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 2009  settembre 08 Martedì calendario

IN FUGA PER AMORE, SOL OPER AMORE


La tradizione del divismo nel mondo dello spettacolo porta con sé, oltre all’abitudine di creare miti di facile consumo, anche la tendenza a proporre storie fasulle o quantomeno esagerate. Rudolf Nureyev, il ballerino russo transfuga in Occidente e morto di Aids nel 1993 a Parigi, non fa eccezione. Fu lui, negli anni Sessanta, aa inaugurare il divismo nel mondo della danza. Un divismo che travalicò nei decenni successivi l’orizzonte piuttosto ristretto del balletto classico. Oggi infatti le biografie, a sedici anni dalla sua morte, divergono su alcuni episodi chiave della sua vita. A esempio, proprio sul gesto sensazionale che lo portò a diventare, nel bel mezzo della Guerra Fredda, un simbolo della libertà dell’Occidente.

La biografia del giornalista francese Bertrand Meyer-Stabley, pubblicata quest’anno da Giunti con il titolo Rudolph Nureyev. Biografia di un ribelle, a proposito delle circostanze che lo spinsero, nel giugno del 1961, a non imbarcarsi sull’aereo che lo avrebbe riportato in Unione Sovietica, nega l’esistenza di progetto premeditato. Nureyev si buttò clamorosamente nelle braccia dei poliziotti francese all’aeroporto Le Bourget di Parigi, urlando: «Voglio essere libero».
Rapporti con stranieri

Qui si racconta che durante tutta la tournée gli agenti del Kgb, messi come da consuetudine fin dall’inizio alle costole dell’intera compagnia del Teatro Kirov di Leningrado (oggi San Pietroburgo) in Francia, avevano tenuto d’occhio il primo ballerino ribelle ed eccentrico, il quale, fregandosene bellamente delle indicazioni che tutti rispettavano, intratteneva rapporti con gli stranieri, prima e dopo gli spettacoli. Per questo motivo le autorità sovietiche avevano deciso di rimpatriarlo, sfilandolo dal cast che avrebbe dovuto continuare la tournée in Inghilterra. Fu allora, e solo allora, che Nureyev, una volta che gli venne comunicata in aeroporto la sua partenza alla volta di Mosca e non di Londra, maturò e prese al volo la decisione di restare in Occidente, urlando ai quattro venti la propria volontà, di fronte a testimoni, come in effetti si doveva fare per ottenere asilo politico. Questa versione è peraltro avallata dalle risposte date da Nureyev stesso ai giornalisti che in diversi tempi gli hanno chiesto se avesse deciso di fuggire a Parigi da molto tempo.

Invece secondo Julie Kavanagh nella biografia Nureyev. The Life, pubblicata nel 2007, le cose sarebbero state diverse. Il talentuoso russo poco più che 25enne, avrebbe allacciato la sua prima relazione omosessuale con Teja Kremke, un ballerino diciottenne tedesco recatosi per studio a Leningrado. Questi lo avrebbe convinto a fuggire in Occidente alla prima occasione, in quanto in Urss gli omosessuali non dovevano esistere. Chi veniva sorpreso ”in flagranza” veniva immediatamente trasferito in Siberia per una rieducazione curativa. A giugno quindi il tartaro volante rimase a Parigi. Ma, secondo questa biografia, Kremke, che era di Berlino Est, tornato dopo poche settimane in patria, si trovò chiuso dietro al muro edificato ad agosto, e i due giovani amanti rimasero così separati per sempre dalla Cortina di ferro...

Il documentario della Bbc ”Nureyev: The Russian Years” ha poi avvalorato la storia della presunta liaison omosessuale. Questo privato dramma sentimentale ha costituito anche lo spunto per lo spettacolo ”Voglio essere libero”, che verrà presentato a Roma il 9 novembre, nel contesto delle celebrazioni per i 20 anni della caduta del Muro di Berlino, e che ha già debuttato a luglio al ”Mittelfest” di Cividale del Friuli.

Per un certo periodo il ”tartaro volante” visse con la costante preoccupazione che gli agenti del Kgb lo potessero rapire e riportare dall’altra parte del mondo. Ciò comunque non gli impedì fin da subito di mietere trionfi sul palcoscenico e nel jet set, e di condurre una vita di grande visibilità epperò sregolata, segnata soprattutto da eccessi sessuali...

In ogni caso, ci fosse o meno una relazione gay come causa scatenante, la scelta che fece gli aprì le porte dei più prestigiosi teatri del mondo (tranne ovviamente quelli sovietici), e gli consentì di crescere artisticamente come mai nessuno prima, vivendo liberamente, e spesso freneticamente, la sua identità purissima di artista insofferente alle regole e alle convenzioni di ogni tipo.

Anche se di politica non si interessò mai, pur naturalmente insofferente dei ”Kollettiv”, è chiaro che la giovane etoile, turbolenta e molto ambiziosa, vedeva l’Occidente come la possibile realizzazione di ogni suo sogno, non soltanto artistico. E quando assaggiò la spumeggiante vita notturna parigina non se la sentì più di farne a meno, malgrado la fuga rappresentasse un abbandono completo della famiglia di origine.

Secondo la biografia francese non è da sottovalutare quindi l’attrattiva che esercitò su di lui la possibilità di vivere nell’Occidente libero la propria omosessualità, non disgiunta dalla dimensione artistica.
Un partner a notte

Il comportamento erotico del grande Rudy fu poi spesso segnato da una furia dissennata. «Principe azzurro sulla scena, cede sempre di più alla sessualità frenetica una volta messo via il costume fiabesco». Molte sono gli episodi incresciosi o addirittura i putiferi e gli scandali scatenati un po’ in tutto il mondo da Nureyev, anche se amici, colleghi e collaboratori facevano il possibile per arginare una foia che talvolta sembrava essere un impulso irresistibile... «Esibizionista con un gusto spiccato per le orge. Non era minimamente infastidito dall’idea di fare all’amore con quattro neri sotto gli occhi di tutti (…). Frequentatore di saune e di parchi nelle ore notturne, ha sempre trovato eccitante l’idea di cambiare partner ogni notte». Note furono le sue relazioni con l’attore Anthony Perkins (morto di Aids nel 1992) e con le rock star Freddy Mercury (morto anch’egli di Aids nel 1991) e Mick Jagger, fino all’inevitabile contagio e al calvario della malattia.

Sicuramente la fame di libertà che spinse Nureyev a consegnarsi alle autorità francese aveva molteplici aspetti. Ma tra le tante cose, una non si deve assolutamente dimenticare. Ce la ricorda la sua partner professionale preferita, la più grande etoile del secolo scorso, l’inglese Margot Fontayn: «Quando si è la sua partner bisogna sottomettersi. Mi fa ballare come amo farlo. Ho l’impressione di dovergli tutto. Non è un ballerino, è la danza».