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 2009  settembre 04 Venerdì calendario

ASSE BAGNASCO-BERTONE, FINISCE L’ERA RUINI


La Cei volta pagina e d’ora in poi la politica avrà nell’asse Bagnasco-Bertone l’esclusivo canale di dialogo con i Sacri Palazzi. Per espressa volontà di Benedetto XVI (che ha personalmente sollecitato una soluzione rapida dello scandalo) l’unica via autorizzata e ufficiale, dunque, è ormai quella rappresentata dal patto di ferro stretto tra la nuova leadership della Chiesa italiana e la Segreteria di Stato.

L’uscita di scena di Dino Boffo affranca definitivamente la Conferenza episcopale dall’influenza dell’ex presidente Camillo Ruini che, pur in pensione, aveva finora continuato (anche attraverso il suo «patronage» sul quotidiano dei vescovi) a operare, dietro le quinte, come intermediario tra la Curia e il governo. Questo, dunque, è l’effetto nell’episcopato nazionale del terremoto provocato dall’attacco del «Giornale» a Boffo. Ma, poi, c’è il risvolto politico della vicenda che ha visto il giornale di famiglia del premier far scoppiare uno scandalo che ha gravemente ferito la Chiesa italiana.

E non è un caso che il presidente della Cei Angelo Bagnasco abbia incontrato per un’ora, proprio in questa travagliata giornata, il leader della Lega Umberto Bossi e il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, malgrado da settimane il Carroccio polemizzi duramente con la Chiesa sui respingimenti degli extracomunitari e persino sulle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Un colloquio cordiale e «positivo» - come ha dichiarato lo stesso ministro Calderoli - nel corso del quale, secondo quanto si apprende, il capo della Chiesa italiana ha espresso preoccupazione per le ricadute della crisi economica sulle famiglie e per l’emergenza umanitaria degli sbarchi in Sicilia, mentre la bufera scoppiata su Boffo è rimasta sullo sfondo. E l’esponente leghista si spinge più un là, che esprime la sua «soddisfazione come cattolico e come politico», in quanto si è parlato di immigrazione e bioetica. Ma il «faccia a faccia» suona quasi come un segnale di irritazione della Cei per il caso Boffo nei confronti di Berlusconi, che finora, affiancato dal gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta, era sempre stato nel governo l’interlocutore unico con la Curia. Malgrado i tentativi di farlo passare sotto traccia («era un appuntamento fissato da tempo e si erano già visti un anno fa per la presentazione della bozza di federalismo fiscale», minimizzano in Cei), è un messaggio diretto a Palazzo Chigi. Poche ore prima di ricevere Bossi e Calderoli, il cardinale Bagnasco aveva tuonato contro il «Giornale»: «Boffo è stato oggetto di un inqualificabile attacco mediatico». Ma il meccanismo che si è messo in moto è soprattutto interno alla Chiesa. Marco Tarquinio ha assunto la direzione «ad interim» di Avvenire, mentre il nome del sostituto di Boffo uscirà il 21 settembre dal Consiglio permanente della Cei, durante il quale, spiegano nell’episcopato, «Bagnasco userà parole dure sulla vicenda Boffo e sul governo».

Anche l’Osservatore Romano dà, nell’edizione di oggi, la notizia delle dimissioni di Boffo, la pubblica nelle pagine interne, senza commento, limitandosi al comunicato dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
Il dibattito intra-ecclesiale arriva alla radice del problema. «La vicenda Boffo nasce dalla contraddizione insanabile che è alla base di ”Avvenire”: essere ”portavoce” della Chiesa italiana e contemporaneamente un giornale di informazione», osserva monsignor Vinicio Albanesi, leader del «non profit» bianco e responsabile della Comunità Capodarco. «La prima vittima dell’ ”equivoco Avvenire”, consenziente per la verità, è stato il direttore Boffo - precisa monsignor Albanesi. Non si rimane direttore dei tre organismi di comunicazione per 15 anni di seguito. La sua permanenza ai vertici degli organi informativi è dovuta, oltre che alla sua bravura professionale, al riconoscimento della sua funzione di portavoce: necessariamente obbediente. Forse troppo». Dunque, è necessario «ripensare la collocazione di un’informazione cattolica pubblica» e «l’idea di una informazione generalista cattolica gestita dai vescovi è da scartare, a meno che non si scelga chiaramente di definirsi organo della Cei, come capita all’Osservatore Romano con la Santa Sede». In quel caso le notizie, i commenti e le opinioni non sono più tali, ma fanno parte del linguaggio e della cultura diplomatica. « utile rivisitare invece altre espressioni di informazione del mondo cattolico, in Italia ”Famiglia Cristiana”, in Francia ”La Croix” che sono organi non ufficiali, ma che esprimono liberamente la propria opinione, senza la pretesa di essere infallibili e senza censure da parte dell’autorità ecclesiastica», sottolinea monsignor Albanesi.