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 2009  settembre 08 Martedì calendario

«FREDDA, PRAGMATICA ANGELA DURERA’ 16 ANNI COME KOHL»


BERLINO – Non trattenete il respi­ro: Angela Merkel resterà al potere an­cora per parecchi anni, assicura il poli­tologo che l’ha studiata meglio, Gerd Langguth, suo biografo indipenden­te. «Tanto quanto l’ex cancelliere Hel­mut Kohl o quasi» prevede: sedici an­ni. « la cancelliera giusta per ogni co­alizione: con i socialdemocratici, con i liberali, con i Verdi. Si può escludere la Linke di Oskar Lafontaine, ma per il resto potrebbe guidare la sua Cdu verso ogni tipo di governo. il prag­matismo in persona». Langguth la se­gue da quando è entrata in politica, nel 1990 – « la donna che conosco meglio dopo mia moglie» certifica – e in questa intervista spiega cosa vuo­le davvero, a suo parere, la cancelliera dalle elezioni federali del 27 settem­bre.

Frau Merkel dice di non volere più una Grande Coalizione con la Spd e di puntare a un governo tra la sua Unione Cdu-Csu e i liberali del­l’Fdp.

«Se otterrà i numeri per formare una maggioranza con i Liberali dovrà farlo. Il partito lo vuole e anche mol­tissimi elettori chiedono il cambia­mento. In cuor suo, però, non sareb­be contraria a riproporre una Grosse Koalition con i socialdemocratici, per lei sarebbe più facile, avrebbe anche un’opposizione meno forte al Bunde­stag. Ma sia l’Unione sia la Spd devo­no tenere conto che, al governo assie­me, perdono continuamente consen­si a favore dei partiti più piccoli».

Certe volte sia ha l’impressione che sia tentata anche di allearsi con i Verdi.

«Se i Verdi risultassero più forti dei Liberali, cosa non impossibile, e se do­vesse scegliere tra loro e la Spd, li sce­glierebbe. Ne sarebbe costretta, per­ché sarebbe un modo per strappare i Grüne a una futura alleanza con i so­cialdemocratici ».

Si aspetta che faccia una campa­gna elettorale più aggressiva? E’ stata criticata per la sua gestione alla camomilla, che non entusia­sma il partito.

«No, non me lo aspetto. L’aggressi­vità non è il suo stile e quando ci ha provato, nel 2005, quasi perdeva le elezioni. Inoltre pensa che la polariz­zazione mobiliterebbe anche i social­democratici. Quindi terrà un profilo basso. rischioso, perché i suoi elet­tori avrebbero bisogno di più emozio­ni per mobilitarsi. Dall’altra parte, Frau Merkel piace così. E credo anche che avrà il supporto di molte donne che non hanno mai votato per la Cdu».

Come riesce a tenere tranquillo un partito che ha leader regionali forti, influenti e avidi di potere?

« che questi leader – Roland Ko­ch, Christian Wulff, Jürgens Rüttgers – non sono potenti come vorrebbe­ro fare credere. Direi che nel partito la signora Merkel è oggi forte almeno tanto quanto lo era Kohl nei momenti migliori. Straordinario per una donna che fino a poco più di dieci anni fa nessuno avrebbe immaginato leader di un partito e di un Paese».

Già. Qual è la chiave della scalata che ha messo questa donna dell’Est al centro della politica tedesca?

«Scelse la politica e la Cdu credo so­prattutto per emanciparsi dal padre, un pastore protestante, figura fortissi­ma, di sinistra come la madre, social­democratica. E anche per sopravvive­re, dal momento che, con la caduta del Muro di Berlino, l’Accademia del­le scienze per la quale lavorava era de­stinata a chiudere. Lei, che faceva par­te di un gruppo per la difesa dei dirit­ti civili all’Est che non aveva legami con la Cdu, pianificò di incontrare Kohl. Lo convinse, fu eletta al Bunde­stag ed entrò subito nel governo, sem­pre sottovalutata, fino a quando si staccò da Kohl, che vedeva perdente, e poi anche dal suo nuovo punto di riferimento, Wolfgang Schäuble, am­bedue colpiti da scandali finanziari».

Una fredda calcolatrice.

«Pragmatica e molto razionale nel­­l’affrontare le situazioni. Non decide mai sull’emozione».

Contribuirà al declino terminale della socialdemocrazia tedesca, del­la Spd?

«La sola possibilità di sopravviven­za che ha la Spd per restare un partito importante è andare all’opposizione: al governo con la Cdu, i compromessi la stravolgono. Ma se si allea con la Linke, anche nei parlamenti regiona­li, rischia di non resistere alle posizio­ni di quest’ultima e di perdere defini­tivamente gli elettori moderati».