Anais Ginori, la Repubblica 3/9/2009, 3 settembre 2009
Il traguardo è vicino. Tra meno di tre anni, la Terra ospiterà 7 miliardi di abitanti. Era la fine del 1999 quando avevamo festeggiato, con qualche apprensione, il "bambino del Millennio", l´abitante numero 6 miliardi
Il traguardo è vicino. Tra meno di tre anni, la Terra ospiterà 7 miliardi di abitanti. Era la fine del 1999 quando avevamo festeggiato, con qualche apprensione, il "bambino del Millennio", l´abitante numero 6 miliardi. Nel 1960 era nato il papà di quel bambino, l´essere numero 3 miliardi. In meno di mezzo secolo ci siamo raddoppiati. Ed ecco che procediamo spediti - al ritmo di 9mila nascite all´ora, 220 mila ogni giorno - verso le nuove colonne d´Ercole della demografia moderna. Rassicuratevi: oltre non c´è l´ignoto. Molte delle trasformazioni sociali che dovremo affrontare nei prossimi decenni sono infatti prevedibili, come spiega il nuovo rapporto dell´Institut national d´études démographiques (Ined). certo, per esempio, che continueremo ad invecchiare sempre di più e sempre più sani. L´aspettativa di vita aumenterà ancora grazie al miglioramento delle condizioni materiali e ai progressi della medicina che si diffonderanno anche nei Paesi più poveri. Come paradosso, gli incidenti stradali diventeranno una delle principali cause di morte, al terzo posto dopo attacchi cardiaci e tumori al polmone. In cambio, però, avremo un mondo nel quale, per la prima volta nella storia dell´umanità, gli anziani saranno più numerosi dei giovani. Nel 1950, nei Paesi sviluppati, la popolazione con meno di 15 anni superava gli ultrasessantenni di 16 punti percentuali. Entro il 2019, ha calcolato l´Ined, la curva dei bambini sotto i cinque anni scenderà sotto a quella dei senior. Prima del 2050 ci sarà anche il sorpasso sugli adolescenti. L´inversione della "piramide demografica" sembra inesorabile. Le donne della fine del Novecento hanno incominciato a fare meno bambini prima in Occidente e ora anche in nazioni un tempo prolifiche come Cina, India o alcuni paesi africani. «Ovunque la fecondità è in lenta diminuzione e l´invecchiamento demografico procede invece molto in fretta», osserva Gilles Pison, autore della ricerca francese. Ogni mese, 870mila persone compiono 65 anni, entrando così nella fatidica "terza età" e con la ragionevole speranza di arrivare a varcare anche la quarta. Nel 2040 la proporzione degli over65 raddoppierà dal 7 al 14%. Il dato più spettacolare è quello degli ultraottantenni, che cresceranno del 233% nei prossimi trent´anni. Nello stesso periodo, i giovani con meno di 15 anni aumenteranno soltanto del 6%. In Italia, il superamento è già avvenuto: abbiamo il 15% di ragazzi sotto i 15 anni, rispetto al 20% di senior sopra i 65 anni. I nostri figli vivranno in un mondo senza fratelli e cugini, con quattro nonni e qualche bisnonno. Se continueranno a restare disoccupati fino a trent´anni e ad andare in pensione a sessantacinque, saranno la prima generazione nella storia dell´umanità ad aver passato più tempo a riposare che a lavorare. Le città avranno forse meno scuole e più strutture dedicate all´accoglienza delle persone anziane. Ma la trasformazione sociale avrà anche conseguenze economiche per i governi. Già oggi in Occidente il 45 per cento delle risorse pubbliche va - sotto le varie voci di sanità, pensioni, assistenza - al 15 per cento più anziano della popolazione. Questo trasferimento è destinato a crescere, mettendo a dura prova la solidarietà fra generazioni. «Le tensioni troveranno un ammortizzatore sociale nella famiglia, dove tutto si ricompone» sdrammatizza Stefano Molina, demografo e dirigente di ricerca presso la Fondazione Agnelli. Inevitabilmente la famiglia orizzontale sarà sostituita da quella verticale, nella quale i pensionati spenderanno denaro e tempo libero per accudire i nipoti e, spesso, per assistere nella vita attiva i figli. Una situazione che conosciamo bene in Italia. «Siamo stati un apripista nel processo demografico mondiale - nota Molina - . Guardando al nostro Paese si possono anticipare le evoluzioni sociali che aspettano gli altri nel prossimo futuro». L´invecchiamento della popolazione sta già creando quello che Molina definisce "irrigidimento istituzionale", con un elettorato più anziano che blocca le riforme sulle voci della spesa pubblica che lo riguardano più direttamente e che pure sarebbero necessarie. «Si può facilmente capire la difficoltà dei governi a cambiare il sistema pensionistico - continua il demografo - . Oggi chi è in pensione o chi ha un aspettativa di andarci nei prossimi dieci anni rappresenta il 50% della popolazione, una maggioranza schiacciante». Non tutto è prevedibile. La demografia non è una scienza esatta. Basta ricordare che negli anni Ottanta ci avevano annunciato 15 miliardi di abitanti sulla Terra nel 2050 e oggi la previsione dei maggiori istituti è intorno ai 9 miliardi. «Ma la rivoluzione demografica che ha cambiato la faccia del pianeta, esplosa all´inizio dell´Ottocento, è già alle nostre spalle» racconta il demografo francese Pison. «Il picco c´è stato nei cinque anni tra il 1965 e il 1970, quando l´umanità aumentava al ritmo del 2% l´anno. Oggi siamo già scesi all´1,33% e nel 2050 la crescita demografica mondiale si fermerà allo 0,3%, punto dal quale potrebbe cominciare a scendere». Anche la paura di essere troppo numerosi in questo "condominio" sembra archiviata. « chiaro, sono dati che fanno impressione - dice ancora Molina - non tanto per la sostenibilità ecologica, perché la Terra è ricca e le tecnologie ci permettono di creare benessere. A preoccupare è piuttosto la distribuzione delle risorse, che dovrà inevitabilmente cambiare». Quello che faremo in tempo a vedere noi, i nostri figli e sicuramente i nostri nipoti è un mondo capovolto anche da un punto di vista geopolitico. All´inizio del secolo c´erano due europei per ogni africano, nel 2050 ci saranno tre africani per ogni europeo. L´Eritrea avrà più abitanti della Russia, gli Stati Uniti riusciranno a crescere fino a 440 milioni di cittadini ma saranno poca cosa rispetto all´1,74 miliardi dell´India, che intanto avrà superato la Cina (1,43 miliardi). L´Europa conterà sempre di meno, da un punto di vista demografico. «Eppure abbiamo notato una ripresa della fecondità, una vera sorpresa» dice Pison dell´Ined. Negli ultimi due anni, la media europea è salita da 1,5 a 1,6 figli, e Paesi come Gran Bretagna, Spagna o Grecia hanno avuto un aumento delle nascite. Non vale ovviamente per l´Italia che con il suo 1,3 figli per donna è all´estremo opposto della Francia (2,07). Il nostro Paese potrebbe perdere 17 milioni di italiani entro il 2050, subendo una trasformazione che nemmeno le epidemie medievali o le peggiori catastrofi naturali erano mai riuscite a provocare. Tra il 2015 e il 2020 i demografi prevedono un picco di decessi nei Paesi occidentali. infatti questo il momento nel quale morirà gran parte della generazione dei baby-boomers (nati tra il 1946 e il 1964). «In Italia, continuiamo a preoccuparci per i cambiamenti futuri e non ci preoccupiamo di quello che stiamo vivendo adesso» racconta Molina. «L´età media della popolazione italiana è invecchiata di 6 anni, in 20 anni. moltissimo». L´immigrazione non risolverà la sostenibilità economica di questa nuova società di nonni, bisnonni e pochi bambini. Nonostante i proclami della Lega Nord, i lavoratori stranieri rappresentano ancora un´esigua minoranza (4 milioni di persone), spesso con lavori (e contributi) mal pagati. «Nel lungo periodo, bisognerà anche porsi il problema del loro invecchiamento. Per fortuna - conclude il dirigente della Fondazione Agnelli - ci sono gli immigrati di seconda generazione, circa 2 milioni, che saranno energia nuova per contrastare il nostro declino economico». Un po´ di speranza ancora c´è. Soprattutto se apriremo gli occhi sul mondo nuovo.