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 2009  settembre 05 Sabato calendario

Passato e presente Nel comitato, presieduto dall’arcivescovo di Milano Tettamanzi, anche l’ex responsabile di «Avvenire» Il «Toniolo», teatro della sfida interna L’istituto che fondò e gestisce la «Cattolica» uno degli snodi della vicenda MILANO – Probabilmente a un certo numero di lettori non c’è bisogno di spie­gare cos’è

Passato e presente Nel comitato, presieduto dall’arcivescovo di Milano Tettamanzi, anche l’ex responsabile di «Avvenire» Il «Toniolo», teatro della sfida interna L’istituto che fondò e gestisce la «Cattolica» uno degli snodi della vicenda MILANO – Probabilmente a un certo numero di lettori non c’è bisogno di spie­gare cos’è. Ma per gli altri, per chi non se ne intende, ricordatevi questo nome: Isti­tuto Toniolo. Perché è vero che a sparare è stato il Giornale della famiglia Berlusco­ni. Ma la pistola che alla fine ha fatto fuori Dino Boffo – l’Anonimo redatto in puro stile-servizi, tradotto dal Giornale in alle­gato giudiziario – aveva cominciato a cir­colare molto prima proprio là, attorno a quello il cui nome completo è «Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori – Ente fondatore e garante dell’Università Cattolica del Sacro Cuore». Ente la cui sto­ria recente è quella di una guerra interna tra due anime di Chiesa che certamente sono state – e con buona probabilità tut­tora sono – assai determinate a combat­tersi con forza. E con una frequenza di let­tere anonime divenuta negli anni, secon­do quanto sta emergendo, talmente con­sueta da non meravigliare quasi più i de­stinatari. Ora Boffo, che nel Toniolo siede tuttora tra i componenti del Comitato per­mamente di controllo, è stato il primo ad andarci di mezzo. Il timore di più d’uno, a questo punto, è che potrebbe non essere l’ultimo. Segue spiegazione. L’Istituto Toniolo è quello che, come di­ce il suo titolo completo, da sempre con­trolla l’Università Cattolica: realtà non semplicemente milanese, come i più riten­gono essendo Milano la sua sede principa­le, bensì nazionale, eccome, visto che l’Ateneo si estende a Brescia, Cremona, Piacenza, Roma, Campobasso. Lo stesso ente peraltro controlla anche il Policlinico Agostino Gemelli, nonché la casa editrice Vita e Pensiero. Ha un consiglio di ammi­nistrazione, ma è soprattutto il Comitato permanente a contare: undici componen­ti che hanno il compito di dare il giusto indirizzo alle decisioni amministrative del Consiglio. Boffo ci arriva nel 2004, mandato dalla Cei che a quell’epoca è ancora saldamente in mano al cardinale Camillo Ruini. Il suo arrivo cambia definitivamente le maggioranze interne delle due fazioni che si stavano fronteggiando ormai da anni: da una parte quello «politico » degli ex democristiani legati in qualche modo a stanze romane ecclesiastiche sì, ma non appartenenti alla Cei, il fronte guidato dal senatore Emilio Colombo – che del Toniolo era stato sino a quel momento presidente – con l’appoggio dell’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro e dell’ex ministro Giancarlo Lombardi; dall’altra parte i vescovi, Ruini in testa, determinati a «riprendere le redini» – per usare l’espressione utilizzata allora da più d’uno – di un istituto il cui controllo stava loro sfuggendo ogni anno di più. I vescovi, in realtà, una prima battaglia l’avevano già vinta un paio di anni prima con la nomina di colui che è tuttora rettore dell’Università del Sacro Cuore. E fu un evento così clamoroso, nel suo contesto, che la notizia andò in prima pagina sul Corriere della Sera con questo titolo: «Rui­ni batte Scalfaro, Lorenzo Ornaghi sarà rettore della Cattolica». Era il 28 giugno 2002. Le prime «veline» anonime per scre­ditare questo o quest’altro o quest’altro ancora, dentro al Toniolo, cominciavano a circolare già allora. «Solo su un punto – si leggeva peraltro già nell’articolo del Corriere di quel giorno – i due campi ri­vali sembrano concordare: la ’insoddisfa­zione’, dicono, per la gestione tenuta dal direttore amministrativo Carlo Balestre­ro » . Balestrero era l’uomo di fiducia del pre­sidente Emilio Colombo. E il cambio della guardia vero alla guida dell’Istituto infatti arriva solo quando, un anno più tardi, la Cei riesce a sostituire la presidenza del se­natore Colombo – nel frattempo finito al centro di altri scandali a base di cocaina – con quella tuttora in corso: affidata al cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi. Sarà Tettamanzi a portare Boffo nel Co­mitato, pochi mesi dopo. E a quel punto tutta la vecchia gestione Colombo finisce in minoranza: il 9 novembre 2004, addirit­tura nella prima frase del discorso di aper­tura dell’Anno accademico, il rettore Or­naghi può ufficialmente rivolgere i suoi «sentiti ringraziamenti» al direttore Bale­strero, ultimo erede dell’epoca Colombo, e augurare buon lavoro al suo successore Lorenzo Cicchetti. Può darsi che sia una storia complica­ta, di rancori e vendette difficilmente di­mostrabili. Ma è un dato di fatto che l’Anonimo recente su Boffo è arrivato sul tavolo dei vescovi italiani nel maggio scor­so, proprio quando il Toniolo discuteva del rinnovo dei suoi vertici. Poi i vescovi l’hanno cestinato. Ma evidentemente qualche copia era rimasta in giro. Finché è arrivata in redazione al Giornale. Paolo Foschini