Marcello Sorgi, La stampa 8/9/2009, 8 settembre 2009
COSI’ CASINI SI AVVICINA AL PREMIER
L’Udc di nuovo nel centrodestra e Casini al governo con Berlusconi, il Pdl e la Lega. Al di là di ogni reticenza ufficiale, è questa l’ipotesi a cui si sta lavorando, all’ombra della trattativa appena cominciata sulle regionali (e soprattutto sulle sette Regioni in cui i cattolici sono indispensabili per vincere). Espulso alla vigilia delle politiche del 2008 dalla coalizione di cui era stato nel 1994 uno dei fondatori, dopo un anno e mezzo di navigazione solitaria, e di inedita «opposizione di centro», l’ex presidente della Camera è già seduto, come convitato di pietra, al tavolo che ogni lunedì viene apparecchiato ad Arcore per il Cavaliere e il Senatùr.
Per rientrare in gioco, al furbo Pier è servito certo tener duro, tirare per la propria strada senza cedere alle lusinghe che gli venivano da Pdl e Pd, trattare democristianamente volta per volta, caso per caso, con tutti, per piazzare localmente i propri assessori, mentre a Roma restava sguarnito di poltrone ministeriali.
Adesso, per dirla con Bossi, tocca a Berlusconi «trovare la quadra», ma la posta in gioco è talmente alta che nessuno degli alleati farà più di tanto le bizze: con il ritorno dell’Udc nella coalizione, infatti, la vittoria del centrodestra alle regionali è praticamente assicurata, ed in molte delle amministrazioni in cui il centrosinistra aveva prevalso poche settimane fa grazie ad appoggi estemporanei del partito di Casini, è destinata ad aprirsi una fase di instabilità.
In attesa che l’accordo si concretizzi, Pier naturalmente si muove con estrema prudenza, alla sua maniera. Ieri un’intervista a «Famiglia cristiana», in cui tra dire e non dire, e senza risparmiare frecciate anche dure al Cavaliere, si ripropone come interlocutore affidabile, in un momento in cui, malgrado le rassicurazioni ufficiali, i rapporti fra il centrodestra e il mondo cattolico sono al minimo storico. Inoltre, a quanto si dice, Casini non è rimasto estraneo, proprio nei giorni della tempesta, neppure alla presa di distanza di Fini dall’attacco a Boffo. Che prelude chiaramente a un ritorno all’asse tra i due, già forte durante la prima legislatura di governo del Cavaliere. E venerdì prossimo, in questo quadro, diventerà nevralgico l’appuntamento con il partito a Chianciano, luogo di mille nostalgie democristiane, e dell’epoca della Prima Repubblica in cui nella ridente località termale si decidevano i destini congressuali della Balena Bianca, e a seguire quelli, politici ed economici, nazionali.
Non c’è dubbio che gli esiti del caso Boffo, con le dimissioni del direttore dell’Avvenire e il risentimento che hanno provocato tra i cattolici, hanno funzionato da acceleratore del processo di riavvicinamento tra il leader dell’Udc e il centrodestra. Il vulnus, la ferita, com’era stata definita, s’era aperta molto prima, a maggio 2008, all’atto della nascita dell’esecutivo Pdl-Lega, che anche in alcuni ambienti di Curia era stato definito, con enfasi, «il primo governo senza cattolici della storia della Repubblica». Da allora in poi - e soprattutto dopo il deludente risultato del Pdl alle europee - il lavoro dei «pontieri» non s’era mai interrotto, ma Casini, in pubblico e in privato, a chi lo sollecitava a fare il primo passo, aveva sempre risposto che prevedeva un periodo piuttosto lungo di opposizione, e che solo il mutare delle condizioni politiche avrebbe potuto portare a riconsiderare il quadro politico. stata proprio quest’impostazione, dal punto di vista dei voti, a rivelarsi vincente in tutti i passaggi elettorali degli ultimi diciotto mesi, e a consentire oggi all’Udc di sedere al tavolo delle trattative in posizione di forza.
Obbligata in pratica, e spinta dalle difficoltà in cui Berlusconi s’è trovato negli ultimi mesi, la strada dell’accordo - è chiaro a tutti - è comunque in salita, anche se la scadenza delle regionali preme ed ha per il presidente del Consiglio un’importanza pari a quella delle politiche (nella precedente legislatura, il magro risultato del 2005 determinò un avvitamento della coalizione, e la sconfitta, sia pure di un soffio, del 2006).
Casini però non ha fretta, perché è convinto che il Cavaliere non ha voglia di rischiare ed è obiettivamente motivato a cercare di venirgli incontro. Berlusconi ne parla da tempo con i suoi, ma è consapevole di doversi muovere con circospezione, passo passo, sottobraccio a Bossi e sapendo che la Lega, via via che la trattativa andrà avanti, alzerà il prezzo dell’intesa per le tre grandi Regioni del Nord. Quanto a Fini e Tremonti, dai loro rispettivi posti di osservazione, hanno messo in conto che il ritorno in scena di Pier rafforza sì il centrodestra, ma modifica, e non di poco, gli scenari per la successione di Berlusconi, quando sarà il momento: Casini torna anche come possibile candidato premier che nel futuro ha molte carte da spendere.
Infine, alla svolta, ormai annunciata, e che si prepara, dovrà guardare con attenzione anche uno dei tre candidati alla guida del Pd: il favorito Bersani, che sull’abbandono della linea veltroniana del partito a vocazione maggioritaria, e sul recupero della politica delle alleanze di centrosinistra, più larghe, fino a includere l’Udc, aveva costruito la sua corsa alla segreteria. E ora, alla vigilia del congresso, deve ripartire da capo.