Vittorio Malagutti, L’Espresso, 10 settembre 2009, 10 settembre 2009
VITTORIO MALAGUTTI PER L’ESPRESSO 10 SETTEMBRE 2009
La resa dei conti segreti L’aristocratico finanziere. Il padrone di Alberghi. L’operatore di televendite. Il petroliere. I nomi e gli affari della lista sequestrata all’avvocato svizzero Pessina. Al centro della mega inchiesta per evasione
C’è Gastone Colleoni, ricchissimo finanziere di sangue blu. I Montresor, padroni di alberghi e palazzi nel Nordest. Giuseppe Grossi, che si è costruito una fortuna smisurata con le bonifiche ambientali. La famiglia Greggio, leader in Europa nella lavorazione dell’argento. Alcide Golinelli di Modena, fondatore del gruppo CSR, il più importante operatore nazionale delle televendite. Bruno Nocivelli, a capo dell’Azienda Bresciana Petroli. E poi ancora decine e decine di nomi, con tanto di conti bancari e società in Italia e all’estero, reddito personale (quello vero), residenza, stato di famiglia, proprietà immobiliari. Ecco, è questa la "lista Pessina", come è stata sbrigativamente etichettata da alcune cronache nelle scorse settimane. Un archivio segreto che "L’espresso" ha potuto consultare: milioni di dati stipati nel computer dell’avvocato svizzero Fabrizio Pessina, arrestato ai primi di febbraio dalla Guardia di Finanza all’aeroporto della Malpensa di ritorno da un viaggio in Spagna. Già nella primavera scorsa (numero 13) "L’espresso" ha dato notizia per la prima volta dell’indagine avviata dalle Fiamme Gialle. Nel frattempo Pessina è tornato in libertà dopo cinque mesi di carcere e il suo archivio è stato passato al setaccio dagli investigatori.
Ce n’è abbastanza per dare il via a quella che si preannuncia come la più clamorosa inchiesta giudiziaria dell’ultimo decennio contro i furboni delle tasse. Tra società ombra e conti cifrati, seguendo passo passo le complicate architetture finanziarie escogitate dal professionista ticinese, il Fisco ha la possibilità di individuare con precisione redditi per milioni di euro occultati oltrefrontiera. La lista comprende 552 nomi ma i bersagli potenziali sono molti di più. Il database, infatti, fornisce informazioni dettagliate su molteplici affari conclusi in Italia e all’estero dai clienti di Pessina. E, come è emerso sin dai primi riscontri, anche le controparti di queste operazioni hanno fatto di tutto per dribblare le tasse. In altri casi, invece, le voci dell’elenco non sembrano fare riferimento a circostanze precise.
Dall’archivio sotto sequestro spunta per esempio anche il nome di Mario Polegato, fondatore della Geox quotata in Borsa, uno dei marchi più celebrati del made in Italy. All’industriale veneto, meglio noto come l’inventore della "scarpa che respira", è dedicato un piccolo spazio nell’immenso database dell’avvocato di Chiasso. La casella però rimane sospesa, non rimanda a nessuna operazione precisa, come invece succede per la grande maggioranza dei nomi citati nella lista.
Ecco qualche esempio concreto. L’industriale friulano Gianpietro Diana (rivestimenti in legno) con l’aiuto di Pessina si è fatto la holding in Lussemburgo, la WLF invest. Ma allo stesso Diana, secondo quanto emerge dalla banca dati sequestrata, farebbe riferimento anche il trust Las Venus company. Il milanese Luciano Carlovico (settore lubrificanti) viene associato alla Zhyra management. Piergiovanni Keller, indicato come residente a Montecarlo, è invece citato accanto a una non meglio precisata Fondacion Aragostas con sede a Panama. In queste settimane le ricerche degli investigatori stanno cercando di dare un senso compiuto a una babele di nomi, date, operazioni finanziarie. L’inchiesta, partita da Milano, si è così estesa a mezza Italia. Tocca infatti ai singoli comandi regionali procedere alle verifiche sugli imprenditori residenti nelle zone di loro competenza. In Emilia per esempio è al vaglio la posizione dei Golinelli, che dal quartier generale di Camposanto, in provincia di Modena, sfornano televendite dei prodotti più diversi (abbigliamento, elettrodomestici, mobili, orologi, alimentari) e dichiarano un giro d’affari di oltre 50 milioni l’anno. Nel 2005, con la consulenza di Pessina, i Golinelli hanno costituito la finanziaria Fin 4 holding, con base in Lussemburgo, a cui è stata trasferito il controllo dell’azienda di famiglia.
Facile prevedere, però, che la maggior parte del lavoro finirà sulle scrivanie delle Fiamme Gialle del Veneto. A quanto pare, infatti, l’avvocato svizzero finito agli arresti aveva reclutato clienti soprattutto sull’asse Verona Vicenza Padova. Insomma, profondo Nordest, regno delle piccole e medie imprese. Nella lista sequestrata a febbraio troviamo per esempio i nomi di Angelo Bernardinello e Federico Nicolazzi, titolari della Bernardinello engineering di Cadoneghe, nel Padovano, un’azienda che fabbrica impianti per il trattamento e la depurazione delle acque.
Una casella dell’archivio di Pessina è dedicata a Silvano Zilio, cavaliere del lavoro, fondatore della Zilio mobili di Tezze sul Brenta, in provincia di Vicenza. Mentre nella zona di Verona ha concentrato buona parte delle sue attività l’immobiliarista e costruttore Luciano Urbani, che un paio di anni fa ha investito anche in un nuovo terminal logistico insieme al gruppo tedesco Duss. Il nome di Urbani spunta dal computer dell’avvocato di Chiasso al pari di quello dei Montresor, ricca famiglia veronese che possiede, tra l’altro, il PaDalla città scaligera è partito anche Gastone Colleoni, pure lui inserito nella lista di Pessina.
Negli anni scorsi il nobile Colleoni (conte) è riuscito in un paio di occasioni a conquistarsi la ribalta della finanza nazionale. Tant’è che oggi lo troviamo alla presidenza di una società quotata in Borsa come la Alerion, nata per investire nelle energie rinnovabili (solare, eolico) su iniziativa, tra gli altri, di Giuseppe "Pippo" Garofano, già numero uno della Montedison ai tempi dei Ferruzzi. Nel 2002 sempre in compagnia di Garofano, il conte Colleoni si è dato al credito. Nel senso che ha fondato la Banca Mb, piccolo istituto milanese dalla vita travagliata: Bankitalia lo ha commissariato qualche mese fa dopo la segnalazione di numerose irregolarità di gestione. Nei file di Pessina, invece, la famiglia Colleoni viene messa in relazione con una finanziaria di Vaduz, la Industrial team. Una circostanza, quest’ultima, tutta da verificare alla luce degli accertamenti affidati dall’Agenzia delle Entrate alla Finanza.
Del resto i clienti di Pessina non sono qualificabili come evasori per il solo fatto di essersi affidati all’avvocato ticinese. Certo, per molti di loro non sarà facile dare conto delle operazioni e dei giochi di sponda nei paradisi fiscali. Tutti affari descritti nei minimi particolari nell’immenso database ora a disposizione degli investigatori. Ci sono compravendite immobiliari e fatture, spesso emesse da società off shore. Trasferimenti all’estero di pacchetti azionari ed emissioni obbligazionarie. La giostra dei soldi girava da anni a tutta velocità. Niente era stato lasciato al caso. Dalle indagini sarebbe perfino emerso che, all’occorrenza, i clienti venivano dotati anche di una scheda telefonica svizzera. Un sistema che sembra studiato apposta per sfuggire al grande orecchio del Fisco.
Pessina era il tecnico, il professionista con esperienza pluridecennale nella creazione e gestione di schemi societari con base nei paradisi fiscali. Il catalogo viaggi offriva tutte le mete classiche del settore. In Europa il Lussemburgo, il Liechtenstein e l’isola di Madeira. Oltre Altlantico le caraibiche British Virgin Islands e Panama. L’avvocato svizzero, però, non si era procurato da solo tutti quei clienti. Piuttosto, il suo studio di Chiasso funzionava come il terminale operativo di un’organizzazione tutta italiana che aveva come massimi referenti l’uomo d’affari Mario Merello e il commercialista Siro Zanoni. Secondo quanto è emerso dalle indagini erano loro a tessere relazioni con imprenditori e professionisti del Norditalia. Merello, 63 anni, conosciuto nel jet set come il marito della cantante Marcella Bella, è uomo dalle mille frequentazioni, nel mondo politico come nell’alta finanza (vedi box a destra). Vive a Milano in un palazzo della centralissima via Bigli, ma dichiara residenze anche a Saint Moritz e a Caracas, in Venezuela.
Zanoni, invece, commercialista milanese con studio in via della Spiga, in pieno quadrilatero della moda, si è costruito la fama di professionista per vip. Industriali, finanzieri, gente di spettacolo, grandi immobiliaristi: tutti a caccia di un approdo off shore, di una cassaforte oltrefrontiera a prova di imposte. A ben guardare, però, il suo terreno di caccia preferito resta il Nordest, nell’ambiente dei piccoli e medi imprenditori. Non è un caso. Zanoni, 55 anni, è partito da Verona, dove può ancora contare su decine di affezionati clienti. Attorno al suo studio ruotano numerose società, a volte con base nei paradisi fiscali. il caso della Glenburn overseas trading di Gibilterra, che possiede una partecipazione nella Pacifico srl, di recente trasferita al sole delle British Virgin Islands. Quando capita, l’attivissimo professionista non disdegna di accettare incarichi nei consigli di amministrazione delle società legate ai suoi clienti. Dal 2003 fino al marzo del 2006 lo troviamo per esempio tra gli amministratori della Banca Mb insieme al conte Colleoni.
Di recente però ad attirare l’attenzione degli investigatori sono state alcune operazioni concluse dal terzetto Merello-Pessina- Zanoni. I loro nomi risultano coinvolti nella creazione della WMK, una finanziaria (la sigla sta per Woodrow, McKenzie & company) nata in Texas con sedi in Lussemburgo e in Svizzera. A che cosa serve? A quanto pare la Wmk sarebbe una sorta di contenitore off shore in cui sono stati riversati i capitali di decine di investitori italiani. Nulla di illegale, a patto che queste operazioni finanziarie siano state denunciate al Fisco. La pista da seguire parte ancora una volta dal gigantesco archivio di Pessina, dove non mancano riferimenti alla Wmk e ad altri affari simili. Tanto che affiora un nuovo sospetto. Più di un indizio lascia pensare che alcuni dei clienti citati nella lista siano riusciti ad approfittare a modo loro dei due scudi fiscali varati tra il 2001 e il 2003 dal governo Berlusconi. Come? Semplice: basta truccare le carte in modo da rimpatriare soldi neri che in realtà non hanno mai lasciato l’Italia oppure sono stati esportati dopo il tempo limite fissato dalla legge. E ora che il ministro Giulio Tremonti ha varato lo scudo numero tre la macchina era pronta a ripartire. Ma l’arresto di Pessina ha bloccato tutto.