreju. Improvvisamente sembrava cominciasse a piovere sull’adunata. Il panico corse solo un brevissimo istante tra i virgulti della Giovane Italia, sapevano che Chiara Colosimo, la loro Wonder Woman, li avrebbe salvati dall’onta dell’acquazzone. Infatti lei era già dall’alto del suo metro e sessanta scarso di ciccia tosta a dar ordini a ragazzoni nerboruti per la soluzione indoor, mai Bersani avrebbe dovuto lamentarsi della loro trasversale ospitalità. La luogotenente dell’esercito di Giorgia Meloni ha ventitrè anni. Sotto un bella cascata di capelli neri fisico da pin-up, disinnescato dal candore disarmate di una maglietta con disegnato Bamby. Chiara Colosimo è «l’uomo macchina» di ben sette edizioni di Atreju e tutti sanno che con lei nulla è lasciato al caso. «Se mi chiami Meloni girl non mi offendo, ma guarda che nel gruppo dirigente di ragazze mica siamo molte…». Saranno anche poche, ma lei è quella che comanda tutti in quel posto. Su questo non c’è dubbio, basta guardare come mette in riga, senza mai alzare la voce, quelli del servizio d’ordine, mentre il suo Blackberry scalpita sputando ricevute di biglietti elettronici e conferme di ospiti illustri. Chi si fosse aspettato che tra la gioventù di destra ancora aleggiassero reflui di femmine da «riposo del guerriero» non lo faccia capire alla Colosimo, quella si è montata da sola con la chiave inglese in mano tutte le «americane» del parco luci. «Sono l’ultima a uscire di qui alle quattro di notte, lascio le chiavi alla vigilanza, ma alle sette della mattina dopo sono qui a riaprire di nuovo!». E’ vicina alla laurea di scienze politiche, mi dice che sta lavorando a una tesi su Spinoza, ma quando le chiedo se lo ha scelto perché scomunicato non raccoglie. Chiara non fa la modesta, ammette orgogliosa che le riesce bene gestire le persone, forse proprio perché era la persona più tosta su piazza che l’amica Giorgia l’ha destinata ad occuparsi dello staff di Atreju. «Io sono della Garbatella, come Giorgia. Si cresce in fretta in borgata, il nostro è un quartiere rosso, ci sono otto centri sociali, una volta mi hanno fatto un agguato mentre attaccavo manifesti. Mi è andata bene, solo uno zigomo un po’ ammaccato…». E’ piccola, ma ben impostata, si vede che non è una mammoletta. Mi confessa di aver fatto pugilato, anche qualche incontro. La perfetta manicure con smalto madreperla forse serve solo a non spaventare chi è al corrente delle sue glorie sul ring. Però è un po’ che Superchiara si è accorta che le guardo quel ciondolino al collo, lei furbetta cercava di dissimularlo tra i capelli, ma le spiego che a me quella croce celtica non fa nessun effetto draculesco, solo mi incuriosiva il fatto che lei la portasse accoppiata a un piccolo crocifisso d’oro, mi sembravano tante due croci assieme… Invece segnano le tappe più importanti della sua vita. «Ho iniziato a occuparmi di politica a sedici anni a scuola quando ho conosciuto quelli di Azione Giovani. Nel nostro ambiente si arriva a un certo grado e ci regalano la croce celtica, è una specie di riconoscimento, ma a me non piace associarla ancora a simbologie nostalgiche. Noi non ci salutiamo più da anni con il saluto romano, ho da poco fatto il pellegrinaggio a Santiago de Compostela, è un luogo cristiano e le croci celtiche si vedono ovunque». Chiedo allora perché il raddoppio dell’altra croce: «Questa è la mia avventura recente, mi sono convertita e sto seguendo un cammino…». Non spingo troppo perché capisco che non dice tanto per dire, ma un po’ la stuzzico sulla moda corrente della conversione, mi rende la botta e mi fa capire che per lei è cambiato veramente qualcosa, non sono solo parole. Quando intuisco che il suo modello femminile è molto più affine a Maria Goretti che a Kill Bill un po’ ci rimango male, così tergiverso su quando si è accorta che alla festa della gioventù di destra era finito il tempo degli steccati invalicabili . «La vera svolta per Atreju è stata quattro anni fa con l’incontro di Fini con Bertinotti, ecco Bertinotti ci ha veramente sdoganato, ha detto alla stampa che con noi ci si poteva discutere, da allora in poi è stato un crescendo, quest’anno Bersani, D’Alema. Poi Veltroni due anni fa, quando gli facemmo il famoso scherzo della domanda sulla borgata Pinarelli , che non esiste, ma lui prendeva tempo». Provo l’ultima trappola sulle belle donnine di cui il Premier, che loro applaudono, non si fa scrupolo di apprezzare, ma non si smarca: «Ci va bene il pensiero liberale, ma ci sono cose che non ci appartengono, come sulla pillola abortiva, non si discute». E Fini allora? «E’ evidente che su alcune temi non siamo d’accordo, come sulla fecondazione assistita, Ma la nostra autonomia di pensiero è rispettata. A me piace Tremonti, l’anno scorso qui ha parlato di Dio patria e famiglia…».