Giornali vari, 23 agosto 2009
Anno VI - Duecentoottantacinquesima settimanaDal 16 al 23 agosto 2009Superenalotto Ecco quello che accade in un villaggio di duemila abitanti quando uno dei paesani vince al Superenalotto 147,8 milioni di euro, poco meno di 300 miliardi delle vecchie lire: il sindaco, Gianfranco Lazzeroni, convoca la giunta «per discutere delle iniziative promozionali che prenderemo partendo proprio dalla fama che il paese sta guadagnando» e lancia poi un appello affinché il vincitore tiri fuori i soldi per «l’adeguamento del palazzo polifunzionale»; il parroco, don Marco Giuntini, parla con i giornalisti (arrivati a decine) affinché l’ignoto riccone «doni al paese un centro giovanile» e «si possa poi portare in processione San Nicola – il patrono – con tanti bambini e ragazzi al seguito»
Anno VI - Duecentoottantacinquesima settimana
Dal 16 al 23 agosto 2009
Superenalotto Ecco quello che accade in un villaggio di duemila abitanti quando uno dei paesani vince al Superenalotto 147,8 milioni di euro, poco meno di 300 miliardi delle vecchie lire: il sindaco, Gianfranco Lazzeroni, convoca la giunta «per discutere delle iniziative promozionali che prenderemo partendo proprio dalla fama che il paese sta guadagnando» e lancia poi un appello affinché il vincitore tiri fuori i soldi per «l’adeguamento del palazzo polifunzionale»; il parroco, don Marco Giuntini, parla con i giornalisti (arrivati a decine) affinché l’ignoto riccone «doni al paese un centro giovanile» e «si possa poi portare in processione San Nicola – il patrono – con tanti bambini e ragazzi al seguito». Nel paesello arrivano anche parecchi turisti: vogliono vedere il Bar Biffi, sotto l’arco medioevale, dove s’è giocata la famosa sestina 10 - 11 - 27 - 45 - 79 – 88. La vincita esatta è pari a 147.807.299, seconda nella storia dei montepremi europei e quinta nella storia del montepremi di tutto il mondo. Il paesello (forse) fortunato è Bagnone, in Lunigiana, provincia di Massa Carrara, famoso fino ad ora solo per aver avuto nella squadra di calcio il futuro allenatore Silvio Baldini e perché a metà degli anni Novanta un sindaco, disperato per l’emigrazione che l’andava spopolando, promise mezzo milione di lire alle coppie che facevano figli. Adesso è caccia al fortunato (forse) vincitore, che ha vinto con una schedina da due euro. Si segnalano anche, in arrivo a Bagnone, molte donne aspiranti al matrimonio e molti tizi pieni di idee che non hanno finora trovato finanziatori.
Afghanistan Alle elezioni presidenziali afghane hanno votato tra il 40 e il 50 per cento degli iscritti alle liste elettorali, una percentuale molto più bassa di quella del 2004, ma non così bassa da permettere ai talebani di cantar vittoria. I guerriglieri-studenti avevano insanguinato la vigilia delle elezioni con bombardamenti su Kabul e martiri-suicidi, spingendosi fino a rapinare una banca (sei morti) e annunciando con un intenso volantinaggio che a chi si fosse presentato al seggio elettorale sarebbero state tagliate le dita o il naso o le orecchie. Il boicottaggio non è riuscito grazie al coraggio di uomini e donne afgahni, ma da venerdì 21 agosto qualche spedizione punitiva è stata effettivamente compiuta, specialmente al sud e in particolare nella provincia di Kandahar. In Afghanistan si vota intingendo il dito nell’inchiostro e imprimendo poi un segno sulla scheda. E l’inchiostro sul dito resta poi visibile per molti giorni. Il nome del nuovo capo dello Stato si saprà solo ai primi di settembre, ma i due favoriti – il presidente uscente Karzai e il suo avversario più accreditato, Abdullah Abdullah – gridano fin da ora di aver vinto. Abdullah sostiene che vi sono stati migliaia di brogli elettorali, denuncia confermata dalle cronache della vigilia, in cui giornalisti e osservatori neutrali hanno parlato di blocchi di tessere elettorali (per far votare più volte la stessa persona) o di pacchi di schede già votate e acquistate a peso, oppure di capifamiglia che hanno preteso e ottenuto di votare anche per le loro donne tenute segregate in casa. Una propaganda troppo martellante in questo senso, però, potrebbe sfociare in una guerra civile. Oppure dar forza agli americani che vorrebbero affiancare Abdullah a Karzai, di cui non sono troppo contenti, nella guida del Paese.
Migranti Giovedì 20 agosto una motovedetta della Guardia di Finanza ha raccolto a 12 miglia da Lampedusa cinque eritrei sfiniti da una traversata in gommone cominciata in Libia e durata 23 giorni. I cinque (quattro uomini e una donna) hanno raccontato di aver gettato in mare i cadaveri di 73 loro compagni e di non aver ricevuto soccorso da nessuna delle numerose imbarcazioni che li avevano avvistati, a parte un peschereccio che s’era limitato a rifornirli di acqua e di un po’ di cibo. Il governo di Malta ha fatto sapere di averli accostati il giorno 19: ma – ha spiegato – «i migranti erano in buona salute e desiderosi di proseguire per l’Italia». Molte polemiche. Primo: il racconto degli eritrei è credibile? Dopo il loro salvataggio a Lampedusa sono stati scoperti nove cadaveri, otto in acque libiche e uno vicino all’isola di Linosa, tutti in avanzato stato di decomposizione. Secondo: la versione ufficiale fornita da Malta sta in piedi? Il giorno 20 i cinque erano in condizioni drammatiche, tali da escludere che il giorno 19 (ventiquattr’ore prima) stessero «bene di spirito e di salute». Malta, che respinge sempre tutti e indirizza regolarmente i flussi verso Lampedusa, deve controllare una porzione di Mediterraneo grande come quella italiana e trattative avviate dal nostro ministero degli Esteri per indurli a una cessione delle loro acque non hanno portato a nessun risultato: i maltesi usano la vastità del loro tratto di mare per chiedere soldi all’Unione europea. Ci sono infini gli attacchi al governo, e in particolare alla Lega, dell’opposizione e soprattutto della Chiesa, nemici giurati dei respingimenti e della mano dura contro i clandestini. Esponenti della gerarchia cattolica hanno paragonato le tragedie del Canale di Sicilia alla Shoah, mettendo sullo stesso piano ministri leghisti e capi nazisti. Bossi ha risposto che si tratta di parole «con poco senso». S’è poi anche scoperto che la legislazione vaticana prevede per gli immigrati clandestini un anno di carcere o un’ammenda « fino a 180 mila lire» (norma in vigore dal 1929). I numeri dànno comunque ragione a Maroni: dal 1° gennaio al 19 agosto sono arrivate sulle coste italiane 7.567 persone e l’anno scorso erano state 17.585; dal 1° gennaio al 19 agosto sono arrivati a Lampedusa sui famigerati barconi 2.548 migranti e l’anno scorso erano stati 14.905.
Nanda morta Fernanda Pivano, 92 anni, la donna che ha fatto conoscere agli italiani la letteratura moderna americana, prima traduttrice dell’Antologia di Spoon River, amica intima, tra gli altri, di Hemingway, Kerouac, Ginsberg. Pavese, che le fu professore al D’Azeglio di Torino, se ne era vanamente innamorato. Aveva sposato invece l’architetto-designer Ettore Sottsass, da cui era poi stata lasciata con sua grandissima infelicità.
Bolt Ai mondiali di atletica conclusisi a Berlino, il giamaicano Usain Bolt, 23 anni e un metro e 96 d’altezza, ha vinto i cento metri in 9”58 e i duecento in 19”19, record mondiale in tutti e due i casi, avversari disintegrati e limiti umani – secondo i canoni fissati in anticipo dagli scienziati – infranti. C’è tuttavia un altro punto: la Giamaica, con due milioni e mezzo di abitanti, ha vinto ben sette medaglie d’oro. Solo gli Stati Uniti, 360 milioni d’abitanti, hanno fatto meglio con dieci. Come mai? La spiegazione è interessante: i mercanti di schiavi del Settecento, venendo dall’Africa, toccavano la Giamaica per prima e i proprietari del posto avevano quindi la possibilità di scegliersi gli esemplari umani migliori. I neri sono ricchi di miocinasi, un principio attivo produttore di energia super, di cui i bianchi sono molto meno dotati. L’incrocio fra neri e caraibici ha prodotto fibre particolarmente pregiate, specialmente per la corsa. Questi dati di fondo sono stati esaltati dal fatto che in Giamaica l’atletica è lo sport nazionale, supportato dai molti soldi degli sponsor, definitivamente convinti della bontà del bacino. Nella storia dell’atletica, i nomi dei campioni giamaicani sono infati molti. Per esempio: Arthur Wint, Don Quarrie, Grace Jackson, Merlen Ottey. E, in questi mondiali, anche Jessica Ennis (britannica) e Sanya Richard (americana) hanno il padre giamaicano. Le medaglie dell’isola, geneticamente parlando, sarebbero perciò nove e la partita con gli Usa sarebbe in realtà finita in pareggio.