Andrea Scaglia, Libero, 05/09/09, 5 settembre 2009
UNA FABBRICA DI CANNONI SPONSORIZZA IL PD
«La base! La base! Dobbiamo tornare alla base!». Che poi, a guardar bene, viene il sospetto di aver equivocato, e che la base in questione sia quella militare. E comunque, a parte la facile ironia, succede questo: ad Alessandria in questi giorni si svolge la Festa dell’Unità, (...) (...) la chiamano ancora così, si vede che da quelle parti hanno deciso di procrastinare l’avvento delle salamelle al gusto Pd. In ogni caso, com’è consuetudine, viene distribuito il programma della manifestazione, con il calendario degli incontri, i dibattiti, le serate danzanti. E poi ci sono anche gli ”sponsor”, aziende amiche evidentemente vicine alla causa. Tutto come al solito, verrebbe da dire. Pensate però allo sconcerto di vecchi e nuovi militanti quando, sfogliando il libretto, si son trovati davanti a una pagina pubblicitaria davvero particolare. Dominata da un modernissimo cannone, e stampigliato sopra uno slogan che sembra vergato da George W. in persona: Towards a safer world, il cui senso è Per un mondo più sicuro. L’azienda in questione è la Oto Melara, di proprietà di Finmeccanica, produce carri armati e cannoni e sistemi missilistici e cose così. La réclame è poi completata da un testo breve ma incisivo, che spiega come quello ritratto sia il ”cannone 76/62 venduto in 56 paesi del mondo”. Per concludere con l’auspicio di ”rimanere leader in un mercato mondiale in continua evoluzione”.
Possibile? E i presidi anti-militaristi? E i vessilli arcobaleno? E i fiori da mettere nei cannoni? E infatti Polisblog, il sito Internet che ha rilanciato in Rete l’episodio, commenta sconcertato: «Non credo ai miei occhi. Guardo le bandiere della pace che, insieme a quelle del Pd, sventolano all’ingresso della festa e poi riguardo la pubblicità: è ancora lì, non me la sono immaginata». No no, è proprio vera. Si vede che sono cannoni progressisti. A questo punto, visto che il cronista informatico è lì, alla festa, per assistere all’incontro con Pier Luigi Bersani, si avvicina al candidato leader del Partito Democratico e gli rivolge la domanda: «Guardando il volantino di questa Festa dell’Unità - gli chiede - abbiamo trovato la pubblicità di una ditta che produce armi. Crede che questo possa essere coerente con i valori di un partito come il Pd?». E l’ex ministro di Prodi risponde che sì, insomma, «essere pacifisti non significa mica essere disarmati, in Italia abbiamo anche fabbriche d’armi». E poi, però, arriva la precisazione che tanto somiglia al consueto ma anche: «Detto questo - aggiunge Bersani - io credo che la spinta verso le tecnologie possa essere maggiormente orientata nei settori civili. Nei prossimi 5-10 anni dovremo buttare tutta la nostra innovazione sui temi dell’economia verde».
Domanda successiva del blogger: quindi pensa che la pubblicità di un cannone, come in questo caso, possa avere un senso? Risposta: «Insomma, esiste un esercito, no? Non è che possiamo abolire l’esercito credo, purtroppo, per adesso». E va da sé che - credo, purtroppo, per adesso - non hanno abolito nemmeno i soldi. Che poi, intendiamoci, le risposte di Bersani sono anche ragionevoli. Ma il problema è sempre quello: per anni, anzi decenni, vai avanti a slogan, frasi fatte, fiaccolate, disarmi unilaterali, e sbandieri la tua ”diversità” rispetto a questo schifo di mondo. Solo che poi viene fuori che invece sei più o meno come gli altri, solo un po’ più ipocrita, e ti abbeveri alla stessa fonte, che quando invece ti fa gioco definisci putrida e velenosa. E allora la figuraccia è inevitabile.
Resta il fatto che, su Internet, s’è acceso il dibattito. Con l’ormai consueta divisione progressista fra realisti («ma sì, dai, ha ragione Bersani, non facciamo gli ingenui...») e delusi («...che vergogna, siamo come quegli altri...»). Non una novità, questa. Nel 2004, con l’Iraq ormai in mano agli americani, si cominciò a parlare di contratti legati alla ricostruzione del paese. E, insomma, faceva un certo effetto vedere, fra le aziende che si erano presentate all’Istituto per il commercio estero per informarsi sulle possibilità di business, faceva effetto vederci anche la Legacoop, la Lega delle Cooperative, che qualcuno chiama anche ”coop rosse”. Cioè, tutta o quasi l’area politica a cui storicamente fai riferimento si è a suo tempo schierata contro la guerra perché «nascondeva gli interessi di Bush e soci». E poi, appena è possibile, ti metti in fila per vedere se c’è da fare qualche soldo? E così, gli affari sono affari. Anche a sinistra. E non c’è cannone che tenga.