Vittorio Macioce, Il Giornale, 07/09/09, 7 settembre 2009
SOS ESTERO, QUI IN ITALIA NON LI ASCOLTA PIU’ NESSUNO
E’ una strategia anche questa. L’opposizione, e i suoi intellettuali, stanno svendendo Berlusconi all’estero, come una brutta maschera del made in Italy. Qui in Italia non c’è più mercato. Non funziona. La maggioranza non ci crede. E allora vai, esporta. Magari funziona. Umberto Eco passa al Telegraph una «bustina di Minerva», dove recupera in chiave post moderna le tesi di Gobetti sul fascismo, senza citarlo. Il berlusconismo come autobiografia degli italiani. «E’ la maggioranza degli italiani - dice - che ha accettato il conflitto di interessi, che accetta le ronde, che accetta il lodo Alfano, e che ora avrebbe accettato abbastanza tranquillamente la mordaccia messa (per ora sperimentalmente) alla stampa». Che fare? Dire no. Come fecero i 13 professori che nel 1931 non giurarono fedeltà al regime. L’equazione che resta ai lettori è: Berlusconi uguale Mussolini. Si chiama marketing ed è a uso e consumo dei mercati esteri.
Tabacci, Casini e D’Alema vanno in giro a parlare di Cln. E’ una sigla riciclata dal passato. Molti italiani, probabilmente, senza Wikipedia non sanno neppure bene cosa sia. I più anziani vi citeranno, forse, Bonomi e Parri. Molti la resistenza. Il resto annaspa. Il comitato di liberazione nazionale era formato da quasi tutti i partiti antifascisti comunisti, cattolici, azionisti, liberali, socialisti. Sono quelli dell’arco costituzionale e della prima Repubblica. Tabacci, Casini e D’Alema dicono: dobbiamo fare come loro, come allora. E’ come ritrovarsi teletrasportati al tramonto del fascismo. Ma anche questo è marketing, L’equazione da vendere, soprattutto all’estero, è: opposizione uguale partigiani.
Questa è una resistenza culturale. E’ la vera questione Berlusconi, che ha a che fare con le viscere, con un’idea del mondo, con la sua fuga dal Novecento, con l’incapacità di molti intellettuali e politici italiani di convivere con la stagione del Cavaliere. E’ una nostalgia. E’ la caduta degli antichi poteri forti. E’ mettere in discussione tutte le proprie certezze, quelle che ti sei costruito in anni e anni di Pci, Dc, Psdi, Pri, pentapartiti e compromessi storici vari. Berlusconi, anche dopo Tangentopoli, era l’ospite indesiderato alla festa della Repubblica. Quello non previsto. Quello che ha dato un vestito nuovo a Lega e post-missini.
Quello che ha sparigliato le carte. Ed è così dal ’94. In Italia non sono mai riusciti a delegittimarlo. Battuto dal voto si è ripresentato,sempre più testardo, sempre più forte. Berlusconi ha tolto le parole ai suoi avversari, non nel senso che li imbavagliati, ma in quello che li ha spiazzati. Non è stato alle regole, cambiando il linguaggio. E così i suoi nemici si sono resi conto che le loro parole non arrivavano più in basso, conquistavano solo i nostalgici, gli impantanati, quelli che si aggrappavano al passato per paura del futuro, troppo incerto, troppo liquido, troppo vago. Le truppe dei nemici di Berlusconi erano e sono soprattutto gli orfani delle ideologie. Non trovano più le parole. Niente carisma, appeal, fascino. Prodi, per vincere, ha dovuto ingrigirsi, mettendo insieme tutti i «no Cav» i questo pezzo di terra, fino a scomparire, come una nuvola in cerca d’identità. Solo il nulla finora ha battuto le parole.
Gli altri hanno fallito. Non ce l’ha fatta Di Pietro, troppo pesante, troppo ideologico senza ideologia. Non c’è l’ha fatta Veltroni, troppo disneyano, troppo moccia, troppo uno nessuno e centomila. No ce l’hanno fatta neppure i cavalieri del gossip. I sostenitori dell’ultima spallata, della scossa e dei terremoti. L’offensiva primavera - estate che avrebbe dovuto disarcionare il Cavaliere. Bomba su bomba per arrivare a Roma.
Come è finita? Noemi no, non è stata un ko, la caduta del premier, la sua disfatta. Niente. Ha colpito duro, pesante, nelle viscere, nel cuore, stracciando un matrimonio, ma senza ribaltare la politica. D’Addario peggio, era la mossa di riserva, la escort che ruba parole, immagini, suoni che si intrufola sotto le lenzuola, ma che alla fine torna al mittente e scopre la matrioska di Bari, dove la bambola più visibile sono chiacchere da rotocalco, ma le altre sono mazzette, malasanità, bubboni incancreniti che, come una nemesi, come un chi la fa l’aspetti, guardano tutte a sinistra e sfiorano, viaggiando verso Roma, i baffi del Pd. E poi il resto. Questa estate lunga, calda, carica di gossip e veleni, non ha portato fortuna agli anti berlusconiani.
L’ultimo fronte è fuori. Berlusconi va colpito all’estero, svenduto, messo in scena, raccontato, come un’anomalia, come il grande fratello, come l’uomo che sta violando le roccheforti del Novecento. E’ il passato che ritorna, una camicia nera fuori stagione, uno schermo gigantesco che sorride e si fa beffe degli italiani, Jim Carrey che reinterpreta Charlie Chaplin nel Grande Dittatore.
E vai allora con le parole. Vai con il fascismo, vai con la resistenza, vai con la coppola e con Al Capone. Vai con tutto il peggio del made in Italy in mondovisione. E’ quello che Hollywood vuole. E Tarantino che copia dil neorealismo. Il risultato è surreale. Il rischio per gli antiberlusconiani è che se il Cavaliere vince la guerra delle parole, lì in trasferta, salta anche ciò che resta del Novecento. E’ la morte definitiva della sinistra e dei suoi leader, piccoli personaggi in cerca di un copione.