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 2009  settembre 05 Sabato calendario

IL DUCE DA ESPORTAZIONE GOVERNO’ FINO AGLI ANNI SESSANTA


Un importante libro di Mario Ivani, Esportare il fascismo (Clueb, pp. 324, euro 27) affronta, fondandosi su un’imponente e spesso inedita documentazione d’archivio, un tema non ignoto, ma ancora poco esplorato e in termini ideologici preconcetti. Come dice il sottotitolo, l’opera tratta la ”Collaborazione di polizia e diplomazia culturale tra Italia fascista e Portogallo di Salazar” durante il periodo 1928-1945. L’autore mette insieme i pezzi del mosaico riguardante la nascita e il consolidamento dell’Estado Novo (’Nuovo Stato”) portoghese, guidato da António de Oliveira Salazar, partendo dal golpe militare del 1926 e verificando passo a passo le mosse della politica estera (o ”politica di potenza”) del fascismo italiano, studiandone quindi l’ingerenza o il contributo, a seconda del punto di vista.Che il fascismo costituisse un polo d’attrazione per diversi Paesi, non solo europei, è cosa nota; ma quanto al Portogallo (e anche alla Spagna) lo stato degli studi si presentava alquanto carente. E questo malgrado la Penisola iberica fosse il bacino di destinazione privilegiato dal regime mussoliniano per l’esportazione dei propri modelli politici, come dimostra il successivo intervento militare italiano nella guerra di Spagna (1936-1939).

L’idea di Mussolini, riconducibile alla formula ”né comunismo né capitalismo”, attrasse quei regimi - prima di Salazar, poi di Franco - che non vedevano di buon occhio il presunto obbligo di assoggettarsi a una delle due forme di stato apparentemente esclusive dell’epoca, proiettandosi quindi verso la ricerca di una terza via. Il Portogallo copiò, adottò e adattò vari moduli del fascismo: in campo politico, l’eliminazione dei partiti, avvenuta principalmente all’insegna dell’anticomunismo; in campo socio-economico, il corporativismo, finalizzato all’eliminazione dei conflitti lavorativi tra classe padronale e classe operaia; l’insistenza sulle radici cattoliche e sulla latinità, nell’ambito ideologico-spirituale.Per comprendere meglio la precedenza italiana di certi aspetti fondanti del fascismo portoghese degli anni Venti e Trenta, è esemplare la lunghissima intervista, apparsa prima in Portogallo poi su ”Il Giornale d’Italia” il 10 ottobre 1934, rilasciata da António Ferro, sottosegretario alla Propaganda del governo portoghese, già creatore del Secretariado da Propaganda Nacional, vero calco dell’Ufficio Stampa del capo dello Stato italiano.

Tra le varie cose si legge: «Il Duce mi ha ricevuto concedendomi due interviste che hanno avuto in Portogallo una vastissima eco. Sono... rimasto affascinato dalla potenza che si sprigiona dal suo sguardo e dalla meravigliosa chiarezza con cui Egli vede e risolve ogni problema politico. Da quei colloqui sono uscito profondamente convinto, con un’anima fascista... Mussolini gode in Portogallo di una enorme popolarità... L’Idea Fascista ha trovato nella mia terra un nuovo sbocco. Il Portogallo aveva bisogno di ordine, di disciplina, di un governo forte che dominasse da padrone la caotica situazione creata dai troppi partiti. Ebbene tutto ciò oggi è stato possibile realizzarlo per opera di... Salazar, il dittatore tenace che... ha avviato il Portogallo verso un luminoso avvenire... Fascismo in atto dunque. E non basta; sull’esempio dell’Italia fascista si è creato uno Stato corporativo. Il Portogallo è la prima nazione del mondo che si sia ispirata ai principi del Corporativismo sia per la risoluzione dei conflitti economici e sociali, sia per gli istituti di rappresentanza politica». A parte alcune evidenti esagerazioni, le parole (seguite da fatti) di Ferro costituiscono l’esplicito riconoscimento da parte dell’Estado Novo di una diretta ispirazione al fascismo italiano.

Due fatti soprattutto risaltano nello studio di Ivani. Da una parte che il regime di Salazar, sempre reticente ad ammettere dipendenze dal regime mussoliniano, andò invece ben oltre il limite della semplice imitazione e operò scelte sia ideologiche che pratiche che costituiscono pressoché dei calchi (ad esempio nel settore della polizia politica). Dall’altra parte, emerge che questo ”contagio” poté realizzarsi grazie alla sorprendente abilità della diplomazia italiana, la quale, prendendo atto del legame storico che univa sia militarmente che economicamente Portogallo e Gran Bretagna (già ostile all’Italia), fu capace di intraprendere la strada della prudenza, consistente in una propaganda volta alla ”preparazione del terreno” per agevolare una penetrazione culturale ed economica attraverso il Minculpop e gli Istituti Italiani di Cultura.