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 2009  settembre 10 Giovedì calendario

NUMERO CHIUSO FALSATO DALLE SCARSE RISORSE

Il numero chiuso non sempre fa bene alla programmazione. Il segnale più evidente è l’allarme che negli ultimi tempi stanno lanciando proprio gli Ordini e i sindacati dei medici: se il tetto alle iscrizioni a medicina è stato inserito per far fronte alla "pletora" degli anni ’80 che ha creato migliaia di sottoccupati, tra qualche anno scatterà l’effetto-paradosso e ci sarà carenza di camici bianchi, poiché l’età media di quelli oggi in servizio diventa sempre più alta. Nel 2025 i medici dovrebbero calare di oltre 85mila unità rispetto al numero attuale. E l’Italia rischia così, in analogia con altri paesi come Inghilterra e Spagna, di dover importare camici bianchi dal’estero.
Un fenomeno confermato anche nel Rapporto Ocse 2009: l’Italia è sempre nella top ten mondiale per numero di medici, ma ha perso il primato e ora è dietro Grecia, Belgio, Olanda, Norvegia, Svizzera e Austria e alla pari di Islanda e Spagna dove la carenza fa già i suoi danni. Anche l’Ocse dà la colpa al numero chiuso: il calo è cominciato in modo netto dal 2003 e se nel 1990 si contavano 10.439 laureati in medicina, nel 2007 sono scesi a 6.816.
Ogni anno va in pensione il 5-8% dei medici in servizio ma – spiega il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri Amedeo Bianco – il blocco delle assunzioni per il contenimento della spesa sanitaria consente di coprire il 2-3% dei posti.
Sulla programmazione una situazione analoga la stanno vivendo le professioni sanitarie. Infermieri in testa, i più numerosi tra gli operatori del comparto sanitario «L’offerta degli ultimi tre anni - spiega Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie - si è stabilizzata attorno a 14mila-15mila posti, mentre la richiesta delle Regioni e della Federazione infermieri è di circa 20mila».
Le scarse risorse di atenei e servizio sanitario – aggiunge Mastrillo commentando il dato – è un muro invalicabile. Gli infermieri che arrivano dall’estero sono ormai il 30% di quelli in servizio.