Francesco Sisci, La Stampa, 11/09/09, 11 settembre 2009
Pechino non festeggia più Mao Zedong - Due anziane con gli asciugamani avvolti in testa, alla maniera dei contadini della provincia dello Shanxi, erano uscite dalla porta Sud della città proibita, si erano voltate e avevano alzato la testa verso il ritratto di Mao su piazza Tienanmen, congiungendo le mani in segno di riverenza
Pechino non festeggia più Mao Zedong - Due anziane con gli asciugamani avvolti in testa, alla maniera dei contadini della provincia dello Shanxi, erano uscite dalla porta Sud della città proibita, si erano voltate e avevano alzato la testa verso il ritratto di Mao su piazza Tienanmen, congiungendo le mani in segno di riverenza. Un giovane poliziotto di guardia le ha viste e a passo lesto, con il sorriso sulla bocca e i modi gentilissimi, ha fatto loro abbassare le mani e le ha mandate via. Ci è abituato, sono tanti quelli che vengono dalle campagne e che ancora adorano il grande timoniere, il presidente Mao Zedong. Proprio per questo è strano e innaturale che ieri, 10 settembre, la Cina si sia svegliata come fosse un giorno qualunque, come se non fosse successo niente. In realtà, il giorno prima, Pechino aveva nascosto ufficialmente l’anniversario della morte di Mao, deceduto appunto il 9 settembre 1976. Un silenzio più forte del rombo di mille cannoni: è la Cina che sta procedendo silenziosamente, prudentemente ma inesorabilmente, nel processo di «demaoizzazione». Molti testi scolastici gli dedicano sempre meno spazio. L’ufficialissima casa editrice dell’Università del popolo, l’ateneo voluto da Mao, ha pubblicato una sua biografia critica scritta da Ross Terrill, in cui si legge, tra l’altro, che nel 1930 Mao avrebbe potuto salvare la moglie Yang Kaihui, catturata dai nazionalisti, e invece si sottrasse. Persino il ritratto a Tienanmen si rimpicciolisce di qualche centimetro ogni anno. un’inversione completa rispetto al trentennio in cui Mao era oggetto di culto divino, quando gli stemmi del suo faccione paffuto e stempiato erano come le immaginette sacre alle feste dei santi. Molti taxisti di Pechino ancora si portano dietro la figurina del giovane Mao. Tanti, in campagna, conservano il suo ritrattone, al centro della casa, sotto un vetro ben spolverato. Certamente Mao non è demonizzato nella Cina moderna: il suo pensiero è ancora materia di studio attento alle Università: il suo unico nipote, un ragazzone di quasi 200 chili, viene esibito in tv nelle occasioni doverose, con la divisa inamidata di giovane colonnello proprio in memoria del nonno; la sua figura giganteggia in un colossal prodotto per i sessant’anni della fondazione della Repubblica Popolare, il primo ottobre prossimo. Ma è finita la sua straordinaria eccezionalità, sta ridiventando normale, quindi più piccolo.