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 2009  settembre 07 Lunedì calendario

COLF IN 13 FAMIGLIE, NESSUNO LA REGOLARIZZA


Si chiama Lourdes, ha 39 anni, è boliviana di Cochabamba, cittadi­na di pianura da mezzo milione di abitan­ti. Non è escluso che qualcuno di voi la co­nosca: in giro la si vede spesso. Lavora in­fatti in 13 case milanesi, e forse è un re­cord. A Lourdes, il 13 in dote ha portato la fortuna di tutte queste famiglie che l’han­no assunta come colf e la sfortuna che del­le famiglie nessuna voglia (o possa) rego­larizzarla.

Martedì è partita la sanatoria per badan­ti e altri lavoratori domestici. Ci sono una domanda da presentare, documenti da al­legare, soldi da versare. La signora Lour­des comincia da quest’ultimo capitolo: «Bisogna pagare 500 euro di contributo forfettario. Li pago io, ci mancherebbe. L’ho detto e ripetuto a tutti». Non pare sia però un problema di denaro. Un problema per le famiglie, beninteso, visto che Lour­des dice di guadagnare «sugli 800-900 eu­ro al mese». Le famiglie, sempre ad ascol­tare la signora, bassa di statura e con un’espressione decisa (ha carattere da ma­stino, per incontrarla bisogna mettersi in coda, attacca a lavorare alle 7 del mattino e finisce alle 7 di sera, gli intervalli di pau­sa sono rari e utilizzati per i trasferimenti da un appartamento all’altro), le famiglie, dicevamo, sono di cosiddetto ceto me­dio- alto. Ci sono un medico, un alto diri­gente di banca, e via elencando.

Dimenticavamo una cosa: Lourdes ha fatto una premessa che nel colloquio pre­sto è diventata ritornello pieno di ango­scia e timore: «Mi ascolti, la prego. Io so­no molto amata dai padroni, da tutti i pa­droni. Sono educati, gentili. Al complean­no e a Natale mi fanno i regali. Quali? Ah, vestitini, vestitini per i miei figli. D’estate mi lasciano le chiavi di casa, si fidano, io vado, controllo... Forse, è vero, tra i padro­ni, qualcuno poteva farmi un contratto più lungo, non so, inventarsi qualcosa per aiutarmi con la sanatoria, in queste case lavoro da anni...». a Milano da cinque an­ni. «Sono partita per cercare lavoro, le ami­che mi avevano detto: ’Vai in Italia, vai, è un altro mondo’». arrivata con il marito, operaio in una ditta di carico-scarico mer­ci dai camion. Senta, siamo davvero un al­tro mondo? «Beh, insomma. Credevo fos­se meno difficile vivere».

Lourdes è una clandestina. Dalla sanato­ria, per la quale c’è poco tempo (il termine ultimo è il 30 settembre), si aspettava di più. Sorride: «Avessi lavorato per un pa­drone soltanto... Ma tredici, tredici! Qual­cuno ci avrebbe pensato a mettermi a po­sto, no?».

Nella sanatoria, uno dei requisiti è un contratto minimo di 20 ore settimanali. Lourdes, che ha sette figli (in Italia si è por­tata il maggiore e il minore, hanno 22 e 6 anni), ogni settimana lavora certo più di 20 ore, a volte il doppio, spesso il triplo; solo che non lo fa per un singolo datore di lavoro. Maurizio Bove, sindacalista della Cisl, su questa storia si sta spaccando la testa. Cerca una soluzione, e però senza tralasciare, tiene a precisare, altre quaran­ta donne, sempre colf o domestiche, alle prese con un’altra disperazione: i padroni, per evitare documenti e iter burocratici, le hanno già cacciate. Licenziate, abbandona­te. Al posto loro, gli italiani, hanno assun­to immigrate appena sbarcate, forza lavo­ro nuova, più ricattabile, con meno prete­se, figurarsi la sanatoria.

Lourdes è colf nell’accezione tipicamen­te milanese del termine. Ferro da stiro, la­vatrice, bucato, pulizie di arredi e stanze e pavimenti, magari un’occhiata a fiori e piante sul terrazzo, un’altra alla mamma anziana della padrona che riposa nella stanza degli ospiti, un’altra occhiata anco­ra al figlioletto della padrona. Insomma, le mille cose di casa dei genitori che, fuori per lavoro, stesi dalla frenesia, rimandano o non riescono a fare. In più, queste molte­plici attività vanno svolte al millesi­mo, senza indugiare (chiusa la prati­ca di un appartamento bisogna pas­sare al prossimo) e calcolando alla perfezione tempi e tragitti per gli spostamenti, dunque avendo bene in mente corse di tram e metrò, non­ché le (sballatissime) coincidenze tra i mezzi pubblici.

 quasi sera e Lourdes riposa a ca­sa sua, in affitto. Oddio, riposa: met­te in ordine l’armadio. Si dice grata all’Italia, dice che i soldi dello stipendio co­munque vanno bene, che basta guardarsi in giro per vedere italiani precari che gua­dagnano meno. Essere colf non le pesa, e del resto, ammette, è nata con una voca­zione («fare la casalinga») che non consi­dera offensiva e né ha soffocato.

Lourdes non sa come andrà a finire que­sta storia. Spera, ovvio, che si risolva. Ma non è tanto la quotidianità da precaria che la spaventa. «Sono una clandestina. I me­dici posso denunciarci, giusto? Sono da cinque anni tra voi, ma non sono mai an­data da un dottore, o in ospedale».