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 2009  settembre 09 Mercoledì calendario

COSI’ TRUCCANO IL PREZZO DELLA PASTA


I pastai fanno cartello e manovrano il prezzo di spaghetti, fusilli penne e orecchiette. Non lo diciamo noi, lo sostiene l’Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha comminato multe salate ai produttori dell’alimento nazionale. Grandi e piccoli. L’istruttoria che ha (...)

(...) condotto l’Antitrust a individuare «una strategia uniforme di reazione all’aumento del prezzo della materia prima» da parte di tutte le società del settore, risale al 2007. A far scattare gli accertamenti una segnalazione inviata al Garante Antonio Catricalà dalla Federconsumatori Puglia. L’esposto parlava senza mezzi termini di un «accordo tra produttori di pasta pugliesi», con un aumento programmato dei prezzi pari a circa il 25% del prezzo praticato. A sostegno della propria segnalazione, l’associazione allegava un articolo uscito sul Corriere del Mezzogiorno del 20 luglio 2007, che riferiva di un incontro avvenuto a Roma due giorni prima tra un ampio numero di imprese aderenti all’Unipi-Unione industriali pastai. Dal vertice sarebbe emersa la decisione di aumentare il prezzo della pasta dal settembre successivo. Una decisione concordata fra tutti i produttori. E proprio questo accordo ha messo in moto gli accertamenti dell’Antitrust e le successive sanzioni.
Quel maledetto 2008

D’altra parte a confermare che nel 2008 sia successo qualcosa di grosso che ha coinvolto l’intero settore è stato proprio ieri Guido Barilla, presidente dell’omonimo gruppo, in un’intervista a La Stampa. «Il nostro settore è abbastanza al riparo da fluttuazioni», ha spiegato rispondendo a una domanda di Teodoro Chiarelli, «ma veniamo da un 2008 che è stato estremamente turbolento perché l’aumento delle materie prime aveva dato una scossa a tutti i nostri settori. Abbiamo dovuto aumentare i prezzi e non lo facevamo da 10 anni». Proprio l’operazione finita sotto la lente di Catricalà... «Fortunatamente la gente ha compreso le tematiche legate all’aumento delle materie prime e ha riconosciuto nel prodotto di qualità un’offerta stabile, sicura e affidabile per l’alimentazione della famiglia». Daltra parte, non lo sosteniamo noi ma il Garante della concorrenza, i consumatori non avevano alternativa, visto che gli aumenti erano stati concordati.

A indurre i produttori a scegliere la strada dell’accordo in barba alle più elementari regole della concorrenza il forte aumento della materia prima, il grano, che nel 2007 era aumentato del 50% rispetto all’anno precedente. Di conseguenza era cresciuto anche il prezzo all’ingrosso della semola di grano duro, passato da 24 a 35 centesimi al chilo. I pastai, arrivarono a quantificare anche l’aumento dei prezzi al consumo, necessario per coprire l’aumento dei costi: dodici centesimi di euro al chilo, equivalenti a circa 6 cent alla confezione. Interessanti i virgolettati ripresi negli atti dell’Authority che riportano le dichiarazioni dei partecipanti. Colussi per esempio afferma: «Attenzione listini tutti insieme e soprattutto il leader [Barilla], deve muovere il mercato per

primo e incisivo... le aziende più importanti devono tracciare la strada, anche per il peso di quota che i primi sul mercato hanno e possono far valere». Anche Divella aderisce esplicitamente all’intesa: «Da luglio preannunciato un aumento di 6 centesimi, a partire da ottobre la effettiva attuazione».

In una ulteriore riunione svoltasi il 26 novembre 2006 presso la sede dell’Unipi alcuni associati si spingono ben oltre. Ecco i virgolettati come compaiono nel verbale redatto dall’Authority.

Barilla: «Aumento in Italia (…)». Amato: ”Aumento del listino da gennaio, 5%, ma alcune insegne hanno rifiutato 0,06 cent al chilo». Divella: «6 cent al chiloilo. Attenzione ai contratti per cui è necessario ridurre premio promo. Far rialzare anche i prezzi delle marche private». Zara: «(…) Ghelfi [ndr: rappresentante di Barilla] gli ha parlato di ”cartello”. Risposta in separata sede». Colussi: «Aumento 7%. Bisogna essere tutti insieme incisivi nei confronti del trade». Riscossa: «8 cent in Italia (…)». Garofalo: «L’aumento del 1° dicembre è slittato al 1° gennaio... 8 cent kilo».

Altra riunione, sempre all’Unipi, il 18 luglio 2007. Questa volta però partecipano quasi tutti i pastai: 26 società rappresentate a vario titolo da manager o dirigenti. L’Antitrust è riuscita a ricostruire le dichiarazioni dei partecipanti perché «lo svolgimento complessivo della riunione è descritto sinteticamente dalla minuta redatta a mano dal rappresentate della Granoro, nonché da una minuta stesa a mano di fonte Unipi. Inoltre, l’oggetto della riunione è descritto in un rapporto interno della società De Cecco, datato 19 luglio 2007, redatto dalpartecipante all’incontro».
Gli stessi aumenti per tutti

Il rappresentate della Zara dichiara: «Il problema è che tutti i pastifici dicano alla Gdo lo stesso grado di aumento, chiaramente ognuno sulla propria base di partenza». Il rappresentate della Divella concorda: «Dobbiamo comunicare tutti uniti 20 cent di aumento, senza allarmismi per i consumatori».

Il rappresentate della Delverde rafforza il concetto e, riferendosi alle difficoltà riscontrate nel far accettare gli aumenti alla grande distribuzione, afferma: «Linea comune sui prezzi ma anche sui contratti. Due fenomeni patologici! L’anno scorso con il rialzo di listino innalzamento contrib. inserimento in cui un concorrente ha offerto il doppio di quanto loro avevano concordato. (…) Se non si fa oggi quello che ho detto io, cioè uscire con una linea comune, dura, e una data precisa, non si ottiene nulla». In sostanza, il rappresentante della Delverde chiede che si raggiunga una linea unica non solo sui prezzi di listino ma anche sulla scontistica (’sui contratti”) praticata alla grande distribuzione, che rischiava di annullare l’effetto netto degli aumenti di prezzo, lamentando che l’anno precedente l’aumento del listino aveva provocato un aumento dello sconto chiesto dalla Gdo (il ”contributo di inserimento”) e che, ciononostante, un concorrente della Delverde aveva accettato uno sconto alla Gdo ancora maggiore di quello pattuito dalla stessa Delverde, evidentemente spiazzando quest’ultima.
L’intesa è raggiunta

Il rappresentante di Garofalo afferma: «Ok aumenti 15%». Mario Rummo, dell’impresa omonima e presidente dell’Unipi, quantifica l’aumento da praticarsi: «Dall’1/8 aumentano 20 cents». Anche Barilla si sbilancia. Sempre nello stenografico redatto dalla De Cecco come rapporto interno si legge: «Capitolo a parte e meritevole di maggiore attenzione è stato il duplice intervento di Nicola Ghelfi (direzione generale Barilla); (...) Nel 2° intervento (lunghissimo ed avvenuto dopo che tutte le aziende avevano fatto le loro dichiarazioni e dopo una lunga assenza dello stesso Ghelfi dalla riunione), è stato "eccezionalmente" parco di informazioni e dettagli (evidentemente aveva avuto le rassicurazioni che cercava) ed ha dichiarato: 1) che erano in partenza i fax per tutte le Centrali di acquisto dove si comunicava un aumento di 0,12 euro/kg sulla Barilla base (…); sulla data di applicazione ha dichiarato che sarebbe entrato in vigore ”entro l’anno”. 2) ha informato i presenti che l’aumento in questione è ritenuto assolutamente insoddisfacente, ma dal loro punto di vista è il minimo che le marche private [quelle della Gdo, ndr] saranno costrette ad aumentare pur rinunciando a non pochi margini, lasciando invariato il differenziale con il posizionamento Barilla (sulla linea base andranno da 0,58 a 0,64 euro al pacco)».

Tutto bene? Tutto concordato? Si, ma c’è un fattore che potrebbe obbligare i pastai a rivedere le loro politiche commerciali: la risposta delle grandi catene della distribuzione. Ancora una volta è illuminante il rapporto interno della De Cecco, cui l’Authority attinge a piene mani per spiegare le dinamiche anticoncorrenziali. «Se è vero che con le dichiarazioni almeno verbali da parte di tutti è stato [deciso] di procedere ad aumenti di almeno 0,20 euro/kg, l’atteggiamento guardingo di Barilla è dovuto ”anche” alla scarsa fiducia che nutre nei confronti di chi produce marche private e Divella (vera scheggia impazzita); il fatto che abbia portato all’attenzione di tutti, dei volantini nazionali dove c’era una promo sulla Coop con il marchio privato a 0,46 al kg (produttore: Rummo) ed una promo su Auchan con Divella a 0,45 al kg, dimostra che ha il timore che soprattutto in promozione i prezzi non siano riposizionati». Insomma l’accordo fra le industrie c’è. Ora si tratta di non cedere alle richieste delle catene della distribuzione che vogliono proseguire con la politica degli sconti sulle paste vendute col proprio marchio ma prodotte da alcuni pastai. In questo caso Rummo e Divella.
Anche la Gdo aumenta

Comunque il numero uno del settore puo considerarsi soddisfatto per l’esito di quella seconda riunione. Lo dimostra - secono l’Antitrust - un messaggio inviato la sera della riunione dal rappresentante della Barilla all’amministratore delegato della società: «Niente di diverso dalle aspettative. PL producers [ndr: i produttori di private label] compatti e solidali nell’aumento di +12/+15 cent/kg. De Cecco impegnato a realizzare +16. Garofalo a +12. Divella, Amato riducono promo e aspettano noi per decidere l’aumento. Amato ci seguirà. Divella non si è espresso (ma mi ha detto perché non riduciamo i prezzi insieme al Sud …). Granoro ed i Russo allo sbando. Agnesi [ndr: Colussi] aveva pronto fax con +16. (…)».

E le due riunioni all’Unipi furono solo l’inizio. Nelle settimane che precedettero e seguirono il vertice arrivarono segnali inequivocabili sull’accordo tra produttori: dichiarazioni alle agenzie di stampa, comunicati diffusi via Internet, interviste. Tutti elementi che hanno indotto l’Authority a ritenere che «all’interno di Unipi, le principali imprese produttrici di pasta si fossero scambiate informazioni ed opinioni», si legge nel provvedimento dell’Antitrust, «in merito al consistente aumento dei costi della materia prima, concordando sulla necessità di incrementare il prezzo finale di vendita di una percentuale pari a circa il 20%». Un comportamento tale da azzerare se non addirittura annullare, la concorrenza fra le diverse imprese. «Molti degli articoli esaminati», chiarisce in merito il provvedimento, «riportavano infatti dichiarazioni del presidente dell’associazione di categoria, Mario Rummo che avrebbe, in particolare, affermato testualmente: ”C’è bisogno di un ritocco dei listini del 20%, riscontrabile sugli scaffali di vendita da settembre”».

In un altra occasione l’Unipi aveva confermato all’agenzia Ansa l’arrivo di «aumenti concordati (il virgolettato è parte del documento dell’Antitrust, ndr.) in ambito Unipi. Aumenti compresi fra 12 e 14 centesimi». A confermare l’esistenza dell’accordo un’altra nota diffusa sempre dall’associazione aderente a Confindustria utile a chiarire la sequenza temporale dei ritocchi ai prezzi, in quella calda estate di due anni or sono: «Parte di questi aumenti sono già stati applicati, i restanti aumenti saranno graduali per arrivare a un aumento finale di 12-14 centesimi».

A confermare l’esistenza del cartello - oltre alle dichiarazioni e agli stenografici acquisiti da Catricalà -sarebbero dunque gli stessi pastai che con dichiarazioni e informative alla stampa avrebbero esplicitato l’esistenza dell’accordo raggiunto fra tutte le imprese del settore. Dichiarazioni analoghe erano state rilasciate dai vertici del settore pasta di Unionalimentari, aderente alla Confapi: «L’incremento da noi auspicato è di 0,16 euro/kg e corrisponde alla differenza tra il prezzo odierno della semola (0,40 euro/kg) e il prezzo medio dell’anno 2006 (0,24 euro/kg). A fronte dell’aumento da noi richiesto», proseguiva la nota, «i consumatori acquisteranno mezzo chilo di pasta di semola a 0,80 euro anziché a 0,70 (+14,28% d’incremento), mentre un pacco di tagliatelle all’uovo da 250 grammi costerà 95 centesimi anziché 90, con un incremento del 5,55%».

Oltra a fissare l’entità dell’aumento in percentuale gli accordi raggiunti in seno alle associazioni lo hanno quantificato pure in cifra assoluta. In centesimi di euro. Un passaggio decisivo, quest’ultimo: un conto è valutare l’impatto dei rincari a livello di materia prima sul prodotto finale in percentuale. Altro è calcolarli addirittura sul prezzo finale al consumo della pasta.
Violato il Trattato europeo

A scanso di equivoci chiariamo un aspetto non trascurabile dell’intera vicenda. Catricalà ha aperto l’indagine per una presunta violazione dell’articolo 81 del trattato istitutivo della Comunità europea che vieta esplicitamente gli accordi tra imprese che causano una restrizione sensibile della concorrenza. Fra gli esempi di intese che alterano la competizione, come chiarisce il sito della Commissione europea c’è proprio «la fissazione di prezzi di acquisto o di vendita o di altre condizioni commerciali».

Il 4 novembre 2008 da Piazza Giuseppe Verdi parte la comunicazione con le risultanze istruttorie. I plichi sono parecchi, in tutto 29 e partono alla volta delle due associazioni di categoria e a 27 delle 30 imprese indagate. L’accusa formulata nel documento è precisa e circostanziata: «violazione delle regole di concorrenza», con un’alterazione del mercato consistente «nell’aver posto in essere almeno dalla fine del 2006 due intese restrittive della concorrenza, nel mercato nazionale della pasta secca di semola, volte a coordinare l’aumento dei prezzi».
Le multe

Alla fine del procedimento vengono irrogate dall’Antitrust multe salate. Da quel che ci risulta le maggiori mai inflitte a società di questo comparto agroalimentare. La più alta è quella inflitta alla Barilla, oltre 5 milioni e 729mila euro. Seguono quella data alla De Cecco (1.398.804 euro) e alla Divella (1.260.972 euro). Di poco inferiore al mezzo milione le sanzioni attribuite a Rummo, e Garofalo, pesante anche quella presa da Colussi (748mila euro).

A rendere ancora più delicati gli equilibri nel mercato della pasta è il ruolo svolto dalla grande distribuzione organizzata che, come risulta dall’indagine, esercita anche nel settore delle paste dure un enorme potere contrattuale. Capace di interferire addirittura negli accordi fra i pastai. Ma questa è un’altra storia che approfondiremo nei prossimi giorni.