Dario Del Porto, la Repubblica 4/9/2009, 4 settembre 2009
Vestono firmato e ascoltano neomelodico. In tasca, insieme al cellulare, tengono un coltello o una pistola giocattolo che sembra vera
Vestono firmato e ascoltano neomelodico. In tasca, insieme al cellulare, tengono un coltello o una pistola giocattolo che sembra vera. A sera, montano sul motorino e cominciano a girare. Vorrebbero diventare come i più grandi, che stanno già nel "sistema" e fanno i soldi con la droga. Ma sono ragazzini e intanto sfangano la serata facendo rapine. Spesso non hanno neppure 14 anni, però in branco fanno paura. Picchiano anche se non serve. Possono uccidere, pure se la vittima ha le braccia alzate. E se una ragazza accetta un passaggio, rischia di trovarsene otto che vogliono obbligarla a fare sesso alla luce del cellulare. Poi capita che qualcuno finisce male, in carcere o al cimitero. Ma ce ne sono dieci che nello stesso momento sono in strada a tirare droga pronti a scatenarsi. Così, ogni giorno che passa, la vita vale un po´ di meno, nelle strade di Napoli dove la generazione Gomorra sembra destinata inesorabilmente a perdersi, risucchiata nella spirale di una violenza che la città vive come un male incurabile. Non è un problema di questo o quel quartiere, ha giustamente avvertito il presidente della municipalità Scampia, Carmine Malinconico, dopo il drammatico episodio della sedicenne costretta a subire atti sessuali da parte di otto giovanissimi, sette dei quali minorenni: «Questi episodi sono la spia di un disagio giovanile che va analizzato in maniera approfondita». Ne è consapevole il sindaco Rosa Russo Iervolino, che commentando lo stupro di Scampia ha richiamato «tutte le agenzie educative, scuole, parrocchie, enti e associazioni ad elevare il livello di attenzione per i ragazzi». La realtà è fotografata dai numeri: nel 2008 gli arresti di minorenni in provincia di Napoli sono aumentati di oltre il 67 per cento, i processi, prevalentemente per rapine commesse con l´uso di coltelli o per risse, del 20 per cento. «Dati particolarmente preoccupanti, che non lasciano ben sperare», secondo il prefetto di Napoli, Alessandro Pansa. Ma sono le storie, messe insieme come le sequenze di un film, che spiegano tutto meglio di qualsiasi cifra: mercoledì, ore 17.30, nella Villa Comunale affacciata sul lungomare, un branco composto da sei persone, un maggiorenne con precedenti per rapina, tre ragazzi di età compresa fra i 15 e i 16 anni e due sorelle, una di 17 e l´altra addirittura di 13 anni, aggrediscono una coppia di fidanzati per impossessarsi del lettore MP3. Picchiavano tutti. Maschi e femmine. Racconta una delle vittime: «Abbiamo cominciato a correre, ma ci hanno inseguito. Avevano mazze di legno. Quello più alto ha cominciato a colpire il mio fidanzato alla spalla. Mentre i quattro ragazzi picchiavano lui, le due ragazze hanno schiaffeggiato me al volto, poi mi hanno tirato i capelli fino a farmi cadere a terra. Il più alto gridava: "dacci quel lettore Mp3, altrimenti continuiamo a darti mazzate"». Alla fine si sono fermati, ma solo perché è arrivata la polizia. Il ragazzo adesso è in ospedale con una spalla che guarirà solo fra tre settimane. La ragazza se la caverà in cinque giorni. Poteva finire ancora peggio anche l´aggressione a due turisti gay avvenuta in piazza Bellini otto giorni fa. Cominciata con un diverbio fra i visitatori e cinque ragazzi, proseguita con un gruppo di una quindicina di persone che senza neppure conoscere i contendenti si è scagliata contro i due malcapitati, picchiandoli e insultandoli. A fine giugno, nel quartiere collinare del Vomero uno studente ha scritto una lettera a "Repubblica" per raccontare si essere stato «calunniato e pestato selvaggiamente da un gruppo di ragazzi che neanche conoscevo prima». Il branco lo ha circondato, istigato dalle ragazze che, mentendo, accusavano il giovane di averle toccate. Poi ci sono gli episodi che sui giornali non arrivano neppure, come il caso dei residenti di intere zone che nel fine settimana non escono di casa per evitare di incrociare gli scooter che invadono la carreggiata, le risse per uno sguardo. «Una volta a Napoli esisteva la mediazione di quartiere - ragiona il maestro di strada Marco Rossi Doria - che aiutava ad allentare le tensioni. Progressivamente questo elemento è venuto a cadere perché le teste pensanti delle fasce più deboli stanno andando via. Per uscire dalla disoccupazione e dall´esclusione sociale, hanno preso la via dell´emigrazione come avevano fatto i loro nonni. Così non ci sono più quei fratelli maggiori, quegli zii, quei cugini che in passato aiutavano, come si dice, a "levare occasione", smorzavano i contrasti e guidavano i più giovani». Sottolinea, Rossi Doria, che il problema di fondo sta «in un´esclusione sociale che a Napoli dura da 40 anni: se per un tempo così lungo togli speranze e prospettive a un territorio, chi può salvarsi va via, gli altri restano senza speranza. Non sono necessariamente cattivi. Li puoi trovare mentre aiutano la mamma a fare i servizi o lavorano come garzoni di bottega. Ma vanno a scuola a intermittenza, se ci vanno. E covano un´energia vitale fortissima, senza avere prospettive. Passano il tempo nelle sale giochi, assumono droghe. Eleggono il più matto di tutti come capo, ma solo per quella sera. E quando li incontri, non sai cosa ti può accadere».