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 2009  settembre 08 Martedì calendario

IL «PARCO BUOI» DISERTA LE ASSEMBLEE

un socio passivo, poco propenso a partecipare alle assemblee delle società anche in momenti di crisi. Preferisce il contatto diretto con il management ritenendo che le regole assembleari siano troppo farraginose e costose. Lo spaccato emerge da un’analisi su un campione di grandi e medie imprese italiane realizzato dalla società di proxy Georgeson che ha stimato in una media del 10% la partecipazione degli azionisti «made in Italy», escludendo nel computo i soci di riferimento. Una quota nettamente più bassa se paragonata al tasso di partecipazione del 51% degli azionisti delle società europee, secondo quanto emerge da uno studio della società di analisi Manifest e pubblicata dal Wall Street Journal.
Al contrario di quanto si possa immaginare, la crisi finanziaria che ha travolto i meccanismi della finanza ha soltanto in parte reso più attivi i soci, di circa il 15% in Italia e del 30%in Europa. «Alle assemblee societarie si partecipa non soltanto per criticare le remunerazioni dei manager – spiega Stefano Marini, amministratore delegato della società Georgeson, la stessa che ha partecipato al panel europeo – ci sono decisioni societarie da votare come i rinnovi dei consigli di amministrazione oppure gli aumenti di capitale sempre più numerosi in questa fase».
Gli azionisti italiani non fanno eccezione, votano meno della media europea, ma quando si attivano sono guidati da motivazioni sensibili. Del resto, le transazioni sono aumentate e con esse la ricerca del consenso per la loro approvazione in assemblea: il rinnovo dei consigli di amministrazione, gli aumenti di capitale e le emissioni obbligazionarie animano sempre più spesso le assise.
Fanno eccezione i casi dell’assemblea di Banca Italease che ha visto una partecipazione massiccia di azionisti di minoranza scesi in campo per criticare duramente il management così come le assise delle Banche Popolari per le quali il meccanismo del voto capitario incentiva l’attivismo, tutti esempi che comunque non rientrano nel campione ana-lizzato delle società italiane.
Se i soci italiani non amano partecipare alle assemblee, più attivi appaiono quelli esteri, «seppur molto critici in quanto reputano la regolamentazione italiana ostica e costosa», aggiunge Marini. Proprio per favorire un maggior attivismo dei soci, in Italia è in via di attuazione la direttiva sugli shareholder’s rights (vedi «Il Sole 24 Ore» del 5 settembre 2009) che propone i diversi strumenti, un più facile accesso alle deleghe di voto, la partecipazione telematica ai meeting, utilizzo di una data antecedente all’assemblea per favorire la presenza dei soci esteri. Se tutto questo favorirà un maggior attivismo è presto per dirlo.
Un fatto è certo:nell’ultimo anno è stato rilevato un aumento della partecipazione alle assemblee sia in Italia sia in Europa «solo in parte a causa della crisi, sostenuta, invece, dalla regolamentazione attuata dai paesi europei che ha incoraggiato il voto degli azionisti», ha detto Sarah Wilson, amministratore delegato di Manifest la società che ha realizzato la rilevazione europea. il caso dell’Inghilterra che ha approvato una regolamentazione per l’istituzione di differenti classi di azioni, limitando il diritto al voto agli investitori di lungo termine. In Francia, invece, la legislazione ha agevolato il diritto di voto dei fondi comuni di investimento e in Olanda dei fondi pensione. La strada dell’attivismoassembleare è aperta.