Alessandro De Angelis, il Riformista 9/9/2009, 9 settembre 2009
L’ARMA FINALE DI BERLUSCONI ELEZIONI ANTICIPATE A MARZO
Ai suoi, da giorni, lo ripete in continuazione: «Saranno mesi difficili, vedrete, arriveranno altri attacchi». Silvio Berlusconi si prepara al peggio. Sa che nelle redazioni ci sono arsenali pronti ad esplodere. Li ha Repubblica. Li sta preparando Feltri. Per non parlare dello scontro con Fini. L’accusa è esplicita: è uno che fa la fronda, che vuole andare al Colle con i voti della sinistra. I rapporti tra i due co-fondatori del Pdl sono logori. Come testimonia il botta a risposta a distanza di ieri: «Con Fini nessun problema». Risposta rispedita al mittente dal presidente della Camera: «Non si può far finta di nulla». Quando poi è trapelata l’indiscrezione che a Gubbio domani l’ex capo di An terrà un discorso duro, ai fedelissimi sono saltati i nervi: «Ormai è chiaro che lavora per fondare un altro partito». Palazzo Chigi pare un fortino assediato. E la paura sull’esito del lodo Alfano non aiuta certo a rasserenare il clima. Nella cerchia ristretta del premier nessuno è più disposto a scommettere, come qualche mese fa, sulla non bocciatura del lodo: «Siamo 50 a 50».
Quindi Berlusconi si prepara al peggio. Ed è sulla base delle più fosche previsioni che ha utilizzato la sua prima uscita dopo la pausa estiva - ieri ha inaugurato a Milano la fiera del tessile - per mandare un messaggio (a tutti, fuori e dentro la maggioranza) che suona così: o abbassate i toni o tiro dritto. Ai giornali: «Ci attaccano come tori inferociti, ma qui c’è un torero che non ha paura di nessuno». A chi parla di regime: «In questi giorni si è dimostrato che in Italia c’è la libertà di mistificare, di calunniare, di diffamare. Questa non è una dittatura. Un dittatore, di solito, prima attua la censura, poi chiude i giornali». Al Pd, forse l’avviso più viscerale. Complice un lapsus (parlando della ricostruzione abruzzese, dice «tangentopoli» invece di «tendopoli») afferma, senza troppi giri di parole, che nessuno è senza peccati: «Tangentopoli è una cosa del passato? Vediamo. A Bari è aperta una inchiesta interessante. Mi sono stancato di prenderle soltanto».
In base alle informazioni in suo possesso, il premier è convinto che l’inchiesta pugliese sui legami tra sanità e finanziamento ai partiti può avere risvolti pesanti per gli uomini di D’Alema. Per questo vuole vedere che cosa esce da Bari prima di accelerare sulle intercettazioni. E per questo, parallelamente, ha lanciato strali contro le procure che remerebbero contro di lui: «So che ci sono fermenti in procura, a Palermo, a Milano. Si ricominciano a guardare i fatti del ’93, ’94, e del ’92. Follia pura. Gente che con i soldi di tutti fa cose cospirando contro di noi». Per il premier il disarmo passa proprio dalle procure perché - ha spiegato ai suoi - «deve essere bilaterale». Non ha intenzione di abbassare i toni per primo. Non si fida. Vuole un «segnale». Certo è complicato possa arrivare prima della fine del congresso del Pd. Ma - dicono i suoi - «con Bersani torna D’Alema e ci si può parlare, anche se ora alza i toni per vincere contro Franceschini». Tanto che a palazzo Chigi a microfoni spenti raccontano di pontieri a lavoro per stabilire contatti prima della fine del congresso.
Se dovesse arrivare un messaggio di «tregua» dal Pd (che implica anche il disarmo di Repubblica), Berlusconi è pronto a trattare. Altrimenti tirerà dritto. lo scenario che il Cavaliere ritiene più probabile. D’altronde a palazzo Chigi le colombe contano assai poco nel determinare la linea politica. Gianni Letta non è più il regista del gioco governativo come ai vecchi tempi. Anzi sugli attacchi di Feltri a Fini ha manifestato più di un malumore. E le preoccupazioni, sul clima che si è creato, di Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello, altre due colombe, sono il termometro che lo scontro è destinato a salire. Fino alle estreme conseguenze. Già, le estreme. Ancora non si può parlare di un "piano b", qualora la tregua si rivelasse sono un’ipotesi scuola e il lodo venisse bocciato. Ma nella cerchia ristretta del premier, come nei momenti più bui del sexgate, lo scenario di elezioni anticipate non è un tabù. Un azzurro vicinissimo a Berlusconi chiede l’anonimato per spiegare il quadro: «Se venisse bocciato il lodo Alfano si aprirebbe una situazione ingovernabile: le procure inizierebbero la demolizione giudiziaria di Berlusconi, la sinistra e i giornali continuerebbero con gli attacchi personali. Questo porterebbe inevitabilmente a un logoramento dell’esecutivo, costretto a giocare sulla difensiva e quindi impossibilitato a realizzare il suo disegno riformatore. A quel punto l’unica soluzione sarebbe un ritorno alle urne, accorpando politiche e regionali». più di una suggestione. Berlusconi è tentato. Ne ha parlato con i suoi. I sondaggi che ha in mano dicono poi che il suo consenso personale ha resistito all’urto di questi mesi, dagli scandali sessuali alla crisi con la Santa Sede. E poi chi ha parlato con lui in questi giorni lo descrive stanco «di essere cucinato a fuoco lento» e desideroso di una resa dei conti definitiva. Con tutti. Fini compreso.