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 2009  settembre 06 Domenica calendario

SARA RICOTTA VOZA

MILANO
A parte il fatto che si affronta un raffreddore come un morbo invalidante, vivere del proprio naso dev’essere un privilegio. Infatti è da pochissimi entrare nelle scuole che nel mondo preparano a questa invidiata professione. Prima però di bussare a questi templi con la propria laurea in chimica, per aspirare a diventare un vero «naso» bisogna riconoscere in sé una vocazione, il sogno di voler fare arte.
Altrimenti si uscirà da queste grandi scuole e verosimilmente si guadagnerà un sacco di soldi (il settore è fra quelli ad aver retto meglio alla crisi) ma non si avrà la patente profumatissima di «Parfumeur». Sono stati i francesi a chiamarlo «Nez» e in italiano suona male, ma indica l’artista che sta dietro ogni profumo di successo. Che lo ha ideato prima nella sua testa che in laboratorio, che lo ha «sentito» prima di annusarlo. I contemporanei più famosi son francesi. Hermès ne ha un pool da Oscar: Guy Robert, Maurice Marin e Jean-Claude Hellena. Poi c’è Jacques Polge, star di Chanel. Tutti maschi? Sì, tutti maschi. Ma le pari opportunità paiono arrivate anche nel rarefatto mondo delle essenze. In Italia abbiamo Laura Tonatto, ed è fra le più note al mondo. L’altro nostro naso illustre, però, è ancora un uomo: Lorenzo Villoresi da Firenze, che fa fragranze su misura per coppie come i Blair e Trudy & Sting.
Ora è al mare ed è un po’ raffreddato, e «quando c’è il raffreddore non si lavora». Ma guai a identificarlo solo col suo naso. «”Lui” non crea, è solo uno strumento», spiega. «Strumento di verifica per fiutare o rifiutare, cioè per valutare quello che ha creato il mio ”animo”». Come un pittore o un musicista, che conosce l’alfabeto dei colori e delle note, ma a creare è il suo talento. «E anche un po’ come un asceta, quando creo sto in laboratorio, mangio e bevo poco, non fumo, sto da solo».
Ma se di arte si tratta, o di storie raccontate col profumo, le megaprofumerie a catena non sono i luoghi ideali per scoprire i capolavori dei «nasi». La profumeria di nicchia va scoperta come si andasse dal libraio a cercare un bel romanzo. «Il mio obiettivo non è vendere il bestseller al maggior numero di donne, ma fare in modo che in dieci escano con dieci profumi diversi». Lo dice Silvio Levi, storico importatore e distributore di fragranze doc e grande «divulgatore» dell’arte profumiera dal suo negozio-show room di Milano, Calè: «Porto il cliente nella zona che è più adatta a lui e poi lo lascio solo a guardare, annusare, a ”leggere” l’incipit di una storia che... finirà sulla sua pelle».

MARCO NEIROTTI
Il profumo? E’ la memoria più viva e profonda, un dialogo continuo tra naso e cervello. Il primo coglie e trasmette, il secondo incamera, elabora, restituisce». Laura Tonatto, torinese, regina dell’olfatto, imprenditrice, clienti in ogni parte del mondo, è convinta che, se quello del musicista è un dono, quella del naso raffinato è una scoperta coltivata, gusto della memoria, del presente e dell’avvenire. «Nel mio ricordo è cominciato quando avevo tre anni, sono caduta e mi sono tagliata. Mia madre prese a tamponare la ferita e io ero incuriosita da quei due odori distinti: l’acqua che sapeva di cloro e il sangue. Li risento ancora».
E’ divenuta consuetudine di famiglia: «Mio figlio, 10 anni, prima di mangiare qualcosa ne fiuta l’odore. Nessuno gliel’ha insegnato». Odore specchio d’ogni cosa: «Un naso comune avverte mille note, uno abituato tremila. Non sono dunque molte di più, un baratro. E’ possibile a tutti. E’ allenamento alla memoria». Dopo la caduta e l’incontro con acqua, cloro e sangue, Laura procede negli studi. Ancora ragazza va a lavorare col maestro profumiere Hassan del Cairo. Nell’84 si trasferisce a Grasse e collabora con Serge Kalouiguine della Parfumerie Fragonard.
Ma la creazione non dev’essere fine a se stessa, sarebbe troppo generica. L’attività a Brera, nella «Milano da bere», porta i profumi «su misura» per personaggi internazionali, da Carolina di Monaco agli stilisti e le indossatrici: «Ma era una città difficile rispetto al mio modello di qualità della vita». Se ne torna a Torino: lavora per i marchi più importanti come creatrice ma pure con corsi di formazione per chi poi dovrà consigliare ogni giorno i clienti. Tra i suoi ci sono i reali sauditi: «Per loro ho creato un’essenza con la rosa di Taif. Se ne producono 16 chili l’anno, costa 50 mila euro al chilo. Sentire la rosa pura, non miscelata, su un uomo a noi sembra strano. Invece loro hanno capito che la natura non è né maschio né femmina. E’ libera. Liberi sono i profumi».
Le chiederanno consigli: «Questo sì. Ma un profumo va provato quando si ha tempo, non si è stanchi e la reazione fisica non è viziata». Quello che non sopporta è il tormentone: «Indovina che cosa ho messo. Non me ne importa nulla di saperlo». Meglio cogliere nell’arte per porgere a tutti: «Il profumo è qualcosa di personale, un segreto, è intimo. Viceversa è l’essenza di un momento o di un’opera. Diedero del matto a Luchino Visconti quando per girare il ballo del Gattopardo fece spargere la zagara, che ai tempi del romanzo si usava in tutte le case: mica si sente dallo schermo, dicevano. Ah no? Guardando la Cardinale si sente».