Michele Farina, Corriere della sera 10/9/2009, 10 settembre 2009
CASE, MACCHINA E MOGLI PER IL LANCIATORE DI SCARPE
Bagdad attende come un eroe l’uomo che sfidò Bush
«Quando tornerà libero Muntazer al-Zaidi?». Una domanda che vale oro: giacca bianca, una telecamera al seguito, il presentatore di telequiz Hashim Selman si fa riprendere in una strada di Shole, quartiere sciita di Bagdad. «Allora, quando esce il nostro eroe?». Un ragazzino risponde: « già uscito». Una signora lo corregge. «Lo liberano lunedì 14 settembre. E a celebrarlo ci sarà tutta Bagdad».
Risposte esatte. Alla signora va il premio del telequiz, una collana d’oro dentro una scatola rossa. Il presentatore di Al Baghdadiya risponde fuoriscena al Corriere : «Sì, c’è grande fermento per il rilascio di Muntazer. Faremo una grande festa. l’idolo della gente, l’eroe degli iracheni».
E non solo. Dalla Palestina al Marocco, il giornalista che nel dicembre scorso tirò le scarpe contro George Bush durante la sua ultima conferenza stampa a Bagdad è diventato un eroe del mondo arabo, un simbolo per chi vede nell’America il volto dell’imperialismo. In Turchia l’hanno messo nei giochi per bambini, in Egitto sulle T-shirt. Il direttore di Al Baghdadiya , la tv privata per cui Montazer ha lavorato come cronista dal 2005, ha una lista che non finisce più: «Un iracheno che vive a Rabat ha chiamato per offrirgli la figlia in sposa – racconta Abdul Hamid al-Saji ”. Un saudita era disposto a pagare 10 milioni di dollari per le scarpe. Un altro marocchino ha offerto un cavallo con la sella d’oro. Dalla Palestina hanno chiamato molte famiglie, donne che volevano sposare Muntazer » .
E adesso? Bush è uscito di scena. Lo scarparo di Bagdad esce di prigione. Il primo nel dimenticatoio, il secondo nella gloria.
Condannato a tre anni, poi ridotti a uno, poi a dieci mesi. Cosa si aspetta? Cosa troverà? Ci sarà davvero un harem ad accoglierlo? Il quotidiano britannico The Guardian ha mandato un inviato a Nablus, nei Territori Occupati, dove nel dicembre scorso Ahmed Jouda vendette metà delle sue capre per contribuire alle spese del processo contro l’«eroe di Bagdad». Oggi il 75enne Jouda vuole mantenere la promessa: «Allora dissi che gli avremmo dato in sposa una delle nostre figlie. Siamo gente di parola. Se vuole, c’è una sposa palestinese rivestita d’oro che lo aspetta».
Di sicuro ad aspettarlo ci sarà la banda e un gregge di pecore da immolare in segno di ringraziamento. Il fratello Uday racconta al Corriere che «tutte le tribù irachene, da Ramadi a Nassiriya, sciiti e sunniti, manderanno delegazioni per celebrare il ritorno di Muntazer». Ci saranno i tamburi di vari gruppi musicali. «E molte persone a Bagdad stanno preparando il banchetto di ringraziamento», carne di pecora arrostita nelle strade.
Non sarà una festa di Stato, ma di popolo sì. vero che a gennaio il governo ordinò la rimozione di una statua in suo onore, una scarpa dorata di oltre tre metri piazzata davanti all’orfanotrofio di Tikrit.
Perché l’orfanotrofio? Per ricordare le parole che il reporter rivolse a Bush lanciando i suoi stivali, 20 parole che molti iracheni hanno imparato a memoria: «Questo è il tuo bacio d’addio, cane. Questo è per le vedove e per gli orfani iracheni » .
In un Paese che resta insanguinato e diviso, il decaduto George Bush è un bersaglio facile e unificante. E Montazer, sciita di Sadr City, con il suo 45 di piede e di coraggio può ben essere una bandiera anche per i sunniti. Esce di prigione con un dente in meno, due costole e una gamba malridotta per le botte. Ma lui stesso pensava di finire peggio. «Era sicuro che le guardie di Bush gli avrebbero sparato all’istante – racconta il fratello Maitham ”. Ha sempre creduto che sarebbe morto da martire, o per mano di Al Qaeda o degli americani».
Invece ricomincia da una casa nuova. A novembre compie 30 anni. Lui che viveva in un buco in affitto (e più spesso dalla sorella) adesso avrà quattro stanze da letto regalo della sua tv. E un’auto. Altri regali arriveranno. E magari una o più mogli. «Ma non vuol più fare il giornalista», dicono i fratelli. Farà il politico? «Il suo sogno è aprire un orfanotrofio».