Roberto Capezzuoli, Il Sole-24 Ore 3/9/2009;, 3 settembre 2009
SE IL T CARO LA COLPA DEL NIO
Lo chiamano El Niño, il Bambinello, perché inizia a manifestarsi sulle coste peruviane intorno a Natale. Però non porta regali e ai giardini di tè del subcontinente indiano e dell’Africa centro-orientale fa solo danni. Il fenomeno meteorologico del Niño è un anomalo riscaldamento di una vasta area dell’oceano Pacifico, che si presenta periodicamente ogni 3-5 anni e altera i normali valori di umidità. Il suo arrivo quest’anno pare non sia stato particolarmente "cattivo", ma ha ridotto le piogge monsoniche a livelli insufficienti a garantire il normale rendimento delle piantagioni. L’India in particolare teme per il prossimo raccolto di riso e sta già facendo i conti con un forte calo nella produzione di canna da zucchero e di tè.
Meno colpite, almeno a giudicare dalle statistiche dei paesi produttori e dalle reazioni dei prezzi, le importanti piantagioni vietnamite di caffè. Gli sviluppi del clima, anzi, potrebbero favorire benefiche piogge in Brasile, proprio nell’imminente periodo di fioritura del caffè.
Le quotazioni, a ben vedere, segnalano che almeno nel settore dei coloniali gli interventi speculativi sono pilotati soprattutto dai timori di riduzioni produttive, più che dall’attesa di consumi crescenti.
Per una vasta fascia di popolazioni povere, ma affezionate al tè, in Asia, Africa, Russia e Medio Oriente, i rincari causati dal Niño sono colpi da knock-out.
Alle aste di Mombasa, l’attuale punto di riferimento del mercato mondiale, le foglioline di miglior qualità sfiorano i 4 dollari per kg, un record assoluto che supera del 20% i valori di un anno prima. Il rialzo potrebbe proseguire, perché il Kenya, primo esportatore mondiale di tè nero, ha appena annunciato che da gennaio a luglio la sua produzione è calata dell’11,4%, mentre nello Sri Lanka, il secondo esportatore, la flessione è stata del 21,3%.
Qualche segno di cedimento si è visto nell’ultima vendita di Mombasa e ieri anche nel Malawi. La richiesta è resa cauta dai prezzi e anche dal rincaro, ancor più violento, accusato nelle ultime settimane dallo zucchero, l’altro ingrediente chiave della bevanda più diffusa nel mondo ( dopo l’acqua, ovviamente).
Gli affari scontano in questi giorni il Ramadan, che allontana dai mercati molti operatori musulmani, ma torneranno vivaci entro fine mese, in concomitanza con la tradizionale stagione indiana dei festival, che aumentano la pressione dei consumi.
Opposta la situazione del caffè, che ieri ha solo parzialmente corretto una prolungata tendenza ribassista. La varietà "robusta" al Liffe di Londra ha visto un rialzo superiore al 2,5%, ma in un anno ha perso più del 36%, atterrando a 1.411 dollari per tonnellata. La varietà "arabica" a New York è calata nello stesso periodo del 15 per cento, assestandosi poco sopra 120 cents per libbra.
Secondo Mario Cerutti, direttore della supply chain di Lavazza, il primo torrefattore italiano, il bilancio mondiale, che nella corrente stagione si chiuderà in lieve deficit, non è preoccupante. « stato un anno off per il ciclo vegetativo in Brasile – nota Cerutti – però le scorte ci sono, anche presso le borse merci, mentre i consumi in diverse aree scontano un rallentamento che si può attribuire alla crisi economica».
Il clima non ha aiutato i raccolti africani, ma in Vietnam, in testa alla graduatoria dei produttori di robusta, i danni paiono inferiori a quanto si temesse. Un graduale rilancio delle quotazioni non è affatto escluso, ma forse l’innesco dei rialzi sarà "pilotato": il Brasile, i cui raccolti nel 2009-10 potrebbero toccare livelli record da 60 milioni di sacchi da 60 kg, ha appena programmato di acquistare fino a 10 milioni di sacchi da 60 kg (poco meno di un decimo del raccolto mondiale di un anno) ai farmers che non riescano a ottenere un adeguato prezzo di vendita.