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 2009  settembre 07 Lunedì calendario

PRIMATI, OMICIDI E CANZONI DA ZOZZOLAFINO A KALADZE, LA DURA VITA DEGLI AUTO-BOMBER


MILANO – Fra un mese, saranno ottant’anni: 6 ottobre 1929, giornata d’esordio del primo campionato a gi­rone unico, Juve-Napoli 3-2. Biagio Zoccola segna la prima autorete del­la storia del calcio italiano, dopo die­ci minuti, mettendo il piede destro sulla punizione calciata da Cevenini III. Questo per dire che sorprendono le modalità dei due autogol di Kalad­ze in Georgia-Italia, i tocchi malde­stri (di testa e di piede), che non do­vrebbero appartenere a un giocatore da nazionale, non il fatto in sé. Nel tempo, autogol è diventato sinonimo di errore grave, di gaffe clamorosa e ha oltrepassato i confini del pallone. Nel ”98 la Fifa ha modificato la rego­la: è autogol soltanto se la palla non raggiunge la porta senza l’intervento del difensore. Non sono considerate autoreti i tiri già indirizzati verso la porta dall’attaccante, con l’intento di segnare, che dopo una deviazione di un difensore finiscono in rete, an­che quando la deviazione è decisiva nello spiazzare il portiere. Dunque, anche per la Fifa, quelle di Kaladze sono autoreti vere.

Intorno alle autoreti si sono create storie curiose. Il giocatore italiano che ne ha segnate di più è Riccardo Ferri, uno dei più forti difensori del dopoguerra (45 presenze e quattro gol in azzurro): otto con l’Inter fra l’82 e il ”94 (una nel derby del 20 di­cembre ”87). E per questo è entrato anche in una canzone di Ligabue («A che ora è la fine del mondo?»). Sette autoreti hanno segnato Francesco Morini (due nella Samp, cinque nel­la Juve) e Sergio Santarini (sei con la Roma, una con il Catanzaro). Dilet­tanti, al confronto del difensore gia­maicano Frank Sinclair, 38 anni, ex Chelsea, primatista mondiale della specialità: 25 autoreti in carriera. C’è anche chi di autogol ne ha segna­ti tre in una sola partita: è il caso del difensore belga Staf Van Den Buys, in Anderlecht-Germinal Ekeren (3-2) della stagione ”95-’96. Nel ”76, nella gara di campionato inglese Aston Vil­la- Leicester il difensore dei villans, Chris Nicholl segnò tutte e quattro le reti della partita finita 2-2.

Per gli italiani che hanno almeno 50 anni, il «signor autogol», per defi­nizione, rimane Comunardo Nicco­lai, altro difensore di grande qualità, capace di vincere lo scudetto del ”70 con il Cagliari da stopper titolare. Sei autoreti e la più famosa rimane quella in casa della Juve (2-2, 14 mar­zo ”70), un magnifico colpo di testa, con pallone all’incrocio, in anticipo su Albertosi, che, purtroppo per Nic­colai, non era il portiere avversario. E di Niccolai aveva parlato durante una crisi di governo anche Francesco Storace, allora di An, riferendosi a Massimo D’Alema: «Ha fatto un au­togol alla Niccolai». Anche per que­sto, dopo aver visto la doppia «pro­dezza » di Kaladze, Niccolai ha com­mentato: «Nel calcio una cosa del ge­nere può succedere, ma quando acca­de davvero non ci si sente bene, e io posso dirlo, vista la mia esperienza diretta. Ti porti dietro tutto, speran­do che arrivi in fretta l’occasione per cancellare l’errore. Il problema di Ka­ladze è che ha segnato due autoreti in nazionale e per questo, rispetto a me, gli è andata peggio, perché stava rappresentando il suo Paese. E allo­ra penso che adesso non si parlerà più soltanto di me». Curioso: a San­dro Salvadore, un doppio autogol a Madrid, in Spagna-Italia 2-2 (21 feb­braio ”70), era costato il posto al Mondiale messicano. A favore di Nic­colai (e di Rosato). Moreno Ferrario ha passato molte notti senza dormi­re, dopo aver segnato nella porta sba­gliata in Napoli-Perugia 0-1 del cam­pionato ”80-’81, a cinque giornate dalla fine, con la Juve che scappa e non si farà più raggiungere. Ha con­fessato anni dopo Ferrario: «Rivede­vo sempre quel cross e il mio tiro che finiva in rete. L’ho fatta grossa».

Un autogol è addirittura costato la vita al difensore colombiano An­dres Escobar. Los Angeles, 22 giugno ”94: la squadra allenata da Matura­na, quella di Rincon, Valderrama e Asprilla, perde con gli Stati Uniti (1-2) e viene eliminata dal Mondiale nella fase a gironi. Dopo 34 minuti, sul cross di Harkes, Escobar sta per respingere il pallone, ma scivola e in spaccata infila la sua porta come un centravanti. Il giorno dopo, le foto ri­traggono il difensore appoggiato a un muro nella sede del ritiro colom­biano: un uomo solo e disperato. Die­ci giorni più tardi, tornato a casa, a Medellin, Escobar esce da un risto­rante, vede tre uo­mini e una donna venirgli incontro e si aspetta i soliti in­sulti del momento. Invece uno di loro gli urla: «Grazie per il gol». E parto­no 12 colpi di mitra­glietta. Si sospette­ranno come moven­ti il cartello della droga, un banale li­tigio e le scommes­se della mafia sul Mondiale. La sco­perta dell’assassi­no, Humberto Muñoz Castro e il pro­cesso che lo condanna a 43 anni di carcere, portano alla conclusione più incredibile: Escobar è stato ucciso proprio per quell’autorete, lui che aveva segnato il suo unico gol in na­zionale nientemeno che a Wembley, in casa degli inglesi.

L’autogol più spettacolare ha inve­ce una firma importante, quella di Marco Materazzi in Empoli-Inter 1­0 (30 aprile 2006): un tiro da 46 metri nella porta sbagliata, con Julio Cesar fuori causa e incredulo. Come si dice, la palla è rotonda. E qualche volta non si capisce bene dove vada.