Il Mattino, 8 settembre 2009
Amitabho Carrer TREVISO - Da 24 anni Amitabho Carrer vive 12 ore al giorno attaccato alle flebo che lo alimentano
Amitabho Carrer TREVISO - Da 24 anni Amitabho Carrer vive 12 ore al giorno attaccato alle flebo che lo alimentano. La sua malattia si chiama "sindrome dell’intestino corto" e fino a metà degli anni 80 era una patologia letale finchè, 24 anni fa, all’ospedale Villa Salus di Mestre una coppia trevigiana vide nascere il proprio primogenito affetto da tale rara malattia. «Suo figlio è grave, va operato, ma con pochissime possibilità di sopravvivere» fu detto a papà Ilario fuori dalla sala parto. Quel neonato fu trasferito d’urgenza alla Chirurgia pediatrica dell’ospedale di Padova: gli fu asportato l’intestino tenue. «Anche dopo quell’intervento - ricorda oggi con leggerezza - ai miei fu detto che non c’era niente da fare, che potevano portarmi via per farmi morire a casa. Un medico, però, spiegò che mi sarei spento per la fame molto lentamente e propose la nutrizione parenterale da cui continuo a dipendere tuttora». Si tratta di una miscela che contiene i principi nutritivi e avviene tramite un catetere venoso che va direttamente al cuore (a rischio di infezioni). Questa dipendenza gli ha provocato varie "ricadute": embolie polmonari, trombosi, stenosi intestinale, duodenite aftosa (queste ultime due causate da un intervento nel 2002 fatto da un chirurgo inglese chiamato a Padova apposta per lui), grave osteoporosi, dermatiti e problemi di vista. Oggi, dopo 44 operazioni chirurgiche, le sue speranze di sopravvivenza sono legate all’ospedale Sant’Orsola di Bologna dove dal 5 giugno 2005 è in lista d’attesa per un trapianto multiviscerale. Devono trovare un donatore di 7 organi (stomaco, fegato, intestino tenue, crasso, milza, pancreas e parte di vena cava superiore). Fino al 2004 si faceva una dozzina di tali trapianti l’anno, ma nel 2008 ce n’è stato solo uno. Nonostante tutto Amitabho - che è riuscito a finire le scuole diplomandosi all’alberghiero Alberini di Treviso e ora lavora alle Generali a Mogliano - si ritrova a combattere con la burocrazia e la scarsa preparazione di tanti dottori e delle commissioni mediche. «Invece di agevolare e comprendere - denuncia - mi guardano con quell’aria da luminari della scienza formulando spesso la domanda di rito: ”Sei in lista d’attesa, ma quando intendi fare questo trapianto?”. una cosa che mi manda su tutte le furie perchè dimostrano enorme ignoranza». La sua patologia - tecnicamente "sindrome dell’intestino corto per volvolo alla nascita" - non viene riconosciuta in alcun verbale per i gradi d’invalidità e quindi solo dopo una battaglia legale gli hanno certificato il 100%, ma con totale inabilità lavorativa e come non deambulante (circostanze entrambe false) . «Poi - ricorda ancora Amitabho - sulla semplice base che andassi a scuola da solo, mi è stato tolto l’assegno di accompagnamento; nonostante il ricorso basato sul fatto che vivo attaccato alle flebo non hanno riconosciuto l’assegno di mantenimento alla mia famiglia. La commissione ha sentenziato che preferisce pagare un’infermiera». Attualmente non ha né assegni di mantenimento nè pensione di invalidità perché supera i bassissimi redditi imposti per legge. Non ha neppure l’assegno di accompagnamento perché la nutrizione parenterale non è riconosciuta come atto quotidiano di vita. «In Italia parliamo tanto di Pari opportunità, ma pur essendo iscritto nelle categorie protette ho avuto il lavoro alle Generali dopo ben due anni perché i vari datori di lavoro (ho bussato a 200 diverse aziende) mi chiedevano di anticipar loro le mie assenze per malattia. E mi facevano la solita domanda sulla data in cui mi sarei sottoposto al trapianto. Ma non sanno che per fare un trapianto deve morire qualcuno che doni gli organi e, nel mio caso, dovrebbe essere un ragazzino del mio gruppo sanguigno (B+, molto raro, solo il 5% della popolazione) e che pesi meno di 35 chili visto che io ne peso poco più di 40? Posso essere in grado di saperlo?». Anche all’estero sono pochi i casi come il suo e solo negli Usa (Florida e Virginia) garantiscono il multitrapianto nel giro di due anni, ma il solo intervento costa ben 300mila dollari, senza contare i costi di sostentamento. «Dove li trovo oltre 300 mila euro?» si chiede sgranando gli occhioni neri che non chiedono compassione, ma solo giustizia. Amitabho da pochi mesi è andato a vivere da solo a Preganziol («Una sfida a me stesso, ma come pesa il mutuo!») e resta ovviamente in stretto contatto con la famiglia: papà Ilario, insegnante di musica, mamma Khaberi, mediatrice culturale, e i tre fratelli minori Zayantha, Krisna e Shivam di 20, 16 e 15 anni.