Antonello Dose e Marco Presta, Il Messaggero, 07/09/09, 7 settembre 2009
MATRIMONIO IN DIALETTO, AUGURI E FIGLI COMASCHI
Dopo il letto, anche il dialetto matrimoniale finirà per diventare presto uno dei principali sogni delle giovani coppie di fidanzati. Giovedì scorso 3 settembre 2009 verrà ricordato (ma se ve lo dimenticate, non perdeteci il sonno) come il giorno del primo matrimonio in dialetto nel Comune di Como. Chissà se, per completare degnamente la splendida cerimonia lombarda, gli sposini, all’uscita dal Municipio, sono stati festeggiati con un allegro lancio di risotto alla milanese. E magari, come bomboniera avranno scelto una cotoletta in capodimonte oppure una piccola ampolla per l’acqua del Po in peltro. A celebrare le nozze il leghista Diego Peverelli, assessore comunale all’Ambiente, un preciso punto di riferimento per le pernici e le beccacce padane, nonché un acerrimo nemico di qualsiasi specie migratoria attraversi il suo territorio. lui il brillante ideatore, circa un anno fa, del centralino telefonico comunale in lingua locale, primo, determinante passo verso una svolta imminente e fondamentale: la polizia municipale in abiti vichinghi. Le cronache ci dicono che i due innamorati comaschi avrebbero voluto che le nozze venissero celebrate solo in lingua lombarda, ma purtroppo un fastidioso contrattempo, che per brevità chiameremo legge della Repubblica Italiana, ha imposto loro una cerimonia bilingue.
A pensarci bene, il matrimonio officiato unicamente in dialetto presenta degli innegabili vantaggi, che potrebbero contribuire a una rapida diffusione di questa nuova formula nuziale: fuori dalla propria regione d’appartenenza, si può affermare con una certa consapevolezza giuridica che il vincolo matrimoniale non sia valido. In sostanza, a Varese sei sposato e la tua signora, se fai il galletto, può spezzarti le zampette, ma se vai a La Spezia o a Campobasso, ti puoi considerare single e, quindi, comportare tranquillamente di conseguenza. Speriamo che anche il matrimonio religioso non vada in questa direzione, altrimenti, dopo quello anglicano e quello luterano, si verificherebbe pure, con ogni probabilità, un doloroso scisma padano dalla Chiesa di Roma. In questa pittoresca vicenda, così esemplare dell’Italia dei nostri giorni, un paradosso appare evidente: una coppia di Promessi Sposi cresciuti sulle rive del Lario, è protagonista del romanzo che viene considerato l’autentico manifesto della lingua italiana.
Oggi, dopo oltre centosessanta anni dalla pubblicazione del capolavoro manzoniano, due epigoni di Renzo e Lucia la rifiutano in maniera clamorosa. Viene un po’ di malinconia e anche di orrore, specie se si pensa a una sposa tutta vestita di verde, come una specie di enorme ramarro. Certo, i due morosi avranno avuto i loro romantici motivi per fare una scelta del genere, ma si sa: Il cuore ha le sue Regioni, che la ragione non può capire, come diceva il grande filosofo Pascal (che peraltro, pochi sanno essere, in realtà, nativo di Cernobbio). Comunque, che sia stato celebrato in italiano o in lombardo, che si sia svolto di fronte a un assessore o a Brighella, che la sposa sia arrivata in ritardo, secondo tradizione, o con una puntualità tutta nordica, non ci rimane che fare gli auguri più sinceri ai piccioncini in questione nel "giorno più bello della loro vita". Auguri e figli comaschi.