Francesco Borgonovo, Libero, 2/9/2009, 2 settembre 2009
TANTI SALUTI SINISTRA L’EGEMONIA CULTURALE IN MANO A SIGNORINI
Il Corriere della Sera, nelle scorse settimane (come documentato su Libero da Giuseppe Bedeschi) ha pubblicato una serie di articoli dedicati alla figura di Antonio Gramsci, quasi per richiamare la sinistra addormentata dal Partito democratico all’insegnamento degli antichi maestri. Troppo tardi. La battaglia sull’egemonia culturale, ormai, è irrimediabilmente persa. L’ora del decesso la stabilisce la prestigiosa rivista ”Il Mulino”, fondata a Bologna dal grande liberale Nicola Matteucci e divenuta, dopo l’avvento di Romano Prodi (e col dispiacere del fondatore), organo dei moderati e riformisti sopravvissuti alle varie incarnazioni postcomuniste. Insomma, una sorta di laboratorio intellettuale del Pd e derivati, di cui è stato direttore Edmondo Berselli e, attualmente, il politologo Piero Ignazi.
Spettri di Marx
Sul numero appena arrivato in libreria, Il Mulino presenta un ampio (e ben scritto) articolo firmato da Massimiliano Panarari - saggista e penna delle pagine culturali di Repubblica, come se ci fosse bisogno di specificarlo - interamente dedicato all’egemonia culturale. Spiega il Panarari: «Di una cosa si può essere certi, e cioè che essa oggi non c’è più, volatilizzata un po’ come gli spettri di Marx». Già, e dove sarà mai volata? A destra. Per la precisione, nelle mani di Alfonso Signorini, direttore di ”Chi” e ”Sorrisi e Canzoni”.
Il pezzo del Mulino dai nobili echi hegeliani, infatti, si intitola ”Fenomenologia di Alfonso Signorini” e ovviamente non è un panegirico del giornalista. Piuttosto si tratta di un inno alla disperazione sfornato da chi si trova in una situazione irreversibile. Un inno al quale va riconosciuto un certo realismo: «Mentre il Pd si barcamena nella ricerca di leader e idee, a destra la questione sembra essere ben presente da tantissimo tempo». In soldoni: a sinistra si rompono il cranio a discettare di congressi, rinnovamento della classe dirigente e Debore Serracchiani assortite. Il centrodestra, invece, sa benissimo che cosa interessa alla gente. Sa parlare al cuore dell’elettorato. Il quale se ne frega altamente delle magagne interne di Franceschini e compagni: di guai gli bastano i propri.
Come ha fatto la sinistra a perdere l’egemonia culturale? L’analisi di Panarari (forse involontariamente) è spietata . Il terreno è cominciato a franare sotto i piedi dei compagni quando non hanno saputo prendere le misure al fenomeno nascente della televisione. Loro si affidavano alla Rai dei professori e di Ettore Bernabei. Silvio Berlusconi inventava le reti private, che hanno plasmato l’immaginario di intere generazioni. A partire dagli anni Ottanta («i meno felici della nostra vita») il declino è stato inarrestabile.
Ma veniamo a Signorini. Secondo il Mulino, egli sarebbe il diabolico «ministro della Propaganda» del Cavaliere, il suo «proconsole nei territori - da lui perfettamente amministrati (...) dell’immaginario popolare, uno dei (talentuosi) produttori della nuova ideologia (di massa) dominante». Insomma, nell’elegante persona del direttore di ”Chi” si nasconderebbe una reincarnazione di Goebbels al servizio di Silvio nostro. Un perfido genio del male che eserciterebbe il suo potere «mediante la direzione di settimanali popolari ad altissima tiratura e intrattenendo e ”indottrinando” la vastissima platea del pubblico televisivo da opinionista di trasmissioni come il Grande fratello, che frequenta da ”padrone di casa”».
Nessuna idea
Da questo articolo, tuttavia, emerge un dato fondamentale. Cioè che a sinistra hanno capito - con decenni di ritardo - di aver irrimediabilmente perduto il contatto con ”il popolo”, con le persone. Ma non si sono ancora resi conto del perché. Continuano a guardare con sufficienza alla televisione, ai ”settimanali popolari” E, soprattutto, persistono nell’antica convinzione gramsciana che il suddetto popolo vada educato. In realtà, le persone non hanno nessun bisogno di essere istruite e irreggimentate, sanno scegliere quello che fa meglio per loro e, fortunatamente, abitano in un Paese dove possono farlo.
Invece al Mulino continuano a parlare di «orientamento dei ceti colti e di direzione politica delle masse», compito un tempo svolto «da riviste quali L’Ordine Nuovo, il Politecnico o Rinascita», ormai annichilite da Sorrisi e Canzoni.
Se la prendono con Signorini, il quale sarebbe il «Richelieu», il «Mazarino» o addirittura il «Rasputin» di Berlusconi. Invece la colpa è tutta loro. Come spiega Roberto D’Agostino, che ieri su Dagospia ha ripreso con grande evidenza l’articolo della rivista bolognese. «Fa notare come la sinistra si sia allontanata dalla gente, dal popolo», spiega. «L’egemonia culturale è divenuta un’egemonia da salotto che riguarda un gruppo limitato di persone con la laurea. Oggi, invece, ”il popolo” è raggiunto da un giornale come Chi, non dall’Unità».
L’aspetto più interessante dell’articolo è il fatto che sottolinei la diffidenza tecnologica che la sinistra si porta appresso dagli anni Settanta, quando si opponeva alla tivù a colori, alle reti private, perché la linea la dava il partito. Oggi invece, finite le ideologie, la politica è il privato. E Signorini, che è colto, sa interpretare benissimo questa situazione».
Dal canto suo, il novello Rasputin alla guida di Chi sorride: «La cosa mi ha colpito, mi sorprende. L’analisi del Mulino è genuina», dice Signorini, «dicono che la sinistra non conquista più le masse, mentre il centrodestra lo fa. E se io posso dare un contributo non può che farmi piacere. Mi sembra un po’ eccessivo che mi descrivano come Rasputin, non ho i mezzi per esserlo. In ogni caso, l’analisi è ben condotta e l’estensore del pezzo è bravo: porta una grande verità. Denuncia la crisi della sinistra, ormai incapace di conquistare il popolo».
Guardate Belén
Secondo Signorini, tuttavia, il fatto che ”la gente” non sia più interessata agli argomenti della sinistra non è una conseguenza della «assenza di ideologi, dei quali io rappresenterei la parte avversa. Il fatto è che manca una leadership a sinistra. L’ideologia nasce solo quando c’è un leader che opera. E poi ormai il popolo è molto scafato, non è più quello bolscevico di cinquant’anni fa. Nonostante la reprimenda del Mulino, io respiro una grande aria di libertà, e mi diverto».
Si divertono meno nel Pd. Massimiliano Panarari, per spiegare il fenomeno Signorini, scomoda Deleuze, Jacques Attali, la fiction, il postmodern, il ”dionisismo” di Maffesoli.
Forse, se leggesse qualche servizio su Belén Rodríguez ci capirebbe qualcosa di più.