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 2009  settembre 11 Venerdì calendario

DECLINO ARGENTINA. E IL CT INGRASSA


Il pensiero che questo spoglio salone nel ventre di uno stadio sperduto, il Defensores del Chaco di Asuncion, possa costituire il capolinea della più grande car­riera calcistica della storia è qualcosa che i più avvertiti fra noi provano, aspettando che Diego Maradona venga a giu­stificare l’ingiustificabile. E sic­come lui è troppo scafato per non intuirlo, «guardate che continuo finché ho una goccia di sangue per farlo» è la prima cosa che dice, ovviamente mes­sianica perché di tattica non è il caso di parlare, e di uomini nemmeno.

Il caso Messi A chi gli chiede ragione della scena muta di Messi risponde «era molto marcato», ovvero una verità che non spiega la Verità del mi­glior giocatore del mondo nel suo club incapace di risultare minimamente decisivo con la sua nazionale. Mentre attorno a lui gli altri si sbattevano, pri­vi di un progetto tattico ma al­meno schiumanti testostero­ne, Messi vagava afasico atten­dendo il fischio finale come una liberazione. E più dalla tri­buna gli gridavano «fai qualco­sa alla Messi» - riportando alla memoria la famosa supplica di Nanni Moretti a D’Alema «dì qualcosa di sinistra» - meno lui sembrava disposto a farsi coinvolgere nel disastro in cor­so. Siamo pazzi per le sue qua­lità, certo non lo rinneghiamo: ma che differenza con il Kakà già padrone del Real Madrid e sempre il migliore con la Se­leçao.

Carisma E’ possibile che Messi giochi contro Maradona? Non lo pensiamo, anche perché da una parte l’esclusione dal Mon­diale sarebbe una tragedia sportiva e commerciale innan­zitutto per Leo, e dall’altra è evidente che Grondona andrà fino in fondo con Diego. Mal­grado la situazione sia spaven­tosa, infatti, non tutto il suo ca­pitale di carisma è bruciato: i tifosi e i media lo criticano, ma senza esagerare e soprattutto senza acrimonia, come se que­ste angustie fossero un prezzo tardivo da pagare per la gioia che regalò in campo. In questo senso suonano patetiche le pa­role di sfida a giornali, radio e tv («criticatemi pure, organiz­zate uno show televisivo se vo­lete, ma io lotto contro di voi da quando avevo 15 anni e ora che ne ho 48 non mi fate certo paura»); dopo tre sconfitte di fila, quattro nelle ultime cin­que gare, e l’uscita dal quartet­to delle promuovende dirette, qualsiasi altro allenatore del­l’Argentina verrebbe squarta­to. Altro che le contenute criti­che recapitategli quasi chie­dendo scusa.

Prospettiva Maradona ha un mese di tempo per ribaltare la frittata (e per provare a perde­re peso, spaventosamente ri­cresciuto negli ultimi mesi). E qualcosa succederà stando al­le poche ammissioni di colpa di ieri. Forse si adeguerà alla richiesta dei giocatori di lavo­rare in ritiro anche al mattino, sin qui consacrato all’otium, forse rimetterà il naso in Euro­pa, da dove manca da febbra­io (amichevole con la Russia esclusa) e dove si sono persi i vari Samuel - quanto sareb­be servito il difensore con­tro Brasile e Paraguay - , Hi­guain, Zarate, Garay, Di Maria e, prima dell’infortu­nio, Cambiasso. La crescen­te presenza tra i convocati di giocatori di stanza in Argenti­na dimostra la pigrizia del c.t., che è sempre più nociva visto che i problemi non vengono nemmeno ammessi: altrimen­ti che senso avrebbe insistire su Domingues quando hai Bur­disso in panchina, oppure per­ché Milito è finito in tribuna dopo aver dimostrato di sa­per dialogare con Messi?