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 2009  settembre 03 Giovedì calendario

WALL STREET, IL PIU’ GLAMOUR IL BOSS DI GOLDMAN SACHS

La rivista Vanity Fair ha scelto il suo campione 2009 per "ricchezza, autorità, influenza, filantropia": è Lloyd Blankfein, Ceo (chief executive officer) della banca d’affari Goldman Sachs. Sarà una sfida fra cent’anni, per gli storici del 2109, spiegare come un secolo prima la rivista dalla testata ammiccante, la fiera della vanità, abbia dato il primo posto, in una classifica-manifesto del capitalismo, al numero uno della banca numero uno del Paese che ha causato la Grande Depressione mondiale numero due (dopo quella preistorica del 1929-1939). Erano pazzi a Vanity Fair? O, nel 2009, avevano scherzato tutti gli altri, in testa l’uomo del Change Barack Obama e il Congresso Usa che avevano fatto staccare assegni trilionari ai contribuenti per salvare le banche dal collasso?
Nè l’una cosa nè l’altra. Il sistema ha tremato per qualche trimestre ma sulle copertine il panico, in pochi mesi, è diventato celebrazione. Ai posteri la sentenza, ma già oggi la selezione di Vanity Fair appare del tutto normale. La vita continua, Wall Street è qui per restare, e le ambizioni degli uomini, con incorporati vizietti, si sono dimostrate refrattarie alle pretenziose leggi regolatorie che si illudono di tarparle. Blankfein, 55 anni, figlio di un postino a Brooklyn, non ha solo resistito contro la crisi, l’ha trasformata in opportunità.
Per il successo e i legami con il potere la sua banca è stata definita "piovra-vampiro" dalla rivista Rolling Stones, capofila degli amanti delle teorie cospiratorie. Ma intanto lui ha scalato la classifica di Vanity Fair dal ventesimo posto del 2008, mettendosi davanti a icone della tecnologia (Steve Jobs di Apple, secondo e Jeff Bezos di Amazon, terzo) e della finanza (Warren Buffett, quarto). «Mentre numerosi contemporanei del capo della Goldman Sachs hanno visto le loro carriere concludersi con una fine ignominiosa nell’ultimo anno e mezzo - Dick Fuld della Lehman Brothers, Jimmy Cayne della Bear Stearns e Stanley O’ Neil della Merrill Lynch- la ferma presa del potere di Blankfein sulla propria azienda è diventata al contrario più salda», recita la motivazione.
Nello stesso tempo in cui la politica ha foraggiato di miliardi le casse delle banche in crisi sventolando i limiti alle paghe, ai bonus, agli incentivi come condizione, il leader della Goldman Sachs ha fatto il pieno di tutto. Di utili (veri): 3,4 miliardi di dollari, fin dal primo trimestre, sfruttando la concorrenza decimata dalla scomparsa della Bear Stearns e della Lehman. Di virtù (interessata): da buon debitore è stato il primo a restituire al governo i 10 miliardi avuti nell’ambito del piano di salvataggio; e con gli interessi, per un totale di 1,418 miliardi che significano un ritorno del 23% per le casse pubbliche. Ovviamente, ha avuto fretta di farlo per tornare ad avere le mani libere nella gestione, e nella politica retributiva legata ai profitti. Di modestia (falsa): ha invitato il suo staff al basso profilo, a non ostentare macchinoni o atteggiamenti da anni ruggenti quando torneranno, nei prossimi mesi, a godere di premi miliardari per i profitti realizzati.
Peccato che, pochi giorni dopo il memo interno di Blankfein che invitava a non farsi notare, sua moglie Laura abbia fatto la partaccia di protestare agli Hamptons, la Portofino di Manhattan, perché era stata invitata a rispettare la fila per entrare a un evento di raccolta fondi per la lotta ai tumori: filantropa, ma vip incontinente.

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