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 2009  settembre 05 Sabato calendario

Com’è che il nuovo virus dell’influen­za H1N1 dal Messico si è diffuso a Stati Uniti e Canada e poi America Centrale, America del Sud, Europa e Asia così in fretta? E’ «colpa» di tante persone, 2 mi­lioni e 350 mila a essere precisi, che si sono imbarcate su aerei in partenza dal Messico fra marzo e aprile di quest’an­no

Com’è che il nuovo virus dell’influen­za H1N1 dal Messico si è diffuso a Stati Uniti e Canada e poi America Centrale, America del Sud, Europa e Asia così in fretta? E’ «colpa» di tante persone, 2 mi­lioni e 350 mila a essere precisi, che si sono imbarcate su aerei in partenza dal Messico fra marzo e aprile di quest’an­no. Questi signori avevano tante desti­nazioni diverse (più di 1.000) e senza sa­perlo trasportavano il virus che con lo­ro è arrivato in 164 Paesi del mondo. Nel giro di poche settimane quei Paesi con almeno 1.400 passeggeri dal Messi­co avevano più casi accertati di infezio­ne da H1N1 degli altri (Kamran Khan e i colleghi di una delle Università dell’On­tario lo hanno raccontato sul New En­gland Journal of Medicine ). Che ci sia un rapporto fra viaggi aerei e diffusione delle malattie non sorpren­de, ma è la prima volta che lo si riesce a documentare così bene. Un tempo i mi­crobi viaggiavano in nave e cambiaro­no il corso della storia più delle guerre. Sì perché influenza, vaiolo, tubercolosi, peste, malaria e colera (le malattie che hanno fatto in assoluto più morti nella storia dell’umanità) nelle Americhe non c’erano, arrivarono lì alla fine del 1400 con i cavalli, i buoi e i maiali delle navi degli europei. Che invece da questi mali erano immuni. Perché? In Europa, Africa e Asia l’uomo conviveva con gli animali da millenni ed era riuscito ad addomesticarli. Il suo sistema immuni­tario aveva avuto tutto il tempo di adat­tarsi ai microbi con tante strategie diver­se, anticorpi soprattutto, capaci di rico­noscere ciascuno dei microorganismi degli animali e indebolirli o eliminarli grazie al sistema del complemento. Tutto questo nelle Americhe, isolate dal resto del mondo da millenni, non era successo. Là non c’erano in pratica animali domestici (buoi e maiali se li era portati via la glaciazione di tredici­mila anni prima). Virus e batteri portati dagli animali delle navi degli europei trovano gli indigeni impreparati, senza difese naturali. A fare più vittime fu l’in­fluenza: la popolazione di Santo Domin­go passò in pochi anni da oltre un milio­ne a meno di diecimila persone. La seconda malattia per numero di morti fu il vaiolo (in Europa c’era arriva­to 15 secoli prima a Roma con i guerrie­ri reduci dalla Siria ) che si diffuse pri­ma in Messico all’inizio del sedicesimo secolo e poi in Guatemala e Perù. L’im­pero Inca non cadde certo per via dei 168 uomini di Francisco Pizzarro. Gli in­digeni furono sterminati dal vaiolo mentre i conquistatori non si ammala­vano, parevano invincibili, come se go­dessero di protezioni soprannaturali. Stessa sorte per gli aztechi in Messico. Quando Cortes nel 1519 attaccò la pri­ma volta perse 400 uomini su 600, gli aztechi erano impreparati ma più forti degli spagnoli. La seconda volta gli indi­geni, in combattimento avrebbero qua­si certamente avuto la meglio. Ma furo­no sconfitti dal vaiolo. In poco meno di 80 anni l’80 per cento della gente delle Americhe muore, non c’è più manodo­pera e comincia la tratta dei neri dall’ Africa che a loro volta portano malaria e febbre gialla. Quindi in America le ma­lattie arrivano dall’Europa e poi dal­­l’Africa. Il contrario non succede quasi mai. Con una eccezione, la sifilide che arri­va in Europa con i marinai di Colombo. Ma non è la sifilide che conosciamo og­gi, è una malattia gravissima: si muore nel giro di settimane o mesi. Di quel pas­so anche la spirocheta presto o tardi avrebbe fatto la fine delle sue vittime. Ma ha cambiato strategia e nel giro di 50 anni si è fatta meno virulenta, con un disegno subdolo, mantenere in vita più a lungo i suoi ospiti per potersi dif­fondere. Ma perché in America dove pure c’erano aree intensamente popolate – è il caso del Messico – non c’erano mi­croorganismi capaci di infettare gli inva­sori? Virus e batteri per modificarsi e rendersi pericolosi hanno bisogno di animali e che vivano a stretto contatto con l’uomo. Come è successo in Europa da millenni e fin quasi ai nostri giorni (ai primi del ’900 nell’Europa contadina la gente aveva ancora i polli in casa e d’inverno dormiva nelle stalle per senti­re meno freddo). Sono gli animali, do­mestici di solito, che consentono a bat­teri e virus di evolvere. Ma succede an­che con animali selvaggi. La malaria, per esempio, arriva dagli scimpanzé, è passata dalle scimmie all’uomo cinque­mila anni fa ma gli studiosi se ne sono accorti solo adesso. Anche il virus dell’ Aids viene dalle scimmie. Prima infetta­va i cacciatori e la cosa finiva lì, poi si è modificato e ha imparato a passare da uomo a uomo. E non basta, proprio in questi giorni scienziati di Rouen in Francia e di Manchester in Inghilterra hanno identificato un altro virus della famiglia dell’Hiv in una donna del Ca­merun. Se le malattie infettive che han­no colpito l’uomo nei secoli passati e fanno vittime oggi le dobbiamo agli ani­mali, è vero anche che la consuetudine con gli animali alla lunga ci ha protetto. Un’altra prova? Le grandi spedizioni nel Pacifico di James Cook ammiraglio della flotta della regina. Con la prima spedizione alle Hawaii del 1778 Cook porta sifilide, gonorrea e tubercolosi, malattie là sconosciute. Con la seconda spedizione ci porta il tifo. Prima che ar­rivasse Cook alle Hawaii c’erano mezzo milione di persone, indifese nei con­fronti di quei batteri, nel 1850 erano ri­masti in meno di ottantamila. L’influen­za da virus H1N1 viene dai maiali ma fa meno vittime di una influenza stagionale. Non ci sarebbe ragione di al­larme se non fosse ancora una volta per gli animali. C’è preoccupazione per quello che può succedere in Africa, Medio Oriente e Asia. In quei Paesi circolano molti altri virus inclusi H5N1 e H9N2 quelli dell’in­fluenza degli uccelli. Sono vi­rus che colpiscono anche l’uomo, quelli che lavorano nei grandi allevamenti della Cina e dell’Indonesia soprat­tutto. Così si creano le condi­zioni perché H1N1 mescoli i suoi geni con quelli dei vi­rus degli uccelli e diano ori­gine a uno o più nuovi virus che il no­stro sistema immune non ha mai visto prima. Da virus così sarà difficile difen­dersi. Come è stato per gli Aztechi col vaiolo.