Maurizio Belpietro, Libero 9/9/2009, 9 settembre 2009
«NON FACCIO IL SENATORE, SI GUADAGNA POCO»
Allora Mike: cominciamo con Montanelli, visto che io dirigo il giornale (all’epoca Belpietro era alla guida de ”Il Giornale”, ndr) da lui fondato. vero che lei lo conobbe a San Vittore?
«Sì, lo conobbi lì. Feci i primi 64 giorni di reclusione chiuso in isolamento: non avevo la possibilità di vedere nessuno e mi portavano un mestolo di minestra al giorno. Trascorsi questi 64 giorni, mi misero in compagnia di un altro e avevo la possibilità di andare in giro per il carcere, facendo le pulizie».
Ma è vero che gli preparava anche il rancio?
«No, assolutamente. Anzi, le racconto un aneddoto. Mia madre era reclusa a San Vittore, come me. Ogni tanto, di nascosto, girando per il carcere la andavo a trovare di nascosto e, per farlo, dovevo passare dall’infermeria, dove c’era Indro Montanelli. Ed è così che siamo diventati amici. Lui era, in un certo senso, fortunato perché gli davano da mangiare del pane bianco e qualche fettina di carne e quando passavo di lì mi dava anche qualche pezzettino del suo pane».
Cambiamo argomento. Le sue gaffe: erano studiate a tavolino?
«In oltre cinquant’anni di carriera non ho mai avuto un pezzo di carta scritto. Al massimo mi faccio degli appunti per le cose importanti che devo dire ma poi vado all’arrembaggio. In più ho sviluppato una tecnica particolare per cui, mentre parlo, sto già pensando a quello che dovrò dire dopo. come se avessi due cervelli che camminano in parallelo per cui succede che, a un certo punto, non mi rendo conto, con il secondo cervello, che con il primo sto dicendo delle gran cavolate».
E il secondo cervello che cosa sta pensando in questo momento?
«Quello che voglio dire fra poco, perché vorrei parlare un po’ della nostra televisione».
Allora le dico io una cosa. Lei avrebbe insegnato a un milione e 400mila persone a parlare l’italiano: lo dice l’Accademia della Crusca, quindi i massimi cultori della nostra lingua. Ma non la voglio glorificare per questo. Volevo sapere: secondo lei la televisione oggi che cosa insegna?
«Spiace dirlo ma la televisione oggi insegna poco e, soprattutto, insegna molte cose brutte. Ormai non si ha più il senso delle proporzioni. Basti pensare ai quiz che distribuiscono tali e tanti soldi… si figuri che io, nella mia trasmissione, Il Migliore, arrivo ad erogare un premio massimo di 10mila euro ma, se cambio canale, vedo trasmissioni che ne danno 200-300mila».
Secondo lei è scandaloso che si diano così tanti soldi?
«Non si possono dare tutti quei soldi, assolutamente. Magari un premio del genere lo si vince semplicemente aprendo un pacco. E poi quello che io trovo scandaloso è che ormai non c’è più moralità: parolacce, doppisensi…».
Mi perdoni, ma non è il solito discorso un po’ troppo moralista? In fondo la tv è lo specchio della società.
«Io ho un figlio che ha appena compiuto 17 anni e quando guarda la televisione assorbe molto. Il rischio è che questi ragazzi e ragazze arrivino a considerare quel linguaggio come un fatto normale».
Che cosa non le va a genio, in particolare, della televisione? I reality? I pacchi?
«I reality all’inizio mi piacevano perché erano una grande novità».
Lo guardava il Grande Fratello?
«Lo guardavo anche perché vedevo questi concorrenti che erano genuini. Adesso sono diventati degli attori: sanno dov’è la telecamera, la vanno a cercare. E per rimanere il più possibile nella trasmissione si inventano di tutto. Non è più il reality di una volta e io sono un po’ contrario».
Cosa inventerebbe di nuovo?
«Quello sul West, per esempio, era un reality che a me interessava, perché io conosco molto bene il western. Oltre al fatto che rappresentava veramente una novità. Però aveva ascolti bassi e lo hanno sospeso».
Cosa l’ha spinta a lasciare la Rai e come ha fatto Berlusconi a convincerla a mollare la Rai per andare in una piccola televisione?
«Innanzitutto deve sapere che io ho iniziato a lavorare in questo mondo negli Stati Uniti dove, in dieci anni, ho imparato tutto sulla radio e sulla televisione, che era ancora agli inizi. Ho imparato, soprattutto, il linguaggio della pubblicità che per me era diventato pane quotidiano perché già allora, in America, tutte le trasmissioni erano sponsorizzate. Avevo gli spaghetti, avevo tutta una serie di prodotti che ancora oggi ci sono in Italia. Arrivato in Italia, dove c’era solo la Rai e dove non si poteva parlare e fare pubblicità, mi sono trovato un po’ spaesato. Un giorno ricevo una telefonata da un signore. ”Pronto, chi è?” dissi. E dall’altra parte del telefono ”Sono Silvio Berlusconi”. Naturalmente mi domandai chi fosse questo Silvio Berlusconi. E lui: ”Guardi, io sono uno che vorrebbe fare la televisione commerciale. Siccome so che lei è stato in America, forse potrebbe darmi una mano”. Gli dissi, naturalmente, che ero disposto. E fra me pensavo: finalmente qualcuno ci ha pensato».
Quindi non l’ha preso per un pazzo.
«No, no, anzi. Siccome non sapevo chi fosse Silvio Berlusconi, perché lui era agli inizi, mi informai in giro. Mi dissero che era un costruttore. Fu così che una sera fissammo un appuntamento per cena in un ristorante a Milano. Giuro che, dopo un quarto d’ora, fra me e me dicevo: quest’uomo ha un linguaggio tale ed è così capace a convincerti delle sue teorie che ti obbliga a fare quello che lui vuole. Quest’uomo potrebbe diventare Presidente. E vidi lungo, perché in effetti sarebbe divenuto Presidente del Consiglio».
La conquistò subito.
«Mi conquistò subito. Però io lavoravo in Rai ed era un lavoro sicuro. Allora gli dissi: senta (del ”lei”, perché solo in un secondo momento abbiamo cominciato a darci del ”tu”), vediamo un momento, quando siamo veramente sicuri, io sono pronto. Quando questo momento venne, Berlusconi mi ricontattò e mi disse: ”Allora Mike, noi siamo pronti”. Era il 1977 e per tre anni, pensate, io e lui abbiamo lavorato in segreto, preparando tutto: nessuno ne sapeva niente. Quando fu il momento, mi disse: ”Senti, adesso dobbiamo scoprirci e fare la televisione come la intendi tu e come la voglio io”. Gli risposi: ”Va bene, però io faccio un salto nel buio. Quanto mi dài?”. Allora lui, che aveva sempre con sé un block notes, inizia a fare un po’ di calcoli. Premetto che la Rai, all’epoca pagava pochissimo».
Be’, essendo monopolista non si poteva andare da nessun’altra parte.
«Certamente, ma io avevo una trasmissione che faceva 24-25 milioni di ascoltatori a puntata. Il mio cachet era di 600-700mila lire a puntata e facevo sì e no venti puntate in un anno. Non ero l’unico, anche i miei colleghi erano nella stessa situazione. Quindi guadagnavamo poco, nonostante l’enorme popolarità. Quella sera al ristorante, mentre Berlusconi faceva i conti, pensavo: boh, magari mi darà il doppio. Alla fine di tutti questi calcoli mi guarda e mi dice: ”Ti bastano 600 milioni?”. Al che io lo guardo e, abituato ai compensi Rai, gli rispondo ”Seicento milioni? Ma per quanti anni?”. E lui ”No, per un anno”. ”Ma come? Seicento milioni per un anno? Non è possibile”. ”Sì, perché arriverà la pubblicità e tu e tutti gli altri che verranno a lavorare con noi prenderanno quegli stipendi”. E, infatti, ci fu poi l’esodo dalla Rai».
Cosa le dissero i colleghi della Rai quando venne via da corso Sempione? Pensavano fosse un pazzo?
«I dirigenti, quando andai a comunicare le mie dimissioni, mi dissero ”Ma come, tu vai con quel palazzinaro”. Me lo ricordo ancora, perché Berlusconi, in quel periodo, stava edificando Milano 2. E io risposi ”Guardate, voi lo definite un palazzinaro, ma lui farà dei grattacieli. Vedrete che carriera farà quest’uomo. Mi spiace lasciare la Rai e vi sarò sempre grato”. Ed è vero, sono tuttora grato alla Rai: io abitavo di fronte all’antenna della Rai e, quando mi alzavo tutte la mattine, la guardavo e dicevo ”A te devo la mia carriera”».
Ma forse la sua fortuna economica la deve più a qualcun altro.
«Be’, la devo certamente a Berlusconi, perché con quello stipendio ormai lavoro da trenta e passa anni. Però la devo anche ad alcuni miei colleghi e a Publitalia, altra creatura vincente di Berlusconi».
Come è cambiato il Cavaliere da quando è entrato in politica?
« cambiato molto. Innanzitutto nel senso che ci ha totalmente abbandonato. Gliel’ho detto tante volte».
Lei lo rimprovera?
«Sì, perché…».
Ma non le ha mai chiesto di candidarsi?
«Sì, due volte, voleva farmi senatore a vita».
E perché lei ha detto di no?
«Io non ho detto di no. Ho detto: vedremo».
Lo avrebbe accettato?
«Avrei accettato, però poi si è scoperto che, se fossi diventato senatore…».
Ci guadagnava di meno e non poteva andare in tv.
«Non potevo più fare la televisione».
E quindi ci guadagnava anche di meno.
«Be’, lo stipendio di senatori è un ottimo stipendio. Però, certamente, sa… io tengo famiglia».
Visto che non si occupa di politica torniamo alla televisione. Chi le piace oggi in televisione?
«Sicuramente il mio erede è Gerry Scotti, l’ho detto mille volte, ha una faccia che buca bene. Poi sicuramente un grande personaggio è il mio collega di ”povertà”, Fiorello».
Be’ Fiorello le deve piacere per forza.
«Giriamo per la strada vestiti da barboni e chiediamo aiuto. Fiorello è il numero uno. Io ho lavorato con tutti gli attori e presentatori e lui è un artista a tuttotondo: sa presentare, sa cantare, sa fare il comico, sa imitare. bravissimo».
Dire chi le piace è facile. Mi dica chi non le piace.
«Be’, non posso dire chi non mi piace».
Perché? Non sarebbe sincero?
«No, sono sincero. Qualcuno mi piace un po’ meno, certo. Ma non voglio criticare i miei colleghi perché, in fondo, anche loro hanno diritto a portare a casa la pagnotta. Perché devo dire: no, non mi piace? Poi magari molti dicono: vedi, Mike ha ragione. Sono tutti bravi: qualcuno di più, qualcuno di meno. C’è un nuovo presentatore, o meglio, un attore che fa il presentatore, appena arrivato, Flavio Insinna. Speriamo che questo nuovo personaggio nell’ambito dei presentatori non si monti la testa».
Ma lei non ha mai cercato di uscire un po’ dall’ambito dei quiz e inventarsi qualcos’altro?
«Devo darle una tiratina d’orecchie, Direttore: io ho fatto tante trasmissioni che non avevano a che fare con i quiz. Forse ve ne siete dimenticati».
Accetto la tirata d’orecchie.
«I miei quiz erano e sono stati così importanti che fanno dimenticare tutte le altre trasmissioni che ho fatto. Ho fatto delle trasmissioni che non avevano niente a che vedere con i quiz, soprattutto in Rai. Ad esempio Ieri, oggi e domani, in cui ho intervistato, come lei sta facendo con me in questo momento, tutti i grandi personaggi del piccolo schermo».
A proposito di grandi personaggi: ma è vero che tra gli autori che le scrivevano e le preparavano le domande…
«No, mi preparavano solo le domande. Io non ho mai avuto un copione: improvviso. Ecco perché faccio anche delle gaffes: parto e poi mi accorgo che sto dicendo delle cavolate, ma vado avanti».
Allora modifico la domanda perché non ci sia l’attentato di lesa maestà. vero che c’era anche Umberto Eco che le preparava qualche domanda?
«Certo, come no. Anzi, mi meraviglia molto che Umberto Eco oggi neghi di avere collaborato a Lascia o raddoppia?».
E perché lo nega?
«Non saprei, comunque lo posso confermare. Io andavo in Rai tutti i sabati per preparare la trasmissione e poi al giovedì pomeriggio. Allora mi davano le domande da fare la sera. Io ero nel mio ufficio e si presentava questo giovanotto che portava con sé una busta, contenente delle domande, che consegnava al Direttore di Lascia o raddoppia?”»
Lui ha scritto un libro sulla Fenomenologia di Mike Bongiorno.
«Sì, questo è stato un po’ grave. Però, invece, devo ringraziarlo perché se ne parla ancora oggi. Io so una cosa: vorrei incontrarlo uno di questi giorni, perché non ci siamo mai parlati da allora e sentire che cosa pensa del fatto che lui ha scritto dei grandi romanzi che hanno fatto successo mondiale, ma che oggi si parla ancora della Fenomenologia di Mike Bongiorno: io penso che gli dia un po’ fastidio».
Vorrebbe probabilmente che si parlasse di lui per altri libri.
«Certamente e lo merita: si parla di lui comunque».
Siamo alla fine e la devo salutare.
«Quante cose volevo dire: dovrò tornare».
Va bene, allora ne facciamo un’altra. Ma quanti anni ha lei?
«Io? Inizio subito col dire che mi danno 17 anni meno della mia età».
Facciamo una cosa. Ci sono tre buste, scelga: 82, 62, 42.
«Allora, 17 anni meno di 82, quanto fa? Sessantacinque. Cosa devo scegliere?».
Allora la busta numero 2?
«Cosa c’è nella busta numero 2?».
C’è scritto 65.
«Ah bene… ok».
Per quanti anni pensa di fare ancora televisione?
«Sicuramente io vado avanti tranquillo finché, dovevamo parlare anche di quello ma non ne abbiamo il tempo… si parla di andare sul satellite, sul digitale, no? Cambierà un po’ tutto nella tv. Ma io ci sarò».
Faremo una puntata dedicata a questo argomento.
«Mi avete fatto tanti complimenti. Devo fare i miei complimenti anche al Direttore Belpietro, perché lui se lo merita…».
Guardi, sono Antipatico, quindi non posso accettare questi complimenti.
«Vorrei capire come mai ha scelto questo titolo per la trasmissione. Ma perché?».
Perché mi diverte molto. La devo ringraziare. E non per i complimenti.