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 2009  settembre 02 Mercoledì calendario

«Gli industriali e la Cgil leggano bene la legge. Non è cogestione» - Senatore, c’è un po’ di confusione sul ddl Castro-Treu-Ichino; non crede che vada detto una volta per tutte che la legge non riguarda solo la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa? Il disegno di legge delinea nove forme diverse di partecipazione dei lavoratori nell’impresa: la partecipazione agli utili è soltanto una di queste nove; e oltretutto non la più innovativa, visto che era già prevista e disciplinata nel codice civile, emanato nel 1942

«Gli industriali e la Cgil leggano bene la legge. Non è cogestione» - Senatore, c’è un po’ di confusione sul ddl Castro-Treu-Ichino; non crede che vada detto una volta per tutte che la legge non riguarda solo la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa? Il disegno di legge delinea nove forme diverse di partecipazione dei lavoratori nell’impresa: la partecipazione agli utili è soltanto una di queste nove; e oltretutto non la più innovativa, visto che era già prevista e disciplinata nel codice civile, emanato nel 1942. Da un lato il trionfalismo di Tremonti e Sacconi, dall’altro la tesi di Epifani e Camusso, secondo cui una legge sulla partecipazione oggi sarebbe del tutto irrilevante. Chi ha ragione? Mi sembrano esagerate entrambe queste posizioni. La legge, se verrà emanata in tempi brevi, non farà certo miracoli; ma, in qualche misura, può giovare al rilancio della nostra economia anche il radicarsi della cultura della scommessa comune dei lavoratori e dell’imprenditore sul piano industriale, sull’innovazione, sullo sviluppo futuro di una zona. E la scommessa comune implica controllo sull’attuazione del piano, sui risultati, sulla spartizione dei frutti. Questa è la "partecipazione" di cui stiamo parlando. Il senatore Castro ha detto che questo ddl potrebbe essere approvato entro l’anno, evitando le consuete lungaggini parlamentari. Ma Bombassei oggi sul Sole 24 Ore frena. Perché gli industriali sono scettici su questa proposta? Perché non l’hanno letta. Effettivamente non è facile trovare il testo unificato che ho presentato alla Commissione Lavoro del Senato nell’aprile scorso (lo si può leggere sul mio sito: www.pietroichino.it). Alcuni esponenti di Confindustria si sono inalberati, perché hanno sentito qualcuno agitare lo spettro della cogestione. Ma fra le nove forme di partecipazione indicate nel progetto, la cogestione non c’è affatto. E comunque è sempre prevista la necessità di un accordo aziendale per attivarle: senza accordo, non si attiva nulla. E i sindacati come hanno accettato il ddl? Bene Cisl, Uil e Ugl. La Cgil ha delle riserve, che però mi sembrano superabili. Su quali punti in particolare? Sull’ultimo articolo, il quinto, dove si prevede la possibilità che la "scommessa comune" sul piano industriale comporti una deroga al contratto nazionale, per esempio legando una parte della retribuzione a determinati obiettivi, oppure uno scostamento rispetto al modello di organizzazione del lavoro. Ma su questo punto va detto che il nostro ordinamento attuale già consente, senza alcuna limitazione, la pattuizione di deroghe al livello aziendale. Se la deroga è già consentita, perché non se ne vede in giro? E perché, allora, su questo punto la Cgil avrebbe rotto con Cisl, Uil e Ugl nella firma dell’accordo del gennaio scorso sulla riforma della struttura della contrattazione? Se oggi non si contratta in deroga è soltanto perché i sindacati maggiori se lo auto-inibiscono. Le auto inibizioni possono avere tassi di effettività più alti rispetto alle norme statuali. Sta di fatto, comunque, che il disegno di legge non interviene ad allargare le maglie, su questo terreno, ma a disciplinare la materia, imponendo una regola elementare di democrazia sindacale che sta molto a cuore proprio alla Cgil: quella per cui il contratto, in questo caso, deve essere stipulato da una coalizione sindacale che rappresenti davvero la maggioranza dei lavoratori interessati. In questo momento di crisi economica grave, è opportuno presentare un progetto che mette in discussione i ruoli rispettivi di lavoratori e imprenditori? A me sembra che, in qualche misura, al rilancio della nostra economia possa giovare anche il diffondersi e il radicarsi della cultura della scommessa comune tra lavoratori e imprenditore. Tra l’altro, proprio questo è un passaggio-chiave, e tra i più importanti, per aumentare la nostra capacità di attrarre buoni investimenti stranieri nel nostro Paese.