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 2009  settembre 06 Domenica calendario

CITT DEL VATICANO

«La Chiesa non agisce per esten­dere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mon­do ». Le parole di Benedetto XVI, nel messaggio diffuso ieri per la giornata missionaria, richiama­no quanto aveva scritto ai vesco­vi del mondo mentre infuriava­no le polemiche sulla remissio­ne della scomunica ai lefebvria­ni, «la priorità che sta al di so­pra di tutte è di rendere Dio pre­sente in questo mondo». Il Papa spiegò la sua preoccupazione con le parole di San Paolo ai Ga­lati, « ma se vi mordete e divora­te a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! » .

Appunto. Nella Chiesa, Oltre­tevere come alla Cei, si è aperto ora uno «spazio di riflessione e silenzio». Dopo l’«attacco basso e virulento» a Dino Boffo e le sue dimissioni dalla direzione di Avvenire , ora bisogna decide­re come muoversi. E non si trat­ta solo di scegliere il successo­re. Si attende il consiglio perma­nente della Cei, il 21 settembre a Roma, e in novembre l’assem­blea generale dei vescovi ad As­sisi. Di là dalla necessità di com­pattare l’istituzione «contro le operazioni per dividerla», l’ulti­ma settimana ha mostrato un serissimo problema di gover­nance , nel rapporto tra la Santa Sede e la Cei, del quale so­no tutti consapevoli. «Qualche acciaccatura è difficile non ri­manga » sospirava ieri un alto esponente vaticano: «Ma biso­gnerà pensare a una redistri­buzione dei compiti, un co­ordinamento per non es­sere vulnerabili » .

Ecco: «vulnerabili». Nella «guerra» mediati­ca su Boffo, la mancan­za di sintonia, anche nella versione dei fatti, è apparsa evidente. Alla Cei sono sobbalzati quando Giovanni Maria Vian, direttore dell’ Osser­vatore Romano , nell’inter­vista apparsa lunedì sul

Corriere ha rivendicato che il quotidiano della Santa Sede non si fosse mai occupato delle vicende del premier, giudican­do «imprudente ed esagerato» un editoriale di Avvenire sulle stragi di immigrati in mare. Dal vertice Cei è partita una telefo­nata alla Segreteria di Stato: Vian parlava a titolo personale o no? L’irritazione è rimasta: dal­la Segreteria non è arrivata nes­suna risposta ufficiale.

 stato il segnale più impor­tante di una tensione che risale al 25 marzo 2007, quando il car­dinale Tarcisio Bertone scrisse una lettera al neoeletto presi­dente della Cei: «Per quanto concerne i rapporti con le istitu­zioni politiche, assicuro fin d’ora a Vostra Eccellenza la cor­diale collaborazione e la rispet­tosa guida della Santa Sede, non­ché mia personale». Il segreta­rio di Stato rivendicava a sé la «guida» di ciò che il cardinale Ruini aveva gestito in modo au­tonomo. Al di là dello stile più «pastorale» di Bagnasco, rispet­to alla Chiesa che «parla a voce alta» di Ruini, tutto risale ad al­lora: chi tiene i rapporti con il mondo politico? Ogni interven­to dalla Cei, o da Avvenire , face­va storcere il naso a chi sostiene la linea «istituzionale» di Berto­ne. Del resto, tra i vescovi, si rac­conta che all’inizio il cardinale Bertone desiderava non ci fosse più la «prolusione» del presi­dente Cei al consiglio e all’as­semblea, discorso che ha gran­de rilevanza politica. Bagnasco l’ha mantenuto.

Malumori sottotraccia, an­che nella Curia romana. Tensio­ni emerse già nel caos della vi­cenda lefebvriani. Finché Bene­detto XVI aveva deciso di pren­dere su di sé il peso di tutta la situazione e scrivere, cosa mai accaduta, una lettera per spiega­re le sue ragioni. Ma chi aveva «sottovalutato» il caso del ve­scovo Williamson, il lefebvria­no che nega la Shoah? Di chi la colpa del caos? Tensioni, voci. Oltretevere ci fu chi accusò la Segreteria di Stato. O, secondo i punti di vista, chi aveva «rema­to contro» Bertone. A metà apri­le si parlò di un incontro riserva­to del Papa, a Castel Gandolfo, con i cardinali Bagnasco, Ruini, Scola e Schönborn. L’assenza di Bertone venne interpretata – da chi non gli è vicino – come un segno di «sfiducia» del Papa. Chi gli è vicino, invece, fece no­tare il grande segno di amicizia durante le vacanze in Val d’Ao­sta: Benedetto XVI, appena in­gessato al polso, che il 19 luglio va in visita nel paese natale del segretario di Stato, Romano Ca­navese, recita l’Angelus e pran­za con la famiglia Bertone. Il 17 agosto si è poi completato il nuovo assetto della Segreteria di Stato con la nomina di monsi­gnor Ettore Balestrero, 42 anni, a sottosegretario per i Rapporti con gli Stati: ora i vertici sono tutti di nomina ratzingeriana e Bertone, dicono fonti vicine, ha più che mai «in mano la macchi­na » .

Nel frattempo, però, anche la telefonata di Benedetto XVI al cardinale Bagnasco, martedì – con il Papa che chiedeva «noti­zie e valutazioni» – è riuscita a diventare un «giallo». C’è chi, nell’episcopato, vi ha visto un altro segno di «insoddisfazio­ne » del pontefice verso Berto­ne. Chi, nella Santa Sede, lo ha letto invece come un congedo a Boffo. E chi, nella Cei, lo ha in­terpretato all’opposto come un invito a «resistere» – linea che cominciava a cedere anche tra l’episcopato. Di certo la Santa Sede era preoccupata, Boffo ha poi preso la sua decisione.

Resta la mancanza di sinto­nia. E, diffusa, l’«amarezza» per l’immagine d’una lotta senza esclusione di colpi nel mondo cattolico. Non è simpatico che la velina anonima contro il di­rettore di Avvenire , poi pubbli­cata dal Giornale , sia spuntata in maggio all’Istituto Toniolo di Milano, ente fondatore della Cattolica, mentre si rinnovava­no i vertici di cui Boffo fa parte. Un clima di veleni in cui anche l’uscita del libro Vaticano Spa è stata vista come una «mano­vra » mentre è in ballo la possibi­le successione di Angelo Caloia al vertice dello Ior.

Del resto la consapevolezza è comune, i «pontieri» sono al­l’opera. «Tra la Santa Sede e l’episcopato deve esserci sinto­nia », dicono ambienti della se­greteria di Stato. Lo stesso si di­ce fra i vescovi. I primi a volerlo sono Bertone e Bagnasco. Di cer­to l’«attacco» è destinato a ridi­segnare i rapporti tra Chiesa e mondo politico. I vescovi si sen­tono colpiti, c’è chi dice che «è stato un errore dare una delega in bianco al centrodestra», nella base cresce il malumore. Finito il «ruinismo», la linea «istituzio­nale » della Santa Sede come si sintonizzerà con i vescovi? Si ve­drà. Intanto si cerca di lasciar se­dimentare, tornare all’essenzia­le. Oggi l ”Osservatore pubblica un’ampia riflessione del cardi­nale Giacomo Biffi sul giudizio finale e l’aldilà: «Non saremo co­me acciughe in un barile».

Gian Guido Vecchi