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 2009  settembre 07 Lunedì calendario

TRIANGOLO DEL PROSECCO, DOVE NON C’E’ CRISI



Sul bordo della pi­scina del Ca’ de Lac, davanti a Revi­ne Lago, profondo Veneto, i libri la­sciati sui tavolini sono come dei passaporti: «35 meals for less than 25 euro», «Mannen die vrouwen haten» (versione olandese del tor­mentone di Larsson «Uomini che odiano le donne») e una rara edi­zione francese del «Secret du Bo­sco vecchio» di Buzzati. Siamo sul­la strada che da Vittorio Veneto porta a Valdobbiadene e che, con Conegliano, forma un triangolo.



La strada del Prosecco o «Zaia­land », come si scherza da queste parti. Il ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, è di Conegliano. Lui che – come raccontano i ristoratori’ è un ottimo sommelier, da buon le­ghista non ha dimenticato che il territorio è politica: la sua presen­za agli appuntamenti locali anche ora che è ministro non sembra mai offuscata dall’agenda degli impe­gni governativi. Quest’anno tra eventi legati al vino locale e feste tradizionali come quella attesissi­ma degli «Omi» nel Trevigiano il ministro ha passato qui una buona parte dell’estate. Senza contare che tutti considerano una sua vittoria personale il riconoscimento della Docg arrivato solo poche settima­ne fa.



Sono passati 40 anni da quando il Prosecco di Conegliano e Valdob­biadene è diventato Doc e l’area era una delle più povere d’Italia. E si vede. Il panorama non ha nulla di quelle immagini da Italia depres­sa che ancora si scorgono nelle vec­chie fotografie in bianco e nero at­taccate all’ingresso delle trattorie. Ora la Strada è un susseguirsi di ri­storanti di alta cucina, strutture moderne, borghi e paesaggi che hanno poco da invidiare alla Tosca­na. La strada che ha appena chie­sto di essere valutata dall’Unesco come possibile patrimonio del­l’Umanità è un gioiellino come il Castelbrando a Cison di Valmarino e l’Abbazia di Follina che si incon­trano lungo la parte alta del percor­so. In realtà quella del Prosecco è stata la prima via ufficiale legata a un vino: dopo essere stata pensata già negli anni Trenta sul modello delle strade della zona del Reno, è stata inaugurata nel ”66. Ma nel tempo il percorso aveva perso smalto prima della seconda giovi­nezza del vitigno locale che negli ultimi anni è cresciuto anche a due cifre sia come produzione che co­me distribuzione (+15% nel 2007).



Ma ora? Cosa sta succedendo con la crisi? L’enoturismo è in pie­na esplosione. E mentre le aziende storiche venete come il produttore di occhiali Safilo e i sanitari della Dolomite (gruppo Ideal Standard) fanno pesantemente i conti con la crisi finanziaria, con la Cassa inte­grazione e con i tagli, il distretto del Prosecco sembra tenere le posi­zioni grazie alle orde di turisti stra­nieri che arrivano nei torpedoni, spendono soldi nelle strutture al­berghiere, nei ristoranti e fanno shopping acquistando intere casse prima di risalire sui pullman e rien­trare al Nord: «Per ora non ci pos­siamo lamentare – spiega Alberto che gestisce con la moglie il risto­rante Andreetta a Rolle di Cison di Valmarino, primo borgo italiano tu­telato dal Fai – i turisti arrivano soprattutto dalla Germania e dal­l’Austria. Stanno qui qualche gior­no, fanno acquisti, dormono, man­giano ». E alla fine i conti tornano.



Insomma, se la produzione di Prosecco in quanto tale ha tenuto sul fronte della produzione, pur do­vendo cedere qualcosa su quello dei prezzi, è tutto il sistema enotu­ristico che sta reggendo. «L’offerta di camere e B&B nel distretto è de­cuplicata negli ultimi 10 anni – certifica Giancarlo Vettorello, diret­tore del Consorzio di tutela del Pro­secco Doc di Conegliano e Valdob­biadene ”. A luglio la produzione era in pareggio rispetto allo stesso periodo del 2008 anche se il prezzo di acquisto della materia prima, cioè dell’uva presso i produttori lo­cali, si è ridotto di circa il 10%. Ma, appunto, è tutto il distretto nel suo insieme che sta mostrando di sa­per reagire molto meglio di altri al­l’attuale crisi. Anzi volendo po­tremmo anche dire che la situazio­ne attuale ci permette una pausa di riflessione sulla produzione dopo la crescita a due cifre degli ultimi anni e l’arrivo della Dogc mentre sul piano dell’offerta turistica pos­siamo ragionare sul consolidamen­to ».



Nel 2008 la produzione era stata di 57,4 milioni di bottiglie per un giro d’affari di 370 milioni di euro. A questa cifra andrebbero poi som­mati tutti i fatturati delle migliaia di camere, hotel, ristoranti, struttu­re di benessere e Bed & Breakfast. Anche perché spesso sono gli stes­si proprietari dei vitigni che hanno ristrutturato vecchi edifici inizian­do ad offrire anche camere e risto­razione.

Bisognerà attendere la fine del­l’anno per avere il «bilancio» della distribuzione visto che i conteggi con enoteche e grande distribuzio­ne non vengono fatti trimestral­mente come avviene per la produ­zione. Troppo complicato.



Per ora quello che emerge è il vantaggio di rappresentare una nic­chia di fascia inferiore di prezzo ri­spetto a spumanti e champagne (i produttori francesi delle bollicine più nobili hanno da poco comuni­cato di aver perso il 30% del giro di affari a causa dell’attuale crisi). Co­me dice scherzando Enrico Mar­chi, qui il prosecchin si beve sem­pre.



Eppure è curioso che il distretto tenga grazie alla spesa fatta dagli stranieri. L’area sembra seguire lo stesso destino felice di altri territo­ri legati geograficamente a perso­nalità politiche. Ma il paradosso’ come era avvenuto nella Toscana di qualche decennio fa – è che la Strada è più nota all’estero che a li­vello nazionale. E il risultato è un melting pot in salsa veneta: men­tre si parla di ritorno dei dialetti nelle scuole non è inusuale assiste­re a colloqui teatrali tra turisti e ri­storatori che cercano di comunica­re a gesti. Mentre nei menu capita anche di passare dal nome dei piat­ti veneti in dialetto alla traduzione in inglese. Saltando a piè pari l’ita­liano. per questo che non biso­gna stupirsi nello scorgere libri in lingua straniera gettati sulle sdraio delle piscine lungo il lago.



«La presenza di tedeschi – spie­ga Vettorello – non è un caso. La Germania è il primo Paese per le esportazioni del Prosecco». D’altra parte il vitigno è talmente noto al­l’estero da meritarsi l’attenzione di produttori non sempre «certifica­ti ». Non è inusuale nei cocktail in­ternazionali trovarsi di fronte al Prosecco «brasiliano» magari servi­to con un buon Toscaniño, altro prodotto che il Paese sudamerica­no ci copia ormai da diversi anni. «La cosa non ci preoccupa – con­clude Vettorello – è un prodotto che si rivolge di sicuro a un altro tipo di clientela. Chi vuole il Prosec­co compra quello vero. Certo è che non si può mai abbassare la guar­dia. E la Docg ci aiuta anche in que­sto ».