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 2009  agosto 16 Domenica calendario

Anno VI - Duecentoottantaquattresima settimanaDal 10 al 16 agosto 2009Abdullah L’Afghanistan va al voto questa settimana, giovedì 20 agosto: si tratta di scegliere il nuovo presidente della Repubblica

Anno VI - Duecentoottantaquattresima settimana
Dal 10 al 16 agosto 2009

Abdullah L’Afghanistan va al voto questa settimana, giovedì 20 agosto: si tratta di scegliere il nuovo presidente della Repubblica. Corrono in parecchi, ma la lotta sembra ristretta a due candidati: il presidente uscente, Hamid Karzai, sostenuto finora dagli americani. E Abdullah Abdullah, padre pashtun e madre tagika, 49 anni, moderato e grande accusatore della corruzione del Paese. « a causa della corruzione che Karzai sta perdendo la guerra con i talebani. La corruzione ha infettato i capi dei ministeri, i commissari, i giudici e i magistrati». Abdullah, il cui consenso è in crescita, promette naturalmente di bonificare tutto il Paese, di isolare il vertice di al Qaeda e il capo terrorista Omar, prega che gli italiani e gli altri soldati restino fino a che la guerra non sarà vittoriosamente conclusa, giura che, quando sarà eletto, per questo solo fatto la data del rientro dei ragazzi di mezzo mondo che stanno lì a combattere si avvicinerà.

Karzai assai più probabile, tuttavia, che alla fine risulti eletto proprio Karzai, l’uomo che come presidente regge il Paese dal 2004 e che gli italiani hanno conosciuto soprattutto durante il doloroso sequestro di Daniele Mastrogiacomo: Karzai accettò, per salvare la vita del giornalista di Repubblica, di lasciar liberi cinque talebani, quattro dei quali vennero poi ammazzati in combattimento o in agguati nel giro di poche settimane. Tre mesi fa, per conquistare il voto dell’elettorato sciita, Karzai aveva proposto un disegno di legge in cui ai mariti sciiti del Paese (e solo a loro) era concesso di stuprare la moglie nel caso la moglie si fosse rifiutata di far l’amore. Indignazione mondiale, tanto più che Karzai ha sempre fatto in qualche modo l’«americano», e alla fine di un iter parlamentare del quale si vorrebbero conoscere meglio i dettagli, ecco la nuova legge: il marito sciita a cui la moglie si rifiuta non ha più il diritto di stuprarla, ma potrà invece lasciarla morir di fame. In altri termini gli sarà concesso di non nutrirla, fino a che lei non si persuaderà a cedere. Per apprezzare in pieno la norma, bisogna sapere che le mogli afgane non possono divorziare e non possono neanche tornare a casa dei parenti senza il permesso del marito. La legge prevede anche che in caso di divorzio (preteso da lui) i figli di più di 9 anni siano affidati ai parenti maschi più prossimi (quindi non a lei) e che lo stupro sia sì sanzionabile, ma solo con un risarcimento in denaro commisurato allo status sociale della famiglia di lei: molti soldi se la famiglia di lei è ricca, pochi se è povera. Soldi da versare sempre alla componente maschile del parentado della moglie, naturalmente. Gli sciiti, che forse a questo punto faranno effettivamente vincere Karzai, sono naturalmente in stretto contatto con Teheran e parlano al loro popolo – pari a un quinto della popolazione afgana - dall’università sciita di Kabul guidata dall’ayatollah Asif Mohseni, un enorme complesso marmoreo costruito con i soldi dell’Iran. Il vice di Mohsen, il deputato Abdul Latif Sajjadi, interrogato sulla legge che consente ai mariti di lasciar morire di fame le mogli restie, ha risposto: «Ero nella commissione del riesame e mi sono opposto agli emendamenti. una vergogna che, sotto l’influenza straniera, l’età del matrimonio sia stata alzata a 16 anni per le ragazze e a 18 per i ragazzi. contro l’Islam. Quanto al ”ricatto cibo per sesso”, non ci vedo niente di strano: i mariti per il Corano hanno l’obbligo di sfamare, vestire e proteggere le mogli. In cambio esse devono obbedire. Il letto non ha alcuna extraterritorialità».

Obama La rielezioni di Karzai potrebbe dunque avere questo strano risultato: di mettere alla testa del Paese un uomo sostenuto allo stesso tempo da Washington e da Teheran. Le ultime notizie sull’offensiva ”Colpo di Spada”, cominciata il 2 luglio nell’Helmand e con la quale gli americani si propongono di cacciare i talebani dai villaggi e di stringere alleanze con i capi-tribù, non sono confortanti. Partita l’offensiva, i talebani sono stati per qualche giorno a guardare, poi hanno rapito un soldato americano (è ancora nelle loro mani), poi hanno piazzato ovunque bombe Ied (gli unici blindati in grado di resistere alle Ied sono i Mrap, il ministro dellas Difesa Robert Gates ne ha ordinati 5.200 al prezzo di un milione di dollari l’uno), infine hanno scatenato una controffensiva assai violenta su Kabul. Obama, a questo punto, avrebbe ripiegato su un obiettivo più limitato: far eleggere il nuovo presidente, affidare sempre di più il controllo del Paese alle stesse milizie afgane, prepararsi in qualche modo a un ritiro onorevole. In questo momento, i sondaggi dicono ancora che la maggioranza degli americani è favorevole alla continuazione della guerra.

Bossi Il grande attivismo di Bossi – che vuole di nuovo il dialetto a scuola, il Va’ Pensiero come inno nazionale, la sostituzione del tricolore con le bandiere regionali – va inquadrato nella lunga corsa che a partire da settembre dovrà portare il Paese al voto delle regionali. Il capo leghista vuole uomini suoi alla presidenza di Lombardia e Veneto e punta ad estendere territorialmente il suo consenso: il Carroccio si presenterà anche nel Lazio, dove conta di prendere il 3 per cento. Gli strilli leghisti servono anche a ottenere qualche vantaggio nello scontro con l’ala meridionale del centro-destra, con la quale sarà molto difficile arrivare a una mediazione. E infine vogliono tener lontano lo spauracchio di un’alleanza Berlusconi-Casini, che ne indebolirebbe il potere d’interdizione e di condizionamento. In un’intervista alla Stampa, Denis Verdini, uno dei tre coordinatori del PdL, ha affermato che alleandosi con l’Udc il centro-destra rischia di vincere non solo nelle sette Regioni che già governa, ma anche in Piemonte Liguria Lazio Campania Puglia Calabria. La sinistra, avendo contro Casini, potrebbe trovarsi in difficoltà persino in Umbria e nelle Marche.

Ubs Tra gli effetti della crisi c’è anche questo: che gli Stati dànno la caccia con maggior vigore agli evasori fiscali. Gli svizzeri di Ubs (Unione delle Banche Svizzere) dovranno consegnare agli uomini di Obama una lista con 8-10 mila nomi di clienti americani che hanno portato i loro soldi all’estero sperando che il fisco non se ne accorgesse. I correntisti in totale sono 52 mila, per un’attività pari a quasi 15 miliardi di dollari. Ubs aveva già pagato, lo scorso febbraio, 780 milioni di dollari di multa e aveva consegnato, sperando che bastasse, 250 nomi. L’accordo non mina ancora il famoso segreto bancario svizzero: sarà il governo di Berna e non l’Ubs a consegnare agli americani la lista dei «sospetti colpevoli di frode». La Confederazione custodisce da sola un terzo della ricchezza clandestina delle famiglie più facoltose del pianeta. Qualcosa come 11 mila miliardi di dollari, quasi sei volte il Pil italiano di un anno. Secondo l’Ocse il valore dei fondi off-shore della sola Ubs starebbe tra i 5 e i 7 mila miliardi di dollari.

Agnelli Si muovono, per stanare gli evasori, anche gli inglesi: hanno stretto un accordo con il Liechtenstein per ottenere informazioni sui titolari britannici di conti presso le banche del principato. E gli italiani: il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha fatto sapere che 170 mila italiani sono indagati perché sospettati di detenere illegalmente soldi all’estero. Tra questi c’è anche il defunto Gianni Agnelli: uno dei risultati ottenuti dalla figlia Margherita nella sua causa contro la madre e contro i tre gestori del patrimonio dell’Avvocato è stato quello di allertare il fisco, il quale a questo punto vuole sapere se effettivamente Agnelli abbia occultato o no all’estero pacchetti azionari, quadri, immobili eccetera per un valore presunto di un paio di miliardi di euro. Marella e Margherita rischiano di pagare una sanzione superiore al patrimonio eventualmente recuperato.