Camilla Conti, Libero 9/9/2009, 9 settembre 2009
DOLCE & GABBANA METTONO A DIETA ANCHE I PREZZI- L’allarme era stato lanciato a marzo dopo che era calato il sipario sulle sfilate: «Montenapoleone è deserta e i negozi sono vuoti», avevano dichiarato Domenico Dolce e Stefano Gabbana denunciando un calo di afflussi del 40% nei loro negozi e una flessione del 20% nelle vendite
DOLCE & GABBANA METTONO A DIETA ANCHE I PREZZI- L’allarme era stato lanciato a marzo dopo che era calato il sipario sulle sfilate: «Montenapoleone è deserta e i negozi sono vuoti», avevano dichiarato Domenico Dolce e Stefano Gabbana denunciando un calo di afflussi del 40% nei loro negozi e una flessione del 20% nelle vendite. «Noi non abbiamo paura a dire come stanno le cose, l’importante è reagire, trovare soluzioni contro la crisi». La cura Per superare la tempesta, la griffe ha deciso di abbassare i prezzi del 20 per cento. Senza risparmiare sulla qualità, ma razionalizzando il processo industriale. Secondo quanto riportato dalla testata americana WWD, la stessa strategia di sarà applicata alla nuova collezione primavera/estate 2010 e riguarderà tutti i prodotti dei marchi Dolce & Gabbana e D&G. «L’unico modo per salvare il mercato - ha infatti spiegato Domenico Dolce a WWD - è ridurre le spese superflue e tornare alle origini. Ossia, mettere a dieta le linee, i prodotti e gli investimenti in pubblicità. Tutti costi che altrimenti andrebbero a pesare sul listino finale del prodotto». Ormai i clienti «vogliono subito sapere il prezzo dei capi cui sono interessati», ha aggiunto Stefano Gabbana, «in questo momento di incertezza vogliamo andare incontro al consumatore». I conti Il bilancio al 31 marzo 2008 della Dolce&Gabbana Srl (l’ultimo disponibile sulla banca dati delle Camere di Commercio) è stato chiuso con 444,9 milioni di ricavi (+27%) e un utile netto di 52,1 milioni (dai 53,1 del 2007). Lievitano i costi: le spese per la promozione dei marchi e dei prodotti, anche nei negozi monomarca, sono saliti a 96,6 milioni in crescita di 24 rispetto all’esercizio precedente. Il costo delle attività relative a sfilate e showroom comprensivo dei servizi per i negozi all’estero è stato di 20 milioni mentre il costo del personale (pari a circa 25,5 milioni) è cresciuto del 24 per cento. Quanto ai dati contabili delle partecipate estere, dal bilancio emerge che la controllata americana Dolce&Gabbana Usa ha perso 8.2 milioni di euro. Dolce&Gabbana Japan quasi undici. Le svalutazioni delle partecipazioni per 24,8 milioni sono dovute essenzialmente proprio alle società di Stati Uniti, Sol Levante e alle due controllate stabilite in Cina. A marzo 2008 si è inoltre concluso il primo anno completo di attività del ristorante Gold, in via Goldoni a Milano: «Date le particolari caratteristiche dell’iniziativa - si legge nel bilancio - e l’investimento importante era prevista una impegnativa fase di avvio. La società ha chiuso con 4 milioni di ricavi e una perdita di 1,8 milioni». Dell’esercizio chiuso lo scorso marzo ancora non sono state fornite anticipazioni precise ma da quanto si capisce è in corso una forte focalizzazione dell’attività sulla clientela retail. Soprattutto negli Stati Uniti che, comunque, restano un mercato strategico. Non a caso dal bilancio relativo esercizio 2008 risulta completato l’investimento per la ristrutturazione del negozio di New York. Costo complessivo diciassette milioni di dollari. Ma certo la vita, in questo momento, è difficile per tutti. Dolce e Gabbana, oltre alla crisi economica, devono anche fronteggiare un’offensiva da parte del Fisco che, a loro parere, risulta assolutamente ingiustificata. Hanno ricevuto una multa da 800 milioni in totale equamente divisa in 400 ciascuno per avere conferito i marchi a una holding lussemburghese di che, secondo le accuse, riceveva le royalities dalle società produttrici italiane. Bilanci e tasse Nel bilancio al 31 marzo 2008 c’è un solo riferimento a problemi col fisco: «Alla società - si legge - è stato notificato un processo verbale di constatazione da parte della Guardia di Finanza di Milano, relativamente agli esercizi chiusi al 31 marzo 2006 e al 31 marzo 2005, da cui risulterebbero dovuti per il 2005 maggior Ires pari a 2,014 milioni, maggior Irap pari a 259.000 euro e maggiori ritenute pari a 187 mila euro; per il 2006: maggior Ires pari ad 3,10 milioni; maggior Irap pari a 387 mila euro e maggiori ritenute pari a 245 mila euro». Al tempo le sanzioni non erano state ancora quantificate ma nello stesso documento il gruppo sottolinea: «Tenuto conto che i rilievi formulati dalla Guardia di Finanza appaiono del tutto discutibili e sostanzialmente opponibili con valide argomentazioni tecniche, come peraltro evidenziato dal parere rilasciato dal consulente fiscale della società, non è stata effettuata alcuna appostazione per rischi, trattandosi di passività fiscale solo potenziale». Insomma la coppia di stilisti ritiene di avere assolto i suoi doveri con lo Stato italiano. Dovrà concentrarsi sui gusti del consumatore