Susanna Marzolla, La Stampa, 04/09/09, 4 settembre 2009
E L’AVVENIRE SI MOBILITA «UNA BASSA MACELLERIA»
Ci aveva detto che, se davvero si dimetteva, saremmo stati i primi a saperlo. E così effettivamente è stato; ci ha chiamato nella tarda mattinata e ci ha detto che aveva deciso, irrevocabilmente, di lasciare la guida del giornale». Nicoletta Martinelli, del Comitato di redazione di Avvenire, racconta l’inizio di una giornata certamente unica nella storia del quotidiano cattolico. La telefonata arriva da Roma: Dino Boffo è lì, dice che la sua è stata «una decisione meditata, discussa in modo amichevole con le persone di cui ha fiducia»; preannuncia il suo editoriale di oggi. «Spiega ai lettori, così come le ha dette a noi, le ragioni delle sue dimissioni - racconta Domenico Montalto, altro membro del Cdr - cioè che, lasciando, sarà più libero di difendersi da un attacco senza precedenti, evitando che Avvenire venga coinvolto».
«La telefonata ovviamente non è breve», dice Martinelli. Tanto che, mentre il direttore è in linea con il Cdr al computer della sala riunioni compare il primo flash dell’ Ansa: «Boffo si è dimesso». Ed è così che parte dello staff del giornale apprende la notizia. Da una parte (la rappresentanza sindacale) e dall’altra (il gruppo dirigente) la reazione è comunque la stessa: rispondere ad un «ripugnante attacco mediatico» mantenendo ferma la linea del giornale. Ed è una reazione che l’intera redazione mostra di condividere in pieno. Al di là dei rapporti personali con Boffo, al di là di possibili critiche alle scelte di un direttore che aveva quasi «plasmato» il giornale su di sé, tutti sono convinti che l’attacco de «Il Giornale» varca la figura di Boffo. Tutti te lo dicono: dal vecchio redattore, che nel quotidiano cattolico stava da ben prima che arrivasse Boffo e sovvertisse comportamenti di consolidata prudenza editoriale, alla giovane ed entusiasta cronista; fino all’inviato di punta, che in redazione ci sta poco, che ne ha viste di tutti i colori ma una campagna di stampa simile (sintesi per i non-lettori de «Il Giornale»: le prime 4-5 pagine monotematiche sull’argomento «Boffo e morale», per una settimana intera) non se la sarebbe mai aspettata.
Alle quattro del pomeriggio comincia l’assemblea; il clima è teso, sicuramente, ma non rassegnato.
Reagire appunto. E dopo due ore di discussione su un testo presentato dal cdr, dopo la votazione di diversi emendamenti, la pagina che finisce con un plateale: «Grazie direttore» è tutt’altro che un timida difesa. Anzi: è un netto atto d’accusa contro «un’operazione di bassa macelleria giornalistica: il direttore de Il Giornale - e gli altri che via via si sono accodati - nascondendosi dietro al diritto di cronaca ha frantumato la deontologia del nostro mestiere».
Per i redattori di Avvenire, infatti, «abbiamo assistito in questi giorni a un’aggressione mediatica senza precedenti con l’obiettivo di colpire una persona, Dino Boffo, e attraverso lui la voce autorevole e libera dei cattolici italiani e del loro quotidiano, minacciando la libertà di informazione». Il documento «invita a meditare, in una giornata che dovrebbe essere triste per tutti», definisce le dimissioni un «atto di stile e generosità» e così si conclude: «L’assemblea dei redattori, rifiutando questo squallido gioco al massacro, esprime vicinanza e amicizia al direttore Dino Boffo e ribadisce all’editore e ai lettori la ferma volontà di proseguire, senza lasciarsi intimidire, nel lavoro di informazione libera e puntuale». Marco Tarquinio, vice di Boffo ed ora direttore «ad interim» (il posto definitivo potrebbe essere preso da Gianfranco Fabi) conferma; e commenta amaro: «Noi siamo una piccola nave, altri hanno grandi bocche da fuoco e le hanno usate tutte per una pessima causa».