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 2009  settembre 10 Giovedì calendario

IL NUOVO BIN LADEN


Parli oggi di Osama bin Laden ai guerrieri di Hezbollah, ai miliziani di Hamas, ai più radicali tra i nazionalisti arabi, e la loro prima reazione, di solito, è un ghigno. Dopo quel ghigno ti spiegano che loro non l´hanno mai bevuta, avevano capito subito che bin Laden è un uomo del Mossad, uno strumento della Cia, proprio a voler essere generosi l´utile idiota usato dal neocolonialismo occidentale per invadere l´Iraq, l´Afghanistan, le terre dell´Islam... Neppure la popolarità di George W. Bush è precipitata alla velocità vertiginosa con la quale è caduto il consenso di cui godeva il saudita nelle opinioni pubbliche arabe, anche le più inclini all´estremismo. Alla fine del 2001 Osama appariva a molti la nuova Spada dell´Islam, il Vendicatore, il condottiero che avrebbe guidato la nazione araba alla riscossa.

Ora i qaedisti sono combattuti da Hamas, Fatah, Hezbollah e dai sunniti iracheni
Fuori dai "confini" del Califfato, però, trova consensi uno strano mix tra jihad e lotta di classe

Giganteggiava nel nostro immaginario nel ruolo antico dell´Invasore musulmano. Pareva riuscito a scatenare in Oriente come in Occidente un delirio di rappresentazioni che pretendevano tutte la maiuscola, lo Scontro tra Civiltà, i Nostri Valori, la loro Cultura. Otto anni dopo, queste scorie ingombrano ancora il nostro orizzonte mentale. Ma non v´è sondaggio che non confermi la disillusione araba per Bin Laden, questa estate ribadita dallo scontro cruentissimo di Gaza. I miliziani di Hamas, per disciplina e cupezza l´equivalente islamico dello stalinismo, contro i terroristi di Al Qaeda. Ha vinto la polizia segreta di Hamas, Al Qaeda è in fuga.
Così l´organizzazione di Bin Laden sembrerebbe ormai avviata al destino di quei movimenti rivoluzionari che finiscono divorati dalla propria furia distruttiva, condannati a perire da una cecità teologica e politica che impedisce di trovare alleati e consenso nella popolazione. E in questo caso Al Qaeda sarebbe ricordata soltanto come un detonatore della Storia, un fiammifero caduto sulla benzina.
Combattuti a Gaza da Hamas, nella West Bank da Fatah, in Libano da Hezbollah, in Iraq dagli stessi miliziani sunniti al fianco dei quali avevano combattuto gli americani, gli apostoli di Al Qaeda devono constatare che il loro piano è fallito. L´Arabia non li vuole. Neppure i più smodati fondamentalisti ormai credono che Bin Laden sia il nuovo Saladino.
Eppure c´è una terra promessa dove Al Qaida pare riuscita ad agganciare non solo alleati, ma anche, per la prima volta, un movimento di massa. Paradossalmente non è in quel Medio Oriente che dal 1998 Bin Laden chiama inutilmente a insorgere contro gli Ebrei e i Crociati. Non è neppure dentro i confini storici del Califfato, l´impero islamico che i qaedisti sognano di ricreare. in Asia. In Pakistan, in Afghanistan: oggi il centro di quello scontro complicato che talvolta chiamiamo ancora "guerra al terrorismo".
Lo scenario in cui Al Qaeda prova a reinventarsi è diverso dal paesaggio delle origini. Non ci sono Crociati, invasori delle terre care al Profeta: ma ci sono comunque infedeli, i soldati della Nato. Non ci sono Ebrei: ma ci sono induisti, che gli estremisti locali odiano con la stessa intensità con la quale Bin Laden odia gli israeliani. E soprattutto, ci sono un 60-100 atomiche pachistane sulle quali Al Qaeda ha messo gli occhi. Per usarle «contro gli americani», nelle parole esplicite del numero due di Al Qaeda nella regione, interpellato in giugno da Al Jazeera. La gran parte di quelle testate è dislocata a ridosso di territori dove i guerrieri di Al Qaeda si muovono con una certa facilità. Ma sono tutte ben sorvegliate (da personale pachistano addestrato da istruttori Usa) e in teoria ciascuna smembrata in tre diversi siti, sicché andrebbe riassemblata prima dell´uso.
Come ha dimostrato in luglio un attentato contro ricercatori che lavorano al nucleare pachistano, Al Qaeda ha occhi e orecchie nell´apparato militare. Però l´impresa di impossessarsi di una bomba (nel caso una di quelle al plutonio, miniaturizzate e facilmente trasportabili, che il Pakistan ha cominciato a produrre di recente) al momento non sembra nella sue possibilità.
Al momento. In futuro, chissà.
La situazione nell´area è sufficientemente caotica perché i qaedisti possano coltivare i loro sogni atomici. L´Afghanistan è in bilico. E in Pakistan la gente di Al Qaeda ormai si è radicata nelle aree tribali, grazie ad un telaio di relazioni familiari e politiche con i Taliban locali che in parte data dagli anni Settanta. Al sodalizio si sono aggregate alcune bande islamiste del Punjab, in passato utilizzate dai servizi segreti pachistani nella guerra segreta in Kashmir. E la somma di tutto questo è, almeno in potenza, un movimento di massa devoto alla jihad. I suoi primi germogli sono fioriti quest´anno nello Swat, la provincia pachistana dove i Taliban e gli alleati di Al Qaeda hanno scoperto quali luminose prospettive offra la sovrapposizione tra la guerra santa e la guerra di classe. L´uccisione o l´espulsione dei proprietari terrieri, e la distribuzione ai contadini-guerriglieri delle loro proprietà, hanno fruttato ai Taliban il consenso che prima non avevano. Ma hanno svegliato la classe dirigente pachistana. Per la prima volta quest´ultima ha avvertito nei Taliban una minaccia ai propri interessi e ha mandato l´esercito a debellarli. Anche se i militari hanno messo a segno alcuni buoni colpi, quella guerra pachistana sembra solo agli inizi.
Gli inviati di Al Qaeda saranno tra i protagonisti. L´influenza che esercitano sui compagni d´armi pachistani è fondata su una ragione semplice e universale, i soldi. Maneggiano una singolare quantità di denaro. Provenienti dall´Europa e soprattutto dalla penisola arabica, quei flussi finanziari assicurano ad alcuni potentati arabi la protezione del terrorismo (perché sono così rari gli attentati negli Emirati?), ad altri la benevolenza del clero radicale, e a tutti la certezza che un buon numero di teste calde se ne resterà in Afghanistan e in Pakistan, comunque lontano dalla penisola arabica.
Ma la disponibilità a foraggiare quei guerrieri sarebbe minore se le classe dirigenti di Paesi che si definiscono islamici avvertissero i Taliban e l´Afghanistan come un problema anche loro, invece di augurarsi la sconfitta degli infedeli che hanno osato poggiare lo stivale sul suolo "musulmano". Per la "guerra al terrorismo" questo è uno scacco ben maggiore che la latitanza di Bin Laden. Ultima traccia del saudita: un bidet, rivenuto nel suo ultimo nascondiglio noto, i sotterranei di Tora Bora, montagna afghana. Forse il segno più idoneo per chiudere l´avventura di un miliardario senza qualità che non avrebbe fatto tanti danni senza le troppe inettitudini occidentali e orientali.