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 2009  settembre 05 Sabato calendario

IL FILM E’ BELLO, NON LO VEDREMO


Se l´arrivo della signora Patrizia D´Addario diventa l´evento maggiore di questa Mostra del cinema, se la "defezione" di Fabrizio Corona lascia un possibile vuoto, vuole dire che pure questa grande antica manifestazione della cultura internazionale non può più essere un´isola intoccata dall´inesorabile mutazione di un paese.
Un paese che sta perdendo la coscienza di quanto di pericoloso gli stia accadendo. Già si era capito sino dall´inaugurazione con un tappeto rosso abitato dai protetti di Lele M ora e dai vip da Billionaire e da telegatti, che quest´isola presa d´assalto sarebbe stata conquistata anche nei cinema. E infatti è subito sembrato strano che non ci sia grande folla nelle sale dove ci sono i film in concorso, in anteprima mondiale, quindi del tutto inediti, e presumibilmente i migliori reperiti sul difficile mercato del buon cinema, mentre ci si pesta per entrare dove ne proiettano anche di sgangherati, che però promettono di mostrare e forse spiegare soprattutto al pubblico giovane, la inquietante banalità che ci sovrasta e ci inquina, qui, in Italia.

Nello stesso tempo è proprio l´assuefazione a quella banalità che spinge, anche qui alla Mostra, a preferire film che non sorprendono, che rientrano nella realtà conosciuta, trasformandoli in eventi di cronaca, in gossip, in illazioni, in querele, in scoop minori. Capita così che il personaggio più importante di una Mostra del cinema, il critico, un tempo mitica figura che poteva decretare, talvolta prendendo famose cantonate, la fortuna o la rovina di un film, oggi viene scansata come troppo esigente, messa in ombra da quella vivace del cronista, pronto a raccogliere ogni barlume di notizia dallo schermo: parolacce, insulti, nudi, sodomie in primo piano, apparizione di lestofante diventato per questo venerato divo, cui la gente chiederà autografi e filosofie. E fuori dallo schermo, nel piccolo fortino del Lido, guai a lasciarsi sfuggire: tappeto rosso da Telegatti, escort promosse showgirl, griffe di abito o di gioiello imprestato, annuncio di festa definita blindata in cui si ammassano migliaia di persone tranne quelle in onore delle quali sono state pubblicizzate, dichiarazione e contro-dichiarazione di politico, colore delle mutande di un pezzo grosso, perdita di sandalo di diva, litigio di regista col portiere, qualsiasi battuta di noto prosseneta circondato da fan.
Pareva che questo simpatico modo di informare non potesse tracimare da quei settimanali, del resto ammirevoli, specialisti in sensazionali pettegolezzi su sconosciuti che invece risultano celeberrimi in quel settore. Invece, mentre anche i telegiornali lasciano cadere realtà, notizie e problemi, per accumulare cronaca nera, dichiarazioni vescovili e balbettii ministeriali, ecco che per la prima volta alla gloriosa, vecchia, venerata Mostra veneziana, arrivata alla sua 66ª edizione, il grande cinema, il cinema dell´intelligenza, delle emozioni, delle immagini indimenticabili, pare che interessi solo ai parrucconi di ogni età. L´abitudine a parlare dei film subito dopo le anteprime, non è scomparsa: ma sembra che l´impegno sia forte soprattutto nel discutere delle natiche nude di Fabrizio Corona in "Videocracy", o degli insulti dei rumeni agli italiani definiti razzisti di "Francesca". Eppure malgrado tutto, la passione per il bel cinema è ancora viva anche in Italia, ed esploderà alla fine di questa Mostra a Toronto dove nel festival-mercato arriveranno 271 film di cui non pochi già passati a Venezia.

Se la Mostra ha perso lo splendore di un tempo, e trascinarci un gran divo per più di pochi minuti è impresa non facile, resta un suo compito essenziale: quello di dar luce a opere degne che altrimenti nessuno conoscerebbe. Ma è sempre più arduo poi farle arrivare nelle sale, e per esempio un film bello come "Life during wartime" dell´americano Solondz, non ha ancor un distributore in Italia. Un tempo si accorreva a vedere film anche noiosissimi purché asiatici, adesso non si sa se vedremo "Prince of tears" (in concorso) di Yonfan, regista di Taiwan, che è una specie di Catene cinese, ambientato a Taipei negli anni 50, detti del «terrore bianco», eroine e vittime, di grande eleganza e levigata bellezza, i sospettati di comunismo. Cattivi tutti gli altri. invece bastato il titolo "Lourdes", perché Cinecittà Luce non perdesse un´opportunità in apparenza clericale: il film, in concorso, è diretto dall´austriaca Jessica Hausner, è girato in modo piuttosto sinistro nell´agghiacciante eppure commovente immenso e mercantile luogo di pellegrinaggio. Il film è interessante, ha un forte distributore che ha pensato forse che il nostro è un paese cattolico e propenso ai pellegrinaggi. Eppure ci si può chiedere chi mai andrà a vedere un film dove non si percepisce la fede ma piuttosto il suo sfruttamento, dove tutti aspettano il miracolo nello scetticismo dei religiosi.

Giovedì, in gran segreto, è sbarcato a Venezia l´americano Michael Moore, celebrato autore di urticanti documentari. Porta in concorso alla Mostra il nuovo, attesissimo, "Capitalism: a love story" (nelle sale arriverà il 2 ottobre distribuito da Mikado) che punta il dito sul sistema economico mondiale. «Perfetto per un appuntamento romantico», lo ha definito il regista. Chissà se il pubblico italiano sarà più interessato a un´impegnativa visione del mondo contemporaneo o alle performance dell´intraprendente Fabrizio Corona?