Gigi Riva, L’Espresso, 10 settembre 2009, 10 settembre 2009
GIGI RIVA PER L’ESPRESSO 10 SETTEMBRE 2009
Fanno scoop con la protesta I cortei non funzionano più. Dai precari in vetrina agli operai sul tetto, è l’ora delle manifestazioni creative
Avvertimento per i lavoratori che, nel prossimo autunno, si troveranno a dover difendere il posto di lavoro e pensano di salire in alto minacciando di buttarsi giù: non funzionerà. L’hanno già fatto alla Innse di Milano, al Colosseo, al Maschio Angioino di Napoli. Quel tipo di protesta è come il marziano di Flaiano, ha scocciato. La ripetitività uccide l’interesse e l’adesione. E se lo schema sciopero-corteo-comizio è un rituale obsoleto e sterile, bisogna spremere le meningi, accendere la fantasia, colpire l’immaginario. Perché l’immagine (la forma) è il formidabile veicolo per il messaggio (il contenuto). Guido Barbieri, della Cnh di Imola, da solo, ha gandhianamente scelto lo sciopero della fame. Ad Ascoli sei dipendenti della Novico si sono chiusi dentro la fabbrica. Il barometro della scuola segna ’tempesta’ e i primi segnali sono due coniugi di Caserta appollaiati su una finestra dell’ufficio o i cinquanta che a Napoli hanno bloccato le operazioni per le immissioni in ruolo. di qualche mese fa lo sciopero negli hotel di lusso che obbligò i direttori a rifare i letti: mai successo prima.
Stop. Più o meno la creatività italiana è tutta qui. Per ora. La necessità aiuterà l’ingegno. E se proprio l’idea non arriva c’è qualche esempio estero da imitare. Come quello degli operai della Boeing che per ridicolizzare i manager si sono messi a giocare a golf per strada davanti al quartier generale: successo. Ma se è facile far parlare di sé dal cuore del mondo qual è l’America, più difficile riuscirci dalla remota Bosnia. E allora cosa si sono inventate le operaie della fabbrica di scarpe Aida di Tuzla? Si sono stese sulle strisce pedonali, una coperta e un cuscino per giaciglio, suscitando, da madri di famiglia, la simpatia e non l’arrabbiatura degli automobilisti: le foto hanno fatto il giro del mondo. Al solito, però, per le ribellioni fantasiose, la Francia è l’avant-garde, una sorta di destino cromosomico. Da due secoli a questa parte, di là delle Alpi dettano la linea. Ora in modo cruento (rivoluzioni e affini) ora in modo ironico e buffo. Ed è la cronaca di questi mesi. Se i sequestri dei manager sono già diventati archeologia sindacale, ed era ieri, avanza una nouvelle vague di creativi che ne inventa una al giorno. La loro è diventata una professione con un marchio ’Génération précaire’, con un leader Julien Bayrou, che non ha ancora 30 anni. Offrono materia grigia e, naturalmente, ci credono, nel senso che li muove una visione politica del mondo. Tutto cominciò quando un’amica se ne tornò imbronciata annunciando che al negozio di grandi firme le avevano offerto l’ennesimo stage sottopagato. Basta, si dissero Julien e gli altri, noi giovani siamo proprio dei fantasmi per questa società. I fantasmi si misero una maschera bianca ed entrarono nel negozio mettendosi in vetrina come manichini: saldi e ribassi, siamo in vendita a poco prezzo. Uno choc per chi fa shopping nel centro di Parigi, touché. stato l’incentivo per continuare. Come segnalare che da questa crisi economica usciranno vincenti solo i benestanti? Ecco l’idea. ’Rotary club’ con invitato d’eccezione Jean Sarkozy, 23 anni, figlio di presidente. Loro si presentano all’ingresso del ristorante con impianto stereofonico e la colonna sonora del telefilm ’Dallas’. Gli striscioni recitano: ’Salviamo i ricchi’. E col megafono chiamano il quasi coetaneo: "Jean, dai vieni fuori con noi, deve essere triste passare il mercoledì al Rotary. Ti vogliamo salvare". Le televisioni francesi per giorni hanno rimandato il filmato.
Li chiamano in tanti. Precari soprattutto, ma anche squatter che stanno per essere sloggiati. Loro si riuniscono, studiano la questione, partoriscono lo slogan e infine chiamano i media nella convinzione che "nessun giornalista vuole perdersi una notizia", in particolare se c’è "humor". Non hanno molto sorriso, al contrario, le famiglie che si sono trovate per qualche ora senza luce e gas per le interruzioni improvvise provocate dai dipendenti di lectricité de France e Gaz de France. Un’estensione alla massa di un esperimento già provato nel 2004 ma con un bersaglio preciso, il primo ministro Jean Pierre Raffarin. Arrabbiatura o no, comunque tutti ne hanno parlato ed è un’altra caratteristica per misurare l’efficacia. Julien Bayrou sostiene che loro occupano lo spazio lasciato vuoto dai sindacati tradizionali. il tema cruciale, attuale anche da noi.
Il caso Innse ha fatto dire, a Sergio Cofferati per esempio, che se l’iniziativa individuale prende piede sarà la fine del sindacato. Non è così drastico Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl con delega alla politica del lavoro: "Quelli della Innse hanno fatto bene a farsi ascoltare in quel modo perché si erano esauriti tutti i canali normali di trattativa eppure c’era, come si è dimostrato, una soluzione". Non accetta però lezioni dalla Francia: "Là si sbizzarriscono perché il sindacato conta poco, rappresenta al massimo il dieci per cento dei lavoratori. Coi sequestri di persona volevano ottenere un’indennità di mobilità che da noi già esiste. Così come ci siamo già occupati dei precari che, grazie alla cassa in deroga, i 4-5-600 euro li hanno avuti. poco, ma è meglio di niente". Insiste poi, Santini, sulla tesi della partecipazione degli operai all’azionariato e alla divisione degli utili: "Servirebbe per eliminare molti conflitti". Non è pregiudizialmente contrario a forme di lotta nuove perché l’importante, dice, è "non lasciare la gente sola con la propria disperazione". Per non danneggiare gli utenti racconta che esistono gli scioperi alla rovescia: negli ospedali, nei servizi pubblici, si lavora e ci si fa trattenere la giornata dallo stipendio. una formula che hanno inventato i giapponesi (chi sennò?) "ma non possiamo imporla, deve essere su base volontaria".
Il sindacato si trova davanti a un’emergenza occupazione, cerca di arginarla come può, ma ha nel suo bagaglio strumenti datati se non completamente sorpassati. Santini non rinuncerebbe a cuor leggero allo sciopero perché talvolta la questione "non è estetica ma di sostanza e se i motivi sono seri le manifestazioni bucano e trovano condivisione sociale". Tuttavia le organizzazioni tradizionali avrebbero bisogno di un massiccio aggiornamento. A partire dall’italiano. Non a caso nel vocabolario Zingarelli si trova il termine "sindacalese" col seguente significato: linguaggio tipico dei sindacalisti, di difficile comprensione per i termini e i riferimenti tecnici, politici, burocratici. Quando Annamaria Testa, esperta di comunicazione e creatività, venne chiamata, alcuni anni fa, alla Camera del lavoro di Milano e spiegò che dovevano mutare quel modo di esprimersi astruso e incomprensibile, si trovò davanti alle resistenze soprattutto dei più giovani che le opposero il seguente ragionamento: abbiamo impiegato un sacco di tempo per impossessarci del sindacalese e adesso ci fate capire che dobbiamo buttarlo via? Chiosa la Testa: "Per loro è un segno di appartenenza, di status, non capiscono che si rivolgono a gente che comprende, al massimo, settemila parole". Nel vuoto di comunicazione tra rappresentanti e rappresentati si inserisce la vena anarchica "da osservare con attenzione, può contenere elementi di novità". La Testa immagina un futuro dove convivranno "forme consuete, identitarie e rassicuranti con luoghi di aggregazione informale". Pensa al web, ovvio.
curioso infine notare come nessun sindacato abbia pensato di rivolgersi a società di comunicazione per trovare vie nuove. Commenta Giovanni Sasso, di ’Proforma’, agenzia di Bari: "Se si investisse anche solo una minima parte dei soldi che servono per una manifestazione in ricerca di formule più adeguate per veicolare un tema drammatico come quello del lavoro, i risultati sarebbero migliori". Lui si è occupato della campagna elettorale vincente di Nichi Vendola, comunista e gay, in Puglia. Ha bissato il successo con Michele Emiliano, sindaco di Bari. Non ha ricette da suggerire agli operai: "Andrebbe valutato caso per caso". Però lascia una traccia: "Sono importanti il luogo e il momento". Lo ha già detto Wim Wenders, guarda caso uomo di cinema, dunque di immagine.